2024-12-27
L’ultimo delirio dell’Europa green: scoppia la guerra sui peti di mucca
Sotto accusa un integratore che riduce le emissioni delle vacche. Secondo uno studio diffuso in Danimarca, ha effetti cancerogeni.Il Green deal si salva per un peto. Non sapendo più a quale cambiamento votarsi l’Ue le studia di tutte per non abiurare alla sua cieca ideologia verde e così torna di moda la lotta alle flatulenze delle vacche. Il fatto è che tra una tassa e l’altra, un anatema contro la zootecnia e l’avanzare del carne coltivata, ma più ancora del falso latte ottenuto da funghi fermentati che rende molto di più ed è facile da fare e far digerire all’ignaro consumatore, chi tira avanti le stalle si dà da fare per eliminare il problema delle emissioni di metano da fermentazione enterica. Perché sulla CO2 delle stalle i torquemada del verde hanno poco da mordere: gli animali al pari degli esseri umani respirano. Se passa il principio che per salvare il pianeta – che non ha chiesto di essere salvato – bisogna smettere di respirare sono guai anche per gli otto miliardi di umani! Così sono cominciati gli studi per trovare sostanze che aggiunte alla dieta dei ruminanti – i maiali e i polli non hanno questo difetto – limitino la fermentazione. Una soluzione efficace l’hanno trovata alla DSM, una multinazionale svizzero-olandese attiva nel settore della salute e dell’alimentazione animale. Si chiama Boaver ed è un integratore per i foraggi delle bovine da latte. Appena il Boaver si dimostra efficace nel ridurre del 30% le emissioni di metano enterico (sarebbero i peti delle mucche) esce lo studio che dice: è potenzialmente cancerogeno. Lo studio lo fanno in Giappone, ma lo divulgano dalla Danimarca. La geopolitica anche per le vacche conta: la Danimarca è la prima al mondo a tassare i peti delle vacche (ci aveva provato la Nova Zelanda, ma le proteste hanno bloccato il provvedimento), ma è anche il Paese europeo che ospita lo stabilimento della israeliana Remlink per produrre latte e formaggi sintetici ottenuti dalla spremuta di funghi geneticamente modificati. In Israele stanno producendo anche latte è per i neonati dagli scarti delle mastectomie estetiche umane. In Danimarca le stalle pagano 300 corone all’anno per tonnellata di metano emessa, circa 40 euro a capo che arriveranno a 100 nel 2030. E intanto a Copenaghen staccano cospicui finanziamenti – ma tutto il green assorbe quantità industriali di quattrini dei contribuenti - alla Remlink per fare latte sintetico come se i bioreattori dove si fanno fermentare i batteri Frankenstein non emettessero nulla, non avessero bisogno di enormi quantità d’acqua e di energia. Ciò detto da lì rimbalza lo studio del FSCJ (Food Safety Commission of Japan) pubblicato nel giugno scorso secondo cui: «Sono stati osservati nelle cavie i seguenti risultati: diminuzione del peso relativo e assoluto di testicoli ed epididimo; diminuzione del numero di spermatozoi; diminuzione della motilità degli spermatozoi. Nessun potenziale genotossico è stato indicato per 3-NOP». Passerà nell’uomo? Chiediamo a chi se intende. Il professor Giuseppe Pulina, ordinario di Etica e Sostenibilità degli allevamenti all’Università di Sassari e presidente di carni sostenibili, è chiarissimo: «Questo additivo, non è un farmaco, è un potente antagonista dei batteri metanogeni: riduce fino al 30% le emissioni. Peraltro il metano se è in giuste quantità raffredda l’atmosfera, ma tutti vanno dietro alle legende metropolitane piuttosto che ai dati scientifici. I quali dati ci dicono che questo integratore somministrato in dosi omeopatiche, milligrammi al giorno, ha la principale molecola – il 3-nitrossipropanolo – di cui è composto così instabile che una volta assorbito dai batteri si esaurisce: non passa nei tessuti dell’animale. L’integratore di cui si parla è stato approvato anche dall’Efsa europea che è molto