2019-08-01
L’Ue era nata per difendere l’Europa. Invece ha cancellato la sua identità
A forza di sognare la globalizzazione, l'Unione con la sua burocrazia ha sbiadito e screditato una civiltà unica. Bruxelles vuole far sparire le nazioni, annegando le radici greco-romane e cristiane in un brodo multietnico.I filosofi parlano di eterogenesi dei fini: parti per fare una cosa e ne viene fuori tutt'altro. Così, l'Ue nata per consolidare l'Europa, l'ha sbiadita. Che idea avevamo di noi stessi ancora qualche decennio fa e guardando indietro fino al Sette-Ottocento? Privilegiati abitatori di quell'ultimo tratto dell'Eurasia dove il continente si affusola per immergersi nell'Oceano Atlantico, eravamo vicini a tutti e diversi da ogni altro. L'Asia immensa alle nostre spalle, brulicante di civiltà distanti tra loro, etnie variopinte, innumerevoli forme di stato e di governi.Ai nostri piedi, l'Africa più vicina a noi per costumi sulle coste arabe del Mediterraneo ma estranea per mentalità e religione. Poi, pittoresco e avventuroso, il mondo nero subsahariano con le tribù, le capanne, le lance, i leoni. Qua e là qualche avamposto bianco sotto forma di colonia, rosa dalla precarietà e dal senso di colpa. diversi, ma omogeneiInsomma, l'Europa era - così la sentivamo - un pezzo di terra unica, 10 milioni di chilometri quadri, dall'Oceano agli Urali, con popoli stabili, uniti da una coerente storia di relazioni reciproche. Alla base di tutto, due antiche civiltà, la greca e la latina, il cui influsso si estendeva ai popoli del nord, germanici e slavi, venuti da lontano. Le rovine di Atene e Roma suggerivano i modelli di case e città che cominciarono a somigliarsi ad ogni latitudine. La religione cristiana, tenacemente professata nelle varie forme, ortodossa, cattolica, riformata, dette ai nostri progenitori un comune senso del peccato, e dunque della virtù, e una morale unificata da adottare come bussola nella vita quotidiana. Fummo per secoli un unicum: popoli omogenei nella diversità delle lingue e delle società. Ecco perché, seppure litigiosi entro i nostri confini, spesso guerreschi tra una nazione e l'altra, non di rado tentati dalle guerre civili, fuori da questo spicchio di terra, gli europei si riconoscono e frequentano per respirare l'aria di casa. Pure le arti abbiamo in comune, rubandocele a vicenda perché nel gusto del vicino incontravamo il nostro. Il romanico di spagnoli e francesi ha alimentato la religiosità di tutti gli altri, disseminando absidi e chiostri. Quando i nordici passano al gotico, via tutti gli altri a imitarli. Da Firenze, gli ardimenti rinascimentali dilagarono dalla Francia alla Polonia. Il barocco ha disegnato i profili del continente da Roma a Bucarest, passando per Vienna.difesa dei confiniTutto questo ci ha plasmati ed è nato l'europeo. Lingue diverse ma seminate di lemmi assonanti, identica idea del bello, non dissimile urbanità dei modi, reazioni più moderate nelle offese, se paragonati a gran parte del mondo. Certo, ci siamo fatti le guerre e i folli che le hanno scatenate sono figli nostri. Ma i Napoleone Bonaparte e gli Adolf Hitler sono rari e distanziati nei secoli. Poco a paragone dei sanguinari d'Asia, Africa e America latina. Soprattutto, abbiamo saputo riconciliarci in fretta e unirci se il pericolo per tutti veniva da fuori. L'Europa, sia pure in extremis, ha sempre saputo difendere se stessa, arruolando spade ai quattro venti, come si vide contro arabi e ottomani: polacchi e franchi, inglesi e veneziani, prussiani e spagnoli, serbi e francesi. L'Europa che conoscevamo aveva confini precisi e li considerava invalicabili. Quando dovette arretrare, come fu nel 1453, cedendo Bisanzio al sultano, il dramma della sconfitta echeggiò lungo il secolo. E ora, con l'Ue, cos'è di noi? Quel po' di Europa che resta, rispetto a quella evocata, è difesa alla bell'e meglio dalle singole nazioni che però l'Ue discredita, per farle sparire. la storia dimenticataLe nazioni scalpitano, divise tra loro. Le nostre guerre continuano, dai Balcani alla Libia. Le molte lingue sono tuttora in uso tra i popoli ma quella comune, è una sola, l'inglese, come accade nel resto del mondo, e anche in questo siamo uniformati. Il greco-latino cui dobbiamo le radici non è mai evocato nei documenti e sommerso dalla multietnicità. Il cristianesimo è rifiutato perché limita la capacità di attrazione nell'Ue dei mille popoli del mondo. La sua morale è considerata nefasta poiché limita diverse libertà, sessuali, procreative ed esistenziali. Il clima ostile sta portando la Chiesa cattolica a un adeguamento suicida che renderà l'Europa irriconoscibile come l'Egitto senza piramidi. Non abbiamo più un'architettura, appiattiti sugli americani. L'arte è senza artisti e decisa dai galleristi di New York.L'Ue non considera l'Europa l'unicum che dicevamo prima, ma un pezzo di mondo come un altro, aperto a tutti, senza popoli propri, senza titolari, senza confini. È il globo immaginato nel Settecento dagli utopisti che, lambiccandosi sull'inesistente, erano liberi di fantasticare. Curiosamente, sono i tanto vituperati massoni a dare il modello e i «nostri valori», come li chiama Frau Merkel. In alto, il Grande Architetto, quaggiù una landa senza barriere, dedita alla Fratellanza universale e al miglioramento dell'Umanità diretto dalle logge e i Gran maestri. Mettete l'Onu al posto delle logge, Ue, Fmi, ecc. al posto degli iniziati, e avrete il globalismo burocratico in cui siamo immersi, numero tra i numeri, storie senza storia. Forse è pure un vantaggio e va bene così. Ma che c'entra l'Europa?
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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