2020-11-30
Girolamo Sirchia: «L’unico obbligo sui vaccini deve essere la trasparenza»
L’ex ministro: «I cittadini vanno informati, non insultati dalla curva. Esiste un fondo risarcimenti perché anche le immunizzazioni hanno rischi. Ma sono vicini allo zero»Girolamo Sirchia, medico, già ministro della Salute dal 2001 al 2005, ha più di un motivo per denunciare una lunga catena di errori che hanno lasciato il nostro Paese impreparato davanti all’arrivo di una pandemia. Ne ha parlato con La Verità.Tra il 2003 e il 2004 lei assunse un’iniziativa di particolare rilievo per evitare di trovarci disarmati davanti a un’eventuale futura emergenza«Costituii presso la direzione generale della prevenzione al ministero della Salute un Centro per il controllo delle malattie analogo al modello dei Cdc degli Stati Uniti (Centers for disease control and prevention)».Che succede negli Stati Uniti, qual è il compito di questa agenzia? «Si tratta di strutture deputate a operare all’interno di reti internazionali collaborative proprio per vigilare sulle epidemie che possono prodursi nel mondo. Le attività sono quelle di risk assessment, risk management e risk communication, cioè di valutazione, gestione e comunicazione del rischio. In altre parole si realizzano piani dettagliati. L’agenzia federale Usa funziona così: lo stesso Fauci viene da questo tipo di strutture».Quindi in Italia, su suo impulso, la cosa era stata avviata. E poi? «Costituita e avviata con il decreto legge 81 del 2003, poi convertito in legge. L’articolazione era a due livelli, ministeriale e di Cdc regionali. Decidemmo un finanziamento da rinnovare a scadenze triennali. Tutto ciò è stato operativo fino al 2012».Cioè arriva il governo tecnico di Mario Monti e scatta la logica dei tagli…«Diciamo che arriva una stretta economica sulla sanità e in generale sul settore pubblico, anche sulla scuola e sui ministeri. Presumo che questa sia stata la logica che ha portato a tagliare quel finanziamento».Del resto anche in Europa si è smantellato o non si è fatto funzionare quel poco che c’era…«Era stato costituito un Cdc europeo, ma non era mai stato granché operativo. C’erano stati pochi incontri. Le conseguenze le abbiamo viste con questa pandemia: l’Europa si è trovata in mezzo alla bufera ed è andata del tutto a rimorchio dell’Organizzazione mondiale della sanità, anch’essa gravata dai problemi che conosciamo».Curiosa deriva. In nome dell’Unione europea, qui in Italia hanno tagliato sia gli ospedali sia agenzie come questa, e ora in nome della stessa Unione ci dicono che dobbiamo prendere prestiti europei per rimettere in piedi ciò che loro stessi hanno smantellato.«È stata una politica di austerity europea, poi importata qui da noi, che è stata dannosissima in molti ambiti. Con risorse ridotte e indirizzate verso altre priorità. Pensi ai ministeri, alla loro attuale debolezza. Quando ero ministro, avevo dirigenti fantastici. Oggi non ho l’impressione di una macchina come quella, né mi pare che ci sia chi tenga in mano la situazione. Si traccheggia…». Fiducioso sui vaccini annunciati?«Apprezzo moltissimo lo sforzo fatto in tutto il mondo dalle industrie farmaceutiche per creare vaccini dal nulla in pochissimo tempo, meno di un anno. Questo però - spieghiamolo bene - non significa che domattina saremo tutti vaccinati. Un conto è avere presto i vaccini a disposizione per qualche categoria, altro conto è la vaccinazione di massa».Se è stata così complicata la vaccinazione ordinaria contro l’influenza, c’è da immaginare che la macchina organizzativa per far vaccinare almeno 30 milioni di italiani contro il Covid durerà il tempo di una gravidanza… Il viceministro Pierpaolo Sileri ha ammesso che il processo potrebbe durare fino a dopo l’estate. Sarebbe un problema enorme, diciamolo.«Penso che se andrà bene saremo tutti vaccinati entro l’estate o l’autunno prossimi, quindi tempi non brevi. Peraltro occorre anche una produzione di quantità adeguate di vaccino. E nel corso della cosiddetta “fase 4”, cioè quella del largo uso nella popolazione, potranno esserci variazioni e miglioramenti in itinere».Ma perché secondo lei se uno fa domande banali sui vaccini (senza essere un no vax) viene criticato a prescindere? La scienza non è mica un dogma.