2020-11-08
L’unica zona verde sono i nostri porti. I migranti arrivano, noi siamo reclusi
In Sicilia, dichiarata «arancione» dal governo, gli italiani devono subire tutte le limitazioni del lockdown. Nel frattempo, sulle coste della regione, sbarcano stranieri per cui i protocolli non sembrano valere.Visoni contagiati anche in Italia. La diffusione del virus tra gli animali potrebbe fare da cassa di risonanza per l'epidemia. Ma le associazioni della pellicceria protestano: «Da noi solo due casi, siamo controllati».Lo speciale contiene due articoli.«Non ci sono regioni in aree verdi, la pandemia corre ovunque e non ci sono regioni che possono sottrarsi a queste nuove misure di regioni restrittive». Così ha dichiarato dal pulpito Giuseppe Conte, aggiungendo, come nota d'ottimismo, che «ci aspettano mesi lunghi e difficili». A quanto risulta, però, di zone verdi ce ne sono eccome: per la precisione lungo le coste del Sud Italia, della Sicilia in particolare. Luoghi in cui si può circolare liberamente, ci si può assembrare, si possono valicare i confini senza che a nessuno salti in mente di indignarsi. Dunque i prossimi mesi potranno anche essere «lunghi e duri» per gli italiani più o meno rinchiusi, ma i migranti potranno continuare a sbarcare in serenità, come fanno già da settimane. Tra la notte di venerdì e la mattina di sabato sono approdati a Lampedusa in 248. Un gommone con 80 persone è arrivato - diretto e tranquillo - al molo commerciale. Seguito qualche tempo dopo da altri barchini, carichi per lo più di persone provenienti dalla Tunisia. Come avviene ormai da mesi, l'hotspot dell'isola è tornato a riempirsi: a ieri conteneva 1.361 persone, ben di più di quello che potrebbe ospitare. Dall'inizio dell'anno, sulle nostre coste sono sbarcati 29.952 stranieri contro i 9.944 del 2019: un bel record. Gli arrivi sono così tanti che hanno addirittura superato quelli del 2018, periodo in cui ancora si risentiva della precedente, mastodontica, ondata migratoria. Nello stesso periodo di due anni fa, infatti, gli immigrati accolti erano 22.167. Tuttavia che l'invasione - magari più lenta, ma comunque efficace - sia di nuovo in corso ormai è cosa nota. La vera grande novità sta nella beffa. Un paio di giorni fa, infatti, la Sicilia è diventata zona arancione. Una decisione presa dall'alto e non è accolta benissimo dal governatore siciliano, Nello Musumeci, che fino all'ultimo si è opposto: «Spero in una svista, in un errore di valutazione del Comitato tecnico scientifico. Sembra di essere su Scherzi a parte», ha dichiarato quando gli hanno comunicato la notizia. E ha aggiunto, irritato: «Anche un bambino, se mette a confronto i dati della Sicilia con quelli di altre 6-7 regioni si rende conto che si tratta di una grave sbavatura. Non protesto, la mia è amarezza. Questa decisione affrettata e superficiale incoraggia chi vuole andare in piazza». Ora, ci è stato più volte ribadito che «nelle aree arancioni è vietato qualsiasi spostamento in entrata e in uscita dal Comune e dalla Regione di residenza». Ebbene, come mai questa regola non vale per i barconi in ingresso? La domanda è talmente banale da risultare stupida, eppure il governo non è ancora stato in grado di fornire una risposta. In compenso, ci ha offerto e continua a offrirci uno spettacolo poco decoroso. Come noto, con grande soddisfazione di Luciana Lamorgese, sono stati smantellati i decreti sicurezza salviniani. I quali, fino a prova contraria - assieme agli accordi con i libici siglati da Marco Minniti - hanno prodotto una drastica riduzione degli sbarchi. In compenso, il ministro dell'Interno si è dato un gran daffare per elargire denari alla Tunisia, che però - lo dimostrano i numeri - non ha fermato il flusso di clandestini diretto verso le nostre spiagge. Dall'Europa non arrivano aiuti né economici né pratici, e il risultato è che ci troviamo a farci carico di chiunque entri. La sensazione che sull'immigrazione l'esecutivo ci prenda in giro è alimentata poi da uscite come quelle di Luigi Di Maio, che un paio di giorni fa ha dichiarato: «Fermiamo gli sbarchi, è un problema di sicurezza nazionale». E ha aggiunto che «vanno fatti più rimpatri e a spese di Bruxelles». Solo che Di Maio non è un passante, bensì il ministro degli Esteri, e invece di rilasciare interviste che non portano a niente dovrebbe farsi valere con i suoi pari. Secondo alcune indiscrezioni avrebbe persino messo a punto un piano per una sorta di blocco navale, concordato con la Lamorgese. Ma pare che Conte non abbia gradito. Dunque ci troviamo al solito punto: gli stranieri arrivano, noi dobbiamo