rigida. Si usa solo con le vacche da latte. In Italia si stanno studiando altre soluzioni attraverso le saponine e i tannini (dalla citronella alle vinacce ndr) per contrastare il metano enterico. La soluzione migliore però è aumentare la produttività di ogni capo per ridurre il numero degli animali. Gli studi allarmistici e i sospetti di greenwashing nascono dal fatto che chi interpreta l’ideologia verde teme le smentite dei fatti». E una smentita clamorosa – sempre per il Green deal – è venuta dalla rassegna statistica mondiale sull’energia del prestigiosissimo Energy Institute. Se ne ricava che «il consumo globale di energia primaria ha raggiunto un nuovo record per il secondo anno consecutivo, con i Paesi non-OCSE che dominano sia la quota che i tassi di crescita annuali. I combustibili fossili che continuano a sostenere il loro sviluppo rappresentando l’84% del loro mix energetico». Le rinnovabili coprono appena l’8% del fabbisogno energetico (se si somma l’idroelettrico si arriva al 14,6) ma assorbono il 70% dei fondi pubblici. La Cina che ci vende le auto elettriche ricava ancora il 48% della sua energia dal carbone, nel Medio Oriente e in Russia non ci sono energie rinnovabili e le economie emergenti del Sud est asiatico come dell’America del Sud ricavano oltre il 90% da carbone, petrolio e gas. C’è anche un altro dato che sovverte la narrazione del Green deal: l’agenzia energetica europea annuncia un livello record delle rinnovabili pari al 52% nella produzione elettrica totale, ma al contempo si scopre che il 71% dell'energia consumata in Ue proviene da combustibili fossili. C’è da chiedersi chi faccia davvero greenwashing se gli allevamenti che danno gli integratori alle vacche o la Commissione europea che continua a integrare con soldi pubblici la produzione di un’energia, quella da rinnovabili, insufficiente.
(Totaleu)
Lo ha detto il Presidente di Unipol Carlo Cimbri in occasione del convegno «Il contributo delle assicurazioni alla competitività europea», che si è svolto al Parlamento Ue.
(Arma dei Carabinieri)
L’arresto in flagranza differita di un 57enne di Acerra eseguito a Caivano è frutto del lavoro coordinato dei Carabinieri della Regione Forestale Campania e del Comando Provinciale partenopeo. Un’attività che muove i suoi passi dal decreto recentemente entrato in vigore in materia di illeciti ambientali e dagli schermi collegati ad una moderna «control room», una struttura che accentra segnalazioni, flussi informativi e richieste di intervento nelle province napoletana e casertana con un comune denominatore: la lotta all’inquinamento.
L’integrazione della nuova normativa a questo sistema di coordinamento consente di individuare e monitorare situazioni a rischio, consentendo una mobilitazione immediata delle pattuglie sul territorio.
Le immagini di un sistema di videosorveglianza dedicato hanno mostrato ai militari del NIPAAF (Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale) e della stazione di Caivano un soggetto intento ad incendiare 25 sacchi di scarti tessili. Quintali di rifiuti, la cui combustione ha generato una nube di fumo che ha avvolto anche alcune abitazioni vicine.
Secondo quanto documentato in poche ore, il 57enne avrebbe alimentato le fiamme e poi si sarebbe allontanato a bordo del suo suv. Le pattuglie intervenute, collegate con la «control room», hanno ricostruito il tragitto del veicolo e ne hanno identificato il proprietario. L’uomo è stato rintracciato qualche ora dopo la registrazione delle immagini e arrestato in flagranza differita nella sua abitazione. E’ ora ai domiciliari, in attesa di giudizio.
L’intera operazione costituisce un esempio concreto dell’efficacia della nuova normativa - che supera i limiti della tradizionale flagranza - e del lavoro sinergico e strutturato dell’Arma dei Carabinieri.
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