2023-05-18
Macché Trump, i veri amici di Putin sono le famiglie Clinton e Biden
Vladimir Putin e Hillary Clinton (Ansa)
Dal sì alla cessione di una società energetica a Rosatom alle munifiche donazioni: Bill e Hillary hanno avuto rapporti opachi con il Cremlino. E il figlio dell’attuale presidente Usa è nei guai per degli affari controversi.Nonostante il Russiagate si sia rivelato una clamorosa bufala, continuano a ripeterci che Donald Trump e i repubblicani sarebbero «amici di Vladimir Putin». Eppure, a ben vedere, chi negli Usa intrattiene storicamente opachi rapporti col Cremlino è il Partito democratico: a cominciare dalle famiglie Clinton e Biden. Ma andiamo con ordine.Il 6 marzo 2009, l’allora segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ebbe un incontro a Ginevra con il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov. Nell’occasione, i due si impegnarono a favore di un «reset» nelle relazioni tra Washington e Mosca, che si erano guastate soprattutto nell’ultima fase della presidenza di George W. Bush. D’altronde, un «reset» nei rapporti con la Russia era già stato invocato dall’allora vicepresidente statunitense, Joe Biden, nel febbraio 2009. L’8 aprile 2010 Barack Obama e l’allora presidente russo, Dmitry Medvedev, firmarono il trattato New Start per la riduzione degli arsenali nucleari, mentre ad aprile 2012 la Clinton definì la Russia «un alleato».È in questo contesto di distensione che si svolse la vicenda di Uranium One: società energetica canadese che deteneva il 20% della capacità produttiva statunitense di uranio. L’8 giugno 2010 fu raggiunto un accordo con cui l’azienda statale russa Rosatom acquisiva il controllo della società. Si trattava di un passaggio delicato, che doveva avere il via libera del Comitato per gli investimenti esteri degli Usa: un organo di cui fanno parte vari ministeri, tra cui il dipartimento di Stato che all’epoca era guidato dalla Clinton. Ebbene, nessuno ebbe nulla da obiettare e l’intesa venne approvata a ottobre 2010.Fu nel periodo dell’acquisizione che la fondazione della famiglia Clinton ricevette oltre due milioni di dollari dal presidente di Uranium One, Ian Telfer: donazioni che, nonostante un accordo di trasparenza con la Casa Bianca, non vennero rese note. Non solo. Il 29 giugno 2010, Bill Clinton tenne una conferenza a Mosca, ricevendo 500.000 dollari da Renaissance Capital, una banca di investimento legata al Cremlino. Va detto che non sono state trovate prove del fatto che tali versamenti siano avvenuti per ottenere il via libera alla cessione di Uranium One dalla Clinton (anche perché non stava solo a lei, eventualmente, decidere). Tuttavia la tempistica di questi pagamenti lascia un po’ perplessi. Così come lascia perplessi l’ok all’accordo con Rosatom: un accordo piuttosto rischioso, visto che nel 2008 la Russia aveva già aggredito la Georgia.Ma non finisce qui. Ricordate il dossier dell’ex spia britannica Christopher Steele? Si tratta del documento, finanziato dal comitato elettorale della Clinton, che accusava infondatamente Trump di collusione con Mosca e che fu usato dall’Fbi per giustificare la sua indagine sullo stesso Trump nel pieno della campagna elettorale del 2016. Ebbene, il procuratore speciale John Durham ha rilevato che una delle fonti del dossier era Charles Dolan: ex funzionario del Partito democratico e consigliere della Clinton durante la campagna presidenziale del 2008.Costui intratteneva rapporti con la Russia e, soprattutto, con il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Lo stesso Igor Danchenko, un’altra delle fonti del controverso documento, era stato sotto indagine dell’Fbi tra il 2009 e il 2011 per sospetta appartenenza ai servizi di Mosca. Durham non sembra del resto escludere che il dossier di Steele possa aver incluso della disinformazione russa. Una circostanza che, in caso, ribalterebbe la narrazione consueta secondo cui, nel 2016, Putin avrebbe tramato per favorire l’elezione di Trump. Come che sia, la politica obamiana del reset attraversò delle turbolenze e naufragò ufficialmente dopo l’annessione russa della Crimea nel 2014. Tuttavia l’allora presidenza dem non smise di tenere un atteggiamento soft verso il Cremlino. Al di là di una risposta giudicata fiacca alla stessa crisi della Crimea, l’amministrazione Obama siglò nel 2015 l’accordo sul nucleare con l’Iran, che era stato fortemente voluto dalla Russia (d’altronde Teheran risultava, allora come oggi, uno dei principali alleati mediorientali di Mosca).Inoltre, è soprattutto al periodo del secondo mandato di Obama che risalgono i controversi affari russi del figlio di Biden, Hunter. Stando a Fox News, nel 2014 una sua società ricevette un bonifico di 142.000 dollari dal magnate kazako Kenes Rakishev, che - secondo la testata Le Media - intratteneva rapporti con il leader ceceno, Ramzan Kadyrov. Sempre nel 2014, Hunter avrebbe ricevuto 3,5 milioni di dollari dalla moglie dell’ex sindaco di Mosca, la miliardaria Elena Baturina. L’accusa, contenuta in un rapporto dei senatori repubblicani del 2020, fu usata da Trump nel dibattito presidenziale con Joe Biden il 22 ottobre 2020. Biden respinse l’addebito e, tre giorni dopo, a difenderlo fu Putin in persona, che negò di essere a conoscenza di attività criminali di Hunter in Russia e Ucraina. Infine, il figlio dell’attuale presidente americano guadagnò 4,8 milioni tra il 2017 e il 2018 grazie all’allora colosso cinese Cefc, che vantava legami sia con l’esercito popolare di liberazione sia col Cremlino.Del resto, non è che, da presidente, Biden sia sempre stato duro con Putin. Ad aprile 2021 avviò il processo per ripristinare il controverso accordo sul nucleare iraniano, mentre nel maggio successivo revocò le sanzioni al Nord Stream 2. Era luglio 2021 quando diede il suo ok a quel gasdotto, suscitando la reazione piccata di Kiev e Varsavia. Tra l’altro, nonostante Teheran stia rifornendo la Russia di droni militari contro Kiev, l’attuale Casa Bianca non ha ancora chiuso definitivamente alla possibilità di rilanciare l’intesa sul nucleare iraniano. Senza trascurare che l’anno scorso Biden ha anche allentato le sanzioni al Venezuela: Paese in cui vige un regime che può contare su stretti legami con Mosca.Insomma, più che con Trump, sembra proprio che il Cremlino vada d’accordo con l’establishment del Partito democratico americano.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)