«Ah, non so… Ormai si sono innescate le tifoserie su tutto, con soggetti che parlano e, me lo lasci dire, a volte risultano anche un po’ ridicoli».Maurizio Belpietro ha posto il tema di un rischio di doppia vaccinazione, se la prima non funzionasse, chiedendo spiegazioni al riguardo. Pensa che debba esservi trasparenza totale verso i cittadini su ciò che può accadere? «La trasparenza dovrebbe essere un obbligo. Le dirò di più: una vera trasparenza è l’unica difesa contro le lobby contrarie o il rischio di un eccesso di contenzioso. Quindi, se c’è un’eventualità o un rischio di doppia vaccinazione, lo si dica». Con i contratti siglati a livello Ue, non c’è il rischio che i giganti farmaceutici (come è legittimo, ma dal loro punto di vista) premano per avere un’immunità legale europea piuttosto estesa in caso di effetti collaterali? «Non so, non credo, può darsi però che ci stiano pensando. Ma anche qui la strada maestra è la trasparenza e la corretta informazione ai cittadini: qualunque vaccinazione può determinare delle reazioni, magari con percentuali ridottissime. E per questo, in Italia come in ogni Paese, c’è un fondo per i risarcimenti dei danni da vaccinazione. C’è perché purtroppo si tratta di eventi che possono accadere: probabilità limitatissima, certo, ma proprio per questo serve trasparenza. Occorre dire: queste sono le caratteristiche, questi sono gli eventi che possono accadere con una percentuale - che so, dico per dire - dello 0,001%. Su questa base, ciascuno decida se vuole vaccinarsi».Quindi anche lei pensa che la strada maestra in questo campo, oltre che la via migliore per convincere un numero amplissimo di persone, sia la persuasione e l’informazione corretta e completa, non l’obbligatorietà a prescindere.«Certo. Se invece hai dei medici che vanno in tv e, anziché spiegare le cose in modo razionale, o prendono una posizione contraria a prescindere, oppure passano all’estremo opposto dell’obbligo generalizzato, l’unico risultato sarà quello di creare due tifoserie che non ragionano. Gli spettatori si divideranno in due curve che fanno il tifo. Invece occorrerebbe descrivere i benefici e le caratteristiche del vaccino, spiegare che in misura ridottissima possono esserci eventi avversi, e far sapere che esiste un fondo per il risarcimento».Quando usciremo dalla logica commissariale? Il dominio del Comitato tecnico scientifico, i commissari da inviare in questa o quella regione… Ma non si potrebbe tornare a una seria assunzione di responsabilità politica, con gli assessori che fanno gli assessori e i ministri che non si nascondono più dietro gli esperti? «Sarebbe auspicabile. Ma prima occorre correggere alcuni difetti dell’attuale Servizio sanitario nazionale, che la pandemia ha evidenziato. Da un lato questo contenzioso tra Stato e Regioni, questo decentramento con una divisione di poteri che non si capisce più bene. Per anni c’è stato un arretramento a mio parere eccessivo del governo centrale: le Regioni non dovrebbero essere - per così dire - degli “Stati indipendenti”».E poi immagino ci sia il tema della medicina territoriale.«Il territorio non è stato coltivato. Se non hai presìdi territoriali di assistenza continua, e con il medico di famiglia che ha tre ore di studio al giorno, è fatale che chi ha un problema vada al pronto soccorso, con il rischio di una pressione eccessiva su ospedali che a quel punto non reggono più. Questo è il principale svarione: aver creato un meccanismo che pesa troppo sulla rete ospedaliera».Le sono piaciute le esibizioni in tv dei «virologi star» lungo tutto quest’anno?«No, affatto. Mi meraviglio anzi che si siano prestati a questo spettacolo indecoroso che purtroppo trova il suo movente primario nella spettacolarizzazione televisiva, nella volontà di aizzare polemiche. Una rissa continua, in cui non si spiegano i problemi, la gente rischia di non capire, ci si schiera e basta».È stata una buona idea terrorizzare i cittadini? Il panico non è mai un buon amico delle scelte razionali, mi pare…«Il coronavirus è un’infezione molto contagiosa che fa paura, e questo è vero e motivato: si muore male e con grandi sofferenze. Quindi la paura era ed è motivata. Ma tra una logica paura e il terrore, la mente umana dovrebbe saper trovare un equilibrio. E la prima cosa era suggerire i comportamenti più prudenti, dalla distanza alla mascherina. E però erano proprio alcuni dei signori di cui abbiamo parlato, in una prima fase, a dire che la mascherina non serviva… Poi abbiamo capito che dicevano così perché non c’erano mascherine a sufficienza, e uno quasi non sa più se fosse colpa o dolo».Con che messaggio vuole concludere?«Con quello da cui siamo partiti. Mi auguro, anche se non sono ottimista, che questa esperienza insegni ai governi che non si possono colpire i motori economici dello sviluppo, quali sono la scuola e la sanità. Basta strette assurde su questi mondi: si tratta di investimenti per il futuro».
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello (Imagoeconomica)
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello: «Dopo il 2022 il settore si è rilanciato con più iscritti e rendimenti elevati, ma pesano precariato, scarsa educazione finanziaria e milioni di posizioni ferme o con montanti troppo bassi».