2020-11-11
L’ultima fiamma (vista Colle) di Veltroni: Biden
Walter Veltroni (Stefania D'Alessandro/Getty Images)
In attesa di trovare la strada per raggiungere l'Africa (la promessa di traslocare nel continente nero risale ai tempi del suo primo mandato da sindaco di Roma, vale a dire ad oltre 15 anni fa), Walter Veltroni ha deciso di indicare la via ai compagni per vincere le prossime elezioni. In un'intervista a Repubblica, l'ex segretario del Pd si è aggrappato a Joe Biden, spiegando che quello del candidato democratico alla Casa Bianca è il modello giusto, un riformismo coraggioso che «può aprire una stagione feconda anche per il centrosinistra italiano». Sono almeno vent'anni che Veltroni & C. sognano di trovare una terza via. Da quando il comunismo è crollato e il muro di Berlino ha travolto le loro carriere politiche, gli ex del Pci sperano di incontrare sulla loro strada qualcuno che riempia il grande vuoto lasciato dalla fine dell'Unione Sovietica. In principio sposarono Bill Clinton, il presidente che riportò nell'area democratica gli Stati Uniti. Poi, passato il simpatico fumatore di sigari che nello studio ovale si dilettava con Monica Lewinsky, è venuto il turno di Tony Blair, con l'intermezzo di José Luis Zapatero, leader socialista spagnolo, e di Luis Inacio Lula, il sindacalista carioca che non ci volle consegnare il terrorista Cesare Battisti. Da Clinton a Lula, passando per il blairismo e lo zapaterismo, con un breve innamoramento anche nei confronti di Gerhard Schroeder, alla fine Walter e compagni impazzirono per Barack Obama e il suo «Yes, we can». A Spello, il 10 febbraio di 12 anni fa, l'allora sindaco della capitale tradusse in italiano lo slogan del primo presidente di colore nella storia degli Stati Uniti, convinto che bastasse presentarsi con un «Si può fare» per vincere le elezioni. Andò a finire che non solo Veltroni perse la sfida con Silvio Berlusconi, ma di lì a poco fu costretto anche a lasciare la segreteria del Pd, travolto dagli insuccessi del voto in Sardegna e Abruzzo. Anche allora, mentre inseguiva il mito americano dei Kennedy (Walter giura di essere cresciuto con il poster di John e Bob, i due fratelli del clan irlandese che hanno segnato la storia degli Stati Uniti negli anni Sessanta, e non con quelli di Castro e Che Guevara), Veltroni era certo che bastasse ispirarsi al modello stars and stripes per voltare pagina e archiviare il Cavaliere. Invece, finì male, anzi malissimo, perché adattarsi alle mode, importando idee invece di averne di proprie, non funziona mai molto bene. Ora l'ex segretario del Pd vede la luce in Biden: anche se l'ormai quasi certo presidente Usa ha 78 anni, è lui il nuovo cui ispirarsi. Anzi, da cui copiare. Non c'è da inventare niente, dice l'ex sindaco, dimostrando grande fantasia e ancora maggior visione: basta copiare la formula messa a punto da Sleepy Joe, che si riassume nel «riformismo radicale». Sembra un ossimoro e forse lo è. Ma siccome per battere Donald Trump è stata necessaria una grande coalizione, ovvero tenere insieme repubblicani pentiti e contestatori inferociti, ossia chiunque fosse contro il presidente uscente, Walter ripropone l'unica cosa che ha imparato in tutti questi lunghi anni: la grande ammucchiata. Come ai bei tempi dell'Ulivo, quando Romano Prodi riuscì a vincere le elezioni unendo democristiani di sinistra, post comunisti e comunisti, l'ex segretario del Pd sogna la santa alleanza contro il populismo. Che poi l'insalata mista con Mortadella non sia andata molto lontano, ma i suoi governi siano finiti miseramente, è un dettaglio che non insinua alcun dubbio in Veltroni, il quale non pare accorgersi che la formula vincente di Sleepy Joe già mostra alcune crepe, con l'ala radicale che lo ha sostenuto sul piede di guerra. No, a Walter tutto ciò interessa poco. Come ai tempi dell'I care, quando sempre al Lingotto aprì il congresso dei Ds, l'ex segretario insegue le sue fantasie. «Mi piacerebbe che la sinistra italiana diventasse una grande forza ambientalista, ecologista e del lavoro. Le due cose, che prima potevano apparire in conflitto, oggi sono vitalmente legate. L'Italia ha bisogno di un Pd e di uno schieramento democratico che alzino la bandiera di un riformismo molto radicale, dai tempi ambientali a quelli dell'istruzione e del lavoro». In attesa dell'alzabandiera, il tenero Walter si è però dedicato ai temi dello spirito. Così, nello stesso giorno, questa volta sulle pagine del Corriere della Sera, si è lanciato in una lunga intervista al cardinal Gianfranco Ravasi. Due lenzuolate di piombo dal titolo elevato: «In questa solitudine abbiamo scoperto la meditazione». Da studioso della Bibbia, siamo certi che il porporato abbia usato i mesi di clausura da lockdown per meditare. Forse qualche riflessione non farebbe male anche a Veltroni, il quale da quando ha dovuto lasciare la segreteria del Partito democratico, oltre ad abbracciare di volta in volta ogni bandiera, non pare averne trovata una sua. Forse, in effetti, un periodo di meditazione in Africa sarebbe consigliabile. Soprattutto per non trovarci nel 2023 un altro aspirante Papa della Repubblica al posto di Mattarella. segue a pagina15