2023-07-05
L’Ue vuole sdoganare la surrogata. Ma nasce il muro dei pro vita europei
Il nuovo Regolamento sulla genitorialità è un grimaldello per obbligare gli Stati ad accettare l’utero in affitto. A Bruxelles, intanto, prende forma la rete continentale di quanti, politici e attivisti, lottano contro la pratica.Non senza difficoltà, la maggioranza di centrodestra sta portando avanti la battaglia parlamentare per l’approvazione del disegno di legge che renderà l’utero in affitto reato universale. In altre nazioni, ad esempio in Svezia e Olanda, sono in corso discussioni tra le forze politiche per decidere se consentire o meno la maternità surrogata. Mentre i Parlamenti si confrontano, però, le istituzioni europee viaggiano su un altro binario e provano a sdoganare la compravendita di figli. Lo fanno alla solita maniera, cioè servendosi di una normativa apparentemente neutra chiamata «Regolamento per il riconoscimento transfrontaliero della genitorialità». Lo scopo dichiarato dovrebbe essere quello di «garantire la libera circolazione» fra Stati membri e «proteggere il miglior interesse del minore», cioè tutelare i bambini delle varie nazioni. In realtà, ciò che la Commissione europea propone è uno strumento che obbligherà gli Stati a riconoscere «la genitorialità» a prescindere da come un bambino «sia nato o sia stato concepito». Tradotto: se un figlio è riconosciuto in una nazione Ue, dovrà esserlo anche in tutte le altre. Non è difficile capire a che cosa serva questa bella trovata: a imporre agli Stati il riconoscimento dei figli di due padri e due madri, compresi quelli venuti al mondo tramite surrogazione.Come relatrice della proposta è stata scelta la socialista Maria Manuel Leitão Marques la quale, in perfetta continuità con la linea del suo gruppo, ha pensato bene di rendere ancora più invasiva la norma proponendo di eliminare anche la cosiddetta «eccezione di ordine pubblico», cioè la possibilità per i singoli Stati di non approvare «una decisione giudiziaria o un atto pubblico di filiazione accertato in un altro Stato membro qualora, in una precisa fattispecie, tale riconoscimento o accettazione fosse manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico dello Stato membro interessato». In pratica, i socialisti vogliono togliere agli Stati membri ogni speranza di difendersi.Se ben ricordate, a marzo le forze di maggioranza italiane hanno tentato di opporsi al certificato di genitorialità. La commissione Politiche europee del Senato ha approvato, con 11 voti a favore su 18, una risoluzione della presentata dall’ex ministro Giulio Terzi di Sant’Agata che, sostanzialmente, rifiutava il testo europeo. Nonostante questo gesto, il progetto della Commissione Ue rimane in piedi. In buona sostanza, dalla giungla burocratica di Bruxelles rischia di uscire un norma che obbligherà gli Stati - nei fatti e indipendentemente dalle leggi nazionali - ad accettare l’utero in affitto.Per questo ieri, alla sede belga dell’Europarlamento, si è tenuto un grande meeting (intitolato «Fermiamo il mercato dei figli») che ha riunito vari movimenti che si oppongono alla maternità surrogata. A organizzarlo è stata l’eurodeputata leghista Alessandra Basso, a cui si deve questo importante primo passo per la costruzione di una rete continentale contro l’utero in affitto.«Per prima cosa, dobbiamo fare attenzione al tipo di strumento che abbiamo di fronte», spiega Matthieu Bruynseels, battagliero rappresentante di Europe for family. «È un regolamento, non una risoluzione. Significa che, una volta che il Consiglio Ue lo avrà votato, sarà direttamente applicabile e giuridicamente vincolante in tutti i 27 Stati membri. Il certificato europeo di genitorialità creerà un grande mercato della maternità surrogata delle dimensioni dell’Unione europea. È fondamentalmente uno strumento per fingere che il bambino che hai acquistato attraverso lo sfruttamento riproduttivo sia il tuo legittimo figlio. Tutte le tutele amministrative o legali sullo sfruttamento riproduttivo saranno, di fatto, eliminate».Bruynseels non si dà certo per vinto: «Il Parlamento europeo aveva più volte condannato la maternità surrogata durante questa legislatura. Ma si trattava solo di risoluzioni non vincolanti. Ora è il momento di agire davvero», dice alla Verità. «La protezione dei diritti umani rientra nelle competenze