farli entrare e mantenerli a spese dei cittadini, i quali al contempo devono fare i conti con le limitazioni imposte dalle cinquanta sfumature di lockdown. Sappiamo che l'immigrazione di massa è un pericolo per la sicurezza, dato che proprio a Lampedusa è sbarcato il terrorista di Nizza, Brahim Aouissaoui. Sappiamo - perché lo ha ribadito perfino la Ong Actionaid - che i centri di accoglienza sovraffollati diventano «focolai di coronavirus». Sappiamo che tenere in piedi questo sistema di ingressi massivi costa soldi che non abbiamo. Il governo dovrebbe almeno spiegarci perché ci costringe a subire tutto questo. Se vuole dimostrare di essere «buono», non può farlo sulla nostra pelle. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lunica-zona-verde-sono-i-nostri-porti-i-migranti-arrivano-noi-siamo-reclusi-2648662416.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="anche-in-italia-i-visoni-contagiati" data-post-id="2648662416" data-published-at="1604802153" data-use-pagination="False"> Anche in Italia i visoni contagiati C'è anche l'Italia tra i Paesi che ospitano allevamenti di visoni infettati dal coronavirus. Il primo Paese ad aver annunciato casi di persone contagiate da un variante del virus Sars-Cov-2 è stata la Danimarca ma, a fare il punto della situazione, è stata l'Organizzazione mondiale della sanità secondo cui, «ad oggi, sei Paesi, cioè Danimarca, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Italia e Stati Uniti, hanno segnalato Sars-CoV-2 nei visoni d'allevamento all'Organizzazione mondiale per la salute animale». L'unica soluzione, purtroppo, in questo periodo di pandemia, è la più drastica e la Danimarca la già mettendo in piedi. Tutti i visoni da allevamento andranno abbattuti. Solo nello Stato del Nord Europa si tratta di 17 milioni di animali. «Le evidenze disponibili», spiega l'Oms, «suggeriscono che il virus viene trasmesso prevalentemente tra le persone attraverso goccioline respiratorie e contatto stretto» con contagiati, «ma ci sono anche esempi di trasmissione tra esseri umani e animali. Diversi animali che sono stati in contatto con esseri umani infetti, come visoni, cani, gatti domestici, leoni e tigri, sono risultati positivi al test per Sars-CoV-2». In particolare, «i visoni sono stati infettati in seguito all'esposizione ad esseri umani infetti». Secondo quanto spiega l'Oms, la diffusione del Covid-19 tra i visoni potrebbe fare da «cassa di risonanza» per la propagazione del virus che potrebbe diffondersi prima tra gli animali e poi infettare, di nuovo, una grande quantità di essere umani. I visoni, spiega l'Oms «possono agire come un serbatoio di Sars-CoV-2, trasmettendo il virus» e rappresentando «un rischio di propagazione dal visone all'uomo. Le persone possono poi trasmettere questo virus all'interno della popolazione umana. Può inoltre verificarsi un ritorno, una trasmissione da uomo a visone. Rimane motivo di preoccupazione quando un virus animale si diffonde nella popolazione umana o quando una popolazione animale potrebbe contribuire ad amplificare e diffondere un virus che colpisce l'uomo. Quando infatti i virus si spostano tra le popolazioni umane e animali, possono verificarsi modificazioni genetiche nel patogeno». Come spesso accade quando si tratta di coronavirus, il problema non è solo sanitario. Nel caso in cui anche l'Italia decidesse di abbattere tutti i visoni di allevamento presenti sul nostro territorio, per i pellicciai sarebbe un danno economico importante. L'Associazione italiana pellicceria sul tema ha diffuso un comunicato spiegando che in Italia sono stati trovati solo due casi e con carica virale bassa. Il messaggio è chiaro: gli animali degli allevamenti non vanno abbattuti. «Le Asl monitorano costantemente gli allevamenti», si legge nella nota dell'Aip, «nel nostro Paese ci sono state solo due analisi che hanno rilevato carica virale Covid bassa. La prima è stata fatta su un visone trovato deceduto, la seconda sulle feci a terra, sotto una gabbia vicina. L'allevamento in cui sono stati fatti questi due rilevamenti è stato monitorato da agosto a oggi: sui visoni sono stati eseguiti parecchie centinaia di tamponi in tempi successivi e sono sempre e tutti risultati negativi». «Siamo e vogliamo essere in prima linea su tutti gli aspetti legati alla sicurezza, alle buone pratiche e alla tutela. In Italia gli allevamenti sono sicuri e molto distanziati tra loro (a differenza di quelli in Danimarca, che sono tutti nella stessa area)», conclude l'associazione che racchiude i pellicciai d'Italia.
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