2021-03-28
L’Ue abbaia ma Bojo può bloccare pure Pfizer
Il «Telegraph» rivela che il farmaco tedesco-americano dipende dalla produzione inglese di lipidi. E un eventuale stop all’export deciso da Johnson bloccherebbe la produzione in Belgio. La guerra dichiarata da Ursula a Londra e ad Az è sempre più suicida«Abbiamo perculato il pannocchione inglese, lo abbiamo sbeffeggiato, intanto quello ha vaccinato già quasi tutta l’Inghilterra. Stamose zitti che è mejo», ha cinguettato su Twitter Fiorella Mannoia. Anche la sinistra canterina ha capito che in questa campagna vaccinale anti Covid bisogna cambiare per non morire (parafrasando un successo della stessa Fiorella). Perché mentre l’Europa stava dichiarando una guerra commerciale alla perfida Albione senza avere le armi per vincerla, il «pannocchione» Boris Johnson stava inoculando dosi come se non ci fosse un domani. «Il percorso verso la parziale uscita della Gran Bretagna dal lockdown procede senza ostacoli e non ci sono dati che al momento possano dissuadere dal riaprire, progressivamente, il 12 aprile», ha assicurato ieri Johnson intervenendo in videocollegamento a un forum virtuale dei Conservatori. Venerdì, al talk show mattutino Good morning Britain, il ministro delle Comunità locali, Robert Jenrick, aveva insistito sulla velocità d’azione di Londra rispetto a Bruxelles, sottolineando che il Regno Unito è «fiducioso» di aver blindato - muovendosi per tempo - le proprie forniture di vaccini anti Covid per i prossimi mesi e «non ha motivo di temere», nonostante le recriminazioni e le minacce dell’Ue sul fronte dell’export, di poter mancare i suoi obiettivi: almeno quelli della copertura con una prima dose a tutti gli ultracinquantenni entro il 15 aprile e a tutta la popolazione adulta over 18 per il 31 luglio. Eppure a Bruxelles vogliono convincerci che è stato tutto merito nostro, cioè della Ue che si è ritrovata a corto di vaccini proprio perché ne sono usciti troppi dagli stabilimenti europei verso la Gran Bretagna. Non è così. Anzi, vale la pena di notare che dalla tabella «ufficiale» presentata dalla Commissione Ue risulta che le esportazioni di Astrazeneca dall’Ue all’Uk ammontano a 1 milione di dosi prima di dicembre 2020, ossia prima che l’Ema desse l’autorizzazione all’uso. Da allora, più nulla. Nei giorni scorsi, inoltre, il ministro britannico della Salute, Matt Hancock, in un’intervista al Financial Times ha ricordato come l’Inghilterra abbia con Astrazeneca un contratto «di esclusiva», mentre l’Unione europea ne ha stipulato uno che si basa sui «migliori sforzi» da parte della casa farmaceutica. Per questo, gli accordi stipulati dal governo britannico prevarrebbero su quelli europei.Non solo. La missione tafazziana che ha visto ostinatamente impegnata Ursula von der Leyen negli ultimi mesi, ovvero accoppare Astrazeneca, ha sempre dato per scontato che morto un vaccino Az si poteva comunque contare su quello Bion-Pfizer, frutto dell’alleanza tra i tedeschi di Biontech e gli americani di Pfizer. Ma attenzione. Se il «pannocchione», come lo chiama la Mannoia, decide di bloccare l’export di lipidi da Croda possono esserci problemi anche per le risorse di Pfizer. Di cosa parliamo? Croda International è un’azienda chimica con sede a Snaith, nello Yorkshire, che fornisce «molecole grasse» vitali agli stabilimenti Pfizer nella Ue da quando ha firmato un contratto quinquennale con l’azienda a novembre (eppure, stranamente, nella mappa della supply chain europea distribuita dalla Von der Leyen al summit europeo di fine febbraio lo stabilimento non c’era). Croda, che ha speso 14 milioni di dollari per sostenere il contratto, ha affermato anche che sta raddoppiando la capacità del suo sito negli Stati Uniti, quadruplicando un sito nel Regno Unito per soddisfare la domanda. Ebbene, secondo quanto riporta il Telegraph, Pfizer e Biontech avrebbero avvertito Bruxelles che la produzione nella principale fabbrica di vaccini in Belgio potrebbe «arrestarsi» entro poche settimane se l’Inghilterra si muovesse per impedire alle consegne di attraversare la Manica. Pfizer e Biontech hanno recentemente annunciato la firma di contratti con le società tedesche Evonik e Merck per aumentare la fornitura di lipidi. Tuttavia, in una recente teleconferenza con i leader del settore e Angela Merkel, il direttore operativo di Biontech ha avvertito che la fornitura di lipidi resta il principale collo di bottiglia per la produzione del vaccino, ricordando anche che serviranno otto mesi per aumentare la produzione. Qualsiasi restrizione all’esportazione potrebbe dunque mettere in pericolo la fornitura. Tradotto: è vero che la Ue può esportare lo Pfizer finito nel Regno Unito, ma il regno Unito può impedire alla Ue di produrlo trattenendo le materie prime spedite dallo Yorkshire. Ovvero facendo venire a mancare una parte della catena di approvvigionamento. Acquista così ancora più senso il cambio di registro imposto dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, alla conferenza stampa di venerdì, quando nei confronti dell’Inghilterra ha usato toni ben diversi da quelli minacciosi di Ursula von der Leyen. «Il revanscismo» tra Ue e Gran Bretagna «non porta da nessuna parte», ha detto il presidente del Consiglio. Senza dimenticare l’altro problema di Pfizer, ovvero che il vaccino dipende anche dalle componenti spedite dagli Stati Uniti e dal Canada. Illustrando il meccanismo rafforzato Ue per l’export varato dal Consiglio europeo, infatti, lo stesso Draghi ha spiegato che «alcuni di questi vaccini sono prodotti in più punti, le varie componenti sono prodotte per esempio negli Stati Uniti, arrivano e vengono infialati in Italia o in altre parti dell’Unione europea. Nel caso di Pfizer, se si bloccano le esportazioni verso gli Usa, i quali per altro hanno bloccato l’export fuori dal Paese, si interrompe la catena valore e così anche la produzione dei vaccini, perché il principio attivo arriva dall’America», ha sottolineato il premier. Più chiaro di così.
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