dell’Ue, quindi l’Ue può rendere lo sfruttamento riproduttivo un crimine. La proposta di regolamento sul riconoscimento della genitori e la creazione di un certificato europeo di paternità deve essere abbandonata. Non solo: l’Ue dovrebbe ratificare e attuare la Dichiarazione di Casablanca, che è una proposta internazionale per vietare la maternità surrogata». Lo scorso marzo, 100 tra medici, giuristi, psicologi e sociologi di 75 nazionalità si sono riuniti in Marocco e hanno, appunto, firmato la Dichiarazione di Casablanca, fondamentale documento in cui si chiede la condanna di tutte le forme «remunerate o meno» di utero in affitto. Tra i firmatari della dichiarazione c’era Clara Maria Seriaux, a cui si deve uno degli interventi più emozionanti sentiti ieri a Bruxelles. «Il primo obiettivo», ha detto, «deve essere quello di bloccare i contratti per la surrogazione, quelli stipulati fra le madri in affitto e gli acquirenti. Perché? Semplice: perché, al momento della stipula, il figlio non c’è ancora. Niente figlio, niente problema. Si blocca il procedimento prima che inizi. Se, invece, il bambino è già nato, bisogna fare riferimento agli strumenti giuridici esistenti, come l’adozione. Il motivo è semplice: l’iter per l’adozione prevede un attento esame di idoneità per gli aspiranti genitori e dà al bambino la possibilità di ricomporre almeno in parte la propria identità».Questa, in effetti, è la strada che ha scelto la destra italiana con la proposta sul reato universale, opponendosi strenuamente alle trascrizioni degli atti di nascita su cui, invece, premono Pd e sinistra. «Il riconoscimento della parentela intenzionale, come la trascrizione degli atti di nascita dei figli nati tramite Gpa all’estero, è di fatto uno sdoganamento di questa pratica», spiega alla Verità Ludovine De La Rochère del Syndacat de la famille. «I committenti vogliono sistematicamente essere riconosciuti dal loro Paese come i genitori del bambino. Tale riconoscimento aumenterà considerevolmente l’uso della maternità surrogata. E, naturalmente, questo contraccolpo dovuto alle pressioni a favore della surrogata sarà ancora una volta un passo verso la sua legalizzazione negli Stati membri dell’Ue». Secondo l’attivista, per altro, non c’è alcun bisogno di nuove norme europee per favorire la libera circolazione dei bambini. «I Paesi europei riconoscono i certificati di nascita legalmente rilasciati all’estero», dice. «Significa che i bambini nati dalla maternità surrogata non hanno più difficoltà degli altri a spostarsi da un Paese all’altro all’interno dell’Unione. D’altra parte, i problemi amministrativi sono ovviamente secondari: il fatto che i bambini vengano reificati, strappati alla madre e al loro Paese, è il vero problema della maternità surrogata».Il punto è esattamente questo: come lottare a livello europeo? Secondo Chiara Parolin, avvocato e militante femminista, occorre che in Ue si riconosca «la maternità surrogata come una forma di violenza contro le donne e contro i minori. L’ordinamento», aggiunge, «non è tenuto a tenere una linea di assoluta neutralità rispetto alle scelte dei titolari di libertà. Il certificato europeo di genitorialità, oltre ad aprire le porte alla maternità surrogata, sancisce la supremazia del diritto del singolo individuo a scapito delle categorie di soggetti vulnerabili che gli Stati dovrebbero tutelare».Già: sarebbe fondamentale che l’Europa riconoscesse una volta per tutte l’utero in affitto come una grave violazione dei diritti umani. Intanto, però, serve fermare il regolamento sulla genitorialità. Il Parlamento sarà chiamato a votarlo ma, nei fatti, la decisione dell’Aula sarà considerata alla stregua di un parere. Per bloccare la norma sarebbe sufficiente che anche un solo Stato (l’Italia, per esempio) la osteggiasse al Consiglio europeo, dove serve l’unanimità per approvare i regolamenti. Se ciò avvenisse, lo sdoganamento della surrogata troverebbe un primo e potente ostacolo.«La battaglia contro il mercato dei figli non può restare a livello nazionale ma deve diventare patrimonio dell’Unione europea», nota giustamente Jacopo Coghe di Pro vita, che ha fornito un grande contributo all’evento di ieri. La costruzione di una Europa diversa parte anche da qui: dal contrasto a una pratica inaccettabile contro cui tutti i governi dovrebbero mobilitarsi.da Bruxelles