2019-04-07
L’Ue consegna ai media il breviario per fare propaganda filo europeista
La Commissione ha diffuso in Francia un bignami per indottrinare il pubblico in vista delle elezioni. Persino «Le Monde» si indigna. E anche in Italia molte testate ospitano progetti finanziati dall'Unione.Non vi sentite un po' ignoranti, superficiali e cialtroni quando, magari sorseggiando un caffè al bar con i colleghi o durante una cena tra amici, vi trovate a discutere di temi europei? Dite di no? Peccato che siano proprio le istituzioni di Bruxelles a giudicarvi così, ed è per questo motivo che in questi mesi, complice l'avvicinarsi delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, stiano schierando una potenza di fuoco per convincerci a tutti costi che l'Ue è cosa buona e giusta. L'ultima iniziativa in ordine temporale allo scopo di catechizzare le povere pecorelle smarrite (o forse è meglio chiamarle capre?) l'ha messa in piedi la rappresentanza della Commissione europea in Francia e prende il nome di «Les decodeurs de l'Europe» (letteralmente «i decodificatori dell'Europa»). «Per permettere agli elettori di esprimere il proprio voto con “cognizione di causa", è essenziale che il dibattito si costruisca intorno ai fatti e alla realtà di cosa sia l'Europa oggi», esordisce la lettera datata 28 marzo e inviata ai giornalisti da Isabelle Jegouzo, rappresentante della Francia in Commissione, e Guillame Roty, capo ufficio stampa della delegazione transalpina. «La costruzione dell'Europa», prosegue la missiva, «è diventata il bersaglio di false convinzioni che alimentano voci e fantasia. Oggi la lotta contro la disinformazione è diventata una priorità collettiva per tutti i paesi dell'Unione europea, al fine di preservare la qualità del dibattito pubblico e garantire il buon funzionamento delle nostre democrazie».Per meglio istruire gli zotici euroscettici, la rappresentanza francese ha visto bene di omaggiare i destinatari della lettera un simpatico pamphlet dal titolo identico a quello dell'iniziativa. La vignetta sulla copertina riporta un signore sorridente con in mano un righello, a rappresentare il saggio europeista che prende le misure dell'interlocutore che ha davanti. Questi ha le fattezze di un bifolco, megafono in una mano e cartello nell'altra recante la scritta: «Abbasso l'Europa dei tecnocrati» nell'altra. Il fumetto che esce dalla sua bocca urlante contiene, oltre alla bandiera blu a dodici stelle, quattro simboli a indicare altrettanti pregiudizi nei confronti delle istituzioni europee: un sacchetto di denaro, una pannocchia di mais (gli Ogm), la siringa (per le politiche vaccinali) e il fuoco di un'esplosione.Seguono quasi 200 pagine in stile fact checking nel tentativo di smontare i preconcetti sull'Europa. Oggetto della verifica dei funzionari francesi, affermazioni del tipo «con l'euro tutto è aumentato, tranne che il mio potere d'acquisto» (tutto il mondo è Paese…); «l'Europa è al soldo della finanza internazionale»; «Bruxelles impone la politica economica alla Francia»; «l'Europa ha distrutto il nostro mercato del lavoro»; «l'Europa è sommersa dai migranti»; fino a quelle di natura più ontologica come «l'Unione europea non è democratica». False credenze smentite a suon di grafici, tabelle e, ovviamente, divertentissime (si fa per dire) vignette. La prima edizione della brochure regalata ai giornalisti, in realtà, risale al 2017. Quella diffusa oggi è «una nuova versione rivista e ampliata» in vista delle imminenti elezioni. Giovedì, inoltre, è stato inaugurato il sito dell'iniziativa, corredato da video, notizie aggiornate e perfino una sitcom a sfondo familiare nella quale il padre recita la parte del populista zoticone. Se tutto ciò può apparire alquanto grottesco, sappiate che in Francia non l'hanno presa per niente bene. Durissimo Aurelien Viers, capo redattore a Le Parisien, che parla di «terribile colpo al fact checking». «Questa iniziativa ci lascia sconcertati», scrive invece su Twitter il giornalista Samuel Laurent, titolare per Le Monde di una rubrica che guarda caso si chiama proprio «Les decodeurs» e si occupa appunto di fact checking, «non solo per il “prestito del nome" (senza chiedere nulla) ma soprattutto perché il ruolo dei comunicatori non è quello di imitare il codice giornalistico». Secondo Laurent, il lavoro dei funzionari francesi mancherebbe totalmente dello «spirito critico» che ci si aspetterebbe da un'adeguata verifica dei fatti. Non potrebbe essere altrimenti: il piano di comunicazione istituzionale approvato dal Parlamento Ue alla fine del 2017, e costato ben 33 milioni di euro, prevede che la campagna debba essere «europea» in quanto «l'affermarsi dei discorsi nazionalisti e protezionisti in numerosi Stati membri seduce non solo gli elettori emarginati, ma anche tutti i settori e tutte le classi sociali». Risulta fondamentale, dunque, «non solo portare gli elettori ai seggi, ma anche convincerli a sostenere il progetto europeo». Nel nostro Paese sono diversi gli esempi di testate che di recente hanno inaugurato progetti cofinanziati «nel quadro del programma di sovvenzioni del Parlamento europeo nell'ambito della comunicazione». Tra queste troviamo l'agenzia Ansa (con la rubrica «Europarlamento 2019») e Il Post (con la rubrica «Konrad»). Ricevere fondi dall'Ue, precisiamo, è perfettamente regolare e legale. L'auspicio è semplicemente quello che il dissenso e la critica trovino il giusto spazio, garanzia fondamentale per ogni informazione che pretenda di definirsi libera.