2025-10-10
Macron, premier e bilancio in un weekend
Stasera l’Eliseo annuncerà il nuovo primo ministro: tra i papabili il centrista Borloo, ma si vocifera anche di un Lecornu bis. I tempi stringono: entro lunedì va approvato il budget per il 2026. Però la composizione della maggioranza resta un rompicapo.«Mancano solo tre premier al fine settimana», scriveva qualche giorno fa su X un account francese, ironizzando sulla durata del mandato usa e getta di Sébastien Lecornu. Mercoledì sera, davanti a 7 milioni di francesi, il primo ministro dimissionario ha confermato di voler togliere il disturbo, assicurando comunque che Emmanuel Macron avrebbe nominato il suo successore a strettissimo giro, quanto meno per approvare il bilancio entro la fine dell’anno. E quindi siamo di nuovo al punto di partenza: che carte pescherà stavolta Macron dal mazzo?Intanto c’è da dire che il nome di Lecornu non è ancora stato definitivamente depennato. Certo, dopo la giravolta delle dimissioni istantanee, un reincarico sarebbe un colpo di scena clamoroso, quasi tragicomico. Ma per il «monaco-soldato» del macronismo (la definizione è sua), gli ordini di Monsieur le Président non si discutono. Mercoledì, prima delle dichiarazioni del premier uscente in tv, si era diffusa la notizia che l’aria tirasse verso un premier socialista. Il quale, tuttavia, non è chiaro che maggioranza avrebbe, senza i voti dei repubblicani, ovviamente senza quelli dei lepenisti, ma anche senza il sostegno de La France insoumise, ferma sulla sua convinzione dello scioglimento delle Camere come unica soluzione possibile. Ieri il totonomi, ovvero quella pratica mediatica che serve più per bruciare che per accreditare veramente i papabili, ha oscillato fortemente attorno a Jean-Louis Borloo, ex ministro con Jacques Chirac e Nicolas Sarkozy. «È un’ipotesi, è il solo che non ha niente da perdere», confidava ai media una fonte vicina all’Eliseo, il che fa anche capire la difficoltà in cui sono immersi i piani alti transalpini, ridotti a passare al vaglio i disperati anziché le personalità più autorevoli. «Ignoro assolutamente tutto, non ho avuto alcun contatto con nessuno», ha tagliato corto Borloo. Sul quale c’era stata anche una certa apertura del leader dei Républicains, Bruno Retailleau: «È un nome dirompente, non è né macronista né di sinistra», ha commentato, ricordando le due condizioni che la destra moderata pone per dire sì al prossimo premier. Retailleau ha auspicato che vi sia una «depresidentalizzazione» del premier, rispedendo anche al mittente l’idea di un governo tecnico.Più dialogante appare Elisabeth Borne, macroniana, ministro dell’Istruzione uscente ed ex premier. Fu lei a varare la controversa riforma delle pensioni che generò forti proteste di piazza e che mercoledì è stata rimessa sul tavolo dalla sinistra, che ne chiede la sospensione per sostenere il prossimo governo. E la Borne pare d’accordo: «Bisogna trovare una strada e questo presuppone dei compromessi con la sinistra». Ma anche, bontà sua, con la «destra repubblicana». A tal fine ha suggerito di «esaminare le modalità e le conseguenze concrete di una sospensione della riforma» che porta il suo nome, anche se «chiaramente non sarebbe una abrogazione». Ma sul congelamento della riforma delle pensioni, la destra è decisamente critica. C’è inoltre un cortocircuito alla base: quella riforma era stata fatta per mettere mano all’emergenza finanziaria del Paese (o per lo meno così la si era giustificata). Oggi la si vuole rimettere in discussione per tenere in piedi un governo la cui missione principale è far quadrare i conti. Un bel rompicapo. Che è tutto nelle mani di Macron.Il presidente è muto da qualche giorno, a parte poche comunicazioni lapidarie. Ieri è ricomparso in pubblico per la cerimonia di tumulazione al pantheon di Robert Badinter, il defunto ministro che abolì la pena di morte in Francia. Ma l’inquilino dell’Eliseo non ha rilasciato dichiarazioni. Secondo la tabella di marcia di Le Parisien, Macron riprenderà la parola stasera, per annunciare il nome dell’ennesimo primo ministro. Il quale, con la sua squadra, avrà il compito di approvare il bilancio entro lunedì, data limite prevista dalla Costituzione, che richiede 40 giorni per la prima lettura all’Assemblea nazionale e 20 per il Senato, più otto giorni affinché il Consiglio costituzionale possa dare anche il proprio parere.Un vero tour de force, insomma. Ma ancora ieri il ministro dell’Economia uscente, Roland Lescure, assicurava ai suoi omologhi dell’Eurozona: «C’è una maggioranza di parlamentari che vuole la stabilità e che concorda su una cosa, che noi abbiamo bisogno di avere un budget per il 2026. E, cosa molto importante, un budget che rispetti gli impegni che abbiamo preso con i nostri amici europei, dunque questo è quello che succederà».Va detto: questa finta sicurezza, l’ansia da prestazione sottile di fronte agli occhi accusatori dei partner europei, suonano familiari e fanno quasi simpatia a noi italiani. Chissà che l’instabilità governativa non possa finalmente riunire ciò che la testata di Zidane e la competizione vinicola hanno per troppo tempo diviso.
Donald Trump (Getty Images)
(Ansa)
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