2024-06-10
Luca Natalini: «La buona cucina parte dalla lista della spesa e si adegua alle stagioni»
Ogni mattina lo chef patron di Autem Milano seleziona materie prime fresche e si inventa un menù sempre diverso. Abbiamo passato una giornata con lui.«Non è lo chef che sceglie il menù, sono gli ingredienti a farlo». Luca Natalini, chef patron di Autem Milano, ristorante selezionato dalla Guida Michelin e appena nominato ventitreesimo miglior nuovo ristorante in Europa da Opinion about dining, propone la cucina di mercato. Ossia una cucina basata sulla stagionalità e poi sull’effettiva disponibilità delle materie: non potendo, in questo modo, prevedere l’offerta, dopo il contatto mattiniero diretto con agricoltori, allevatori e pescatori, il menù è ideato e scritto a mano ogni mattino dallo chef. Su carta prodotta dal riutilizzo degli scarti della produzione del caffè e fibra 100 per cento riciclata post consumer: «Se tutti facessimo qualcosa per una sostenibilità vera», dice lo chef, «qualcosa cambierebbe». Tenete d’occhio Luca Natalini, che ha la cultura e la sensibilità tecniche e artistiche, la passione e l’attitudine pedagogica per essere lo chef post Masterchef che finalmente non confligge col «popolo» e la sua cucina casalinga, ma ci dialoga e gli consegna amorevolmente parte della sua sapienza. In questi anni la tv ci ha mostrato il crollo della quarta parete della cucina del ristorante: siamo entrati in essa, sì, ma ci siamo comunque trovati davanti chef inappellabilmente conchiusi in essa, quarta parete presente o meno, e nella loro disciplina. Tra Gordon Ramsay che sferrava padellate nelle Cucine da incubo, doppiate dalla pacca sulla spalla del nostro Antonino Cannavacciuolo da una parte, e, dall’altra, l’ansiogeno performatismo creativo richiesto ai concorrenti di Masterchef da giudici chef che hanno vissuto la stessa pressione nelle cucine dei ristoranti che hanno portato alle stelle in ogni senso, non solo Michelin, si è creato lo stereotipo dello chef che al massimo può sgridare un mangiatore o cuciniere casalingo. Chef Natalini abbatte anche la quarta parete mentale e sociale dello chef. Basta con lo stereotipo, forse veritiero ma ormai ritrito, della quasi classe sociale composta da chef guru rifugiati nel proprio Parnaso di talento monologante solo con propri pari. Basta, di converso, col Quarto Stato di clienti arrabbiati e con lo scontrino in mano che chiedono conto di un taglio torta a 2 euro, figuriamoci dei prezzi e dell’artistizzazione del cibo del fine dining. Chef Luca Natalini inaugura l’era dello chef che non solo si avvicina al popolo, ma lo prende per mano e lo accompagna a fare la spesa più popolare che ci sia, al mercato, dimostrando che sapienza professionale ed artistica se vogliono sono più che compatibili col discorso alla cucina casalinga, non contro di essa. L’iniziativa Take me to the market, ideata da Natalini e da lui condotta una volta al mese, inaugura - alleluia - la filosofia del fine dining amico della cucina normale. Abbiamo provato in prima persona questo geniale format di cooking class fine dining che si svolge con appuntamento al ristorante alle 9, impegna il partecipante fino alle 15 e ridà valore all’ingrediente educando alla spesa di qualità. Dopo la colazione al ristorante, compresa, siamo andati con lo chef e la sua brigata a far la spesa al mercato agricolo di Porta Romana a Milano. Abbiamo girato con lo chef per una prima ricognizione: «Si fa il giro, come diceva il nonno (il pittore Carlo Maria Mariani, ndr), non ci si ferma mai al primo banco». Poi, lo chef ha scelto i prodotti e, tornati al ristorante, nella cucina a vista, abbiamo sgranato i piselli freschi, appreso che lo sbianchimento, la procedura di sbollentare la verdura e poi passarla in acqua e ghiaccio per sigillare al suo interno colore, sali minerali e vitamine è una procedura utile anche nella cucina di casa: se troviamo buone occasioni, al mercato possiamo acquistare grandi quantità di verdure e poi sbianchirle e congelarle per trovarci già pronto un contorno fresco senza ricorrere all’ultraprocessato del supermercato. Con circa 30 euro lo chef ha acquistato frutta e verdura prelibata di stagione e a chilometro pressoché zero, proteine nobili come un bel tocco di lardo da oltre 200 grammi che si consuma in parecchio tempo e uova freschissime, poi ci ha insegnato ad affidarci ai prodotti per creare piatti squisiti. Se pensiamo che ormai si spendono 30 euro per una pizza e una birra, non ci pare poco spendere 30 euro per far mangiare e più di una volta 4-6 persone. Molti prima di andare in ufficio al mattino vanno a fare la corsetta, ma sarebbe altrettanto salubre fare la... spesetta al mercato. Salubre per l’ambiente, salubre per noi, che al mercato possiamo avere un contatto reale coi venditori, giovarci della stagionalità e freschezza dei prodotti alimentari, camminare e ossigenarci invece di acquistare online prodotti che altri ci dovrebbero consegnare a casa, inquinando e rendendoci sempre più sedentari. Abbiamo intervistato lo chef.Chef Natalini, possiamo dire che stagionalità è il suo menù?«Assolutamente. Oltre che menù, è ingrediente locale: in base a quello che troviamo, costruiamo».In un ristorante è più facile costruire dei piatti con gli ingredienti stagionali?«Se il piatto viene usato in maniera stagionale e viene cambiato quattro volte l’anno, nelle quattro stagioni, sì, diventa facile. Però lavorare con materie prime giornaliere, decidere e scrivere il menù a mano tutti i giorni è veramente un esercizio mentale, culturale, ma soprattutto di grandissima attenzione su quella che è la qualità della materia prima in quell’istante, in quell’esatto giorno».Tiene tanto a Take me to the market anche per questo, perché anche a casa le persone mangino la migliore qualità possibile?«Assolutamente. Vorrei far vivere ai nostri ospiti e trasmettere loro quello che viviamo noi nel ristorante tutti i giorni. Vorrei comunicare il pensiero che in un’epoca così veloce, così “tutto e subito”, ritagliarci un attimo per una buona spesa può anche apportare beneficio sul resto della giornata». Quindi, un buon pasto comincia da una buona spesa. Innanzitutto, meglio il mercato o il supermercato?«Il mercato. Allora, sicuramente in termini di qualità e anche di dare valore a chi fa proprio questo di mestiere, cioè chi produce gli ortaggi, Coldiretti e compagnia, che fanno produzione e poi mettono in vendita, saltiamo un pezzettino di filiera e ci relazioniamo direttamente con chi produce l’ortaggio la frutta, la verdura: è un po’ più profondo, più romantico, diciamo così». Quando faccio la spesa al supermercato vedo anche prodotti che non sono italiani e mi domando come mai pur arrivando da altre parti d’Europa, altri continenti, anche lontanissimi, sono in vendita a prezzi inferiori a quelli italiani. Magari risparmiamo qualche centesimo, ma questi prodotti per arrivare fin qui inquinano...«Basta pensare quanto consumano l’aereo o la nave, per importare arance o altre tipologie di pomodori e quant’altro. Ormai per abbattere i costi in Gdo trovano le più svariate maniere. Non dico che sia sbagliato, però, caspita, siamo in Italia, abbiamo tutto, è una delle terre più belle del mondo, con gli ingredienti più buoni del mondo. Tanti colleghi francesi di 2-3 stelle Michelin quando mi chiamano mi dicono: “Luca, sei fortunatissimo a essere in Italia, con quei prodotti”. Bisogna tornare ad apprezzare quello che si ha realmente e non avere questa altezzosità di dire “Io voglio cucinare il radicchio ad agosto”, perché non c’è. Bisogna rispettare quello che la natura ci dà».Esiste una stagionalità che soprattutto le giovani generazioni non conoscono anche perché al supermercato non c’è tanta stagionalità, proprio perché importiamo da tutto il resto del mondo...«E quindi posso trovare tutto sempre».E questo ci fa dimenticare o ignorare la cultura della della stagionalità...«Nel microcosmo del mercato è diverso perché i commercianti offrono solo quello che dà la terra: oggi le zucchine col fiore, i radicchietti, le erbette, le bietoline. Sicuramente ad agosto non trovo il radicchio e a dicembre non trovo il pomodoro bello».Come scegliere bene la verdura al mercato? Oltre alla stagionalità, cosa guardare?«Il piccolo segreto che voglio confidarvi è mai prendere la verdura perfetta, quella che sembra uscita per per uno shooting fotografico. Immaginate un albero di susine: la susina più buona qual è? è quella leggermente beccata dagli uccellini, è la verità». Per quale motivo dovrei andare al mercato, prendermi il piede di insalata, togliere foglia dopo foglia, lavarla e tagliarla invece di prendere la busta bell’e pronta del supermercato che devo solo aprire e rovesciare nella mia insalatiera?«Io dico sempre: prendete un’insalata fresca, appena raccolta, annusatela, ha quasi l’odore della terra. Poi prendete una busta di insalata, apritela, sentite l’odore, assaggiatela: ha solo consistenza, mentre l’altra ha consistenza, gusto, parte aromatica, salinità. C’è una massima espressione del gusto, di là un po’ meno, per non dire nulla. Quando tagli il pomodoro estero non sa di pomodoro, ma di acqua». Al mercato troviamo anche il macellaio: come scegliere bene la carne?«Non usiamo solo filetto e controfiletto, La carne è tutta buona. È ovvio che ci sono preparazioni e preparazioni: ci sono dei tagli che ci permettono una maggiore resa sulla lunga cottura e dei tagli con la migliore resa quasi a crudo. Il pesce all’interno della coscia del bovino, fatto in carpaccetto, è meglio del filetto. Ci sono veramente millemila tagli da andare a lavorare».Bisogna anche un po’ studiare, però, per conoscere queste cose o farsele raccontare dalla mamma o dalla nonna che magari le conoscono... «Certamente. Si chiede al macellaio: “Che tagli belli hai oggi?”. Basta andare anche un attimo su Internet e cercare cosa sono quei tagli, se non li si conosce. Si deve recuperare il rapporto fra produttore e acquirente».Consigli per scegliere bene il pesce?«Il pesce è uno dei prodotti più stagionali che ci sono, ci sono i cicli di riproduzione, i fermi pesca e quindi essere consapevoli e andare a prendere o acquistare un pesce quando è in piena stagionalità è meraviglioso: la sua stagione è dopo la riproduzione, quindi il mare pullula di questi pesci e pescandoli e comprandoli non intacchiamo l’ecosistema naturale». Quindi dovremmo chiedere al pescivendolo «Oggi cos’hai di stagionale?».«Esatto. Il pescivendolo onesto ci risponderà: “Ora siamo a giugno, è periodo di dentici, pesce spada, sardine, triglie, un po’ di gamberi rosa, il gambero viola di Oneglia, scampi meravigliosi...”. È ovvio però che non trovo l’aragosta».Sempre dal pescivendolo c’è il pescato fresco ma alcuni hanno anche il decongelato. Preferenze? Consigli?«Consiglio di lasciare il decongelato al pescivendolo. Quando vedo questi banchi di pesce con i gamberi Argentina e i calamari Patagonia mi cadono le braccia, non capisco la necessità di mangiare quelle cose che oltretutto a mio gusto non sono nemmeno buone, non sanno di mare. Abbiamo fatto un marasma: abbiamo portato il granchio blu nelle lagune, a Chioggia, non si pescano più vongole, le si stanno acquistando dalla Spagna e questa è follia. Io non voglio fare il bacchettone, ma dico se oggi non ci sono le vongole, beh, ci sono le telline. Non va bene mangiare quello che ci pare quando ci pare: ci avveleniamo noi, perché questi crostacei sono pieni di piombo, microplastiche e quant’altro. Avveleniamo il pianeta per importare, 12 ore di viaggio per questo gambero che è stato stoccato in un container gelo per un mese o due e poi ti arriva decongelato sul banco. Scegliere questo piuttosto che mangiare le acciughe, per esempio di Santa Margherita Ligure, vicina a Milano, che paghi pochi euro al chilo, che arrivano turgide, coi colori del Mediterraneo, hanno l’odore e il sapore del mare, è follia». Con Take me to the market lei va incontro alle persone comuni per spiegare loro i suoi segreti.«Il mio segreto è svegliarmi la mattina presto, comprare il meglio del meglio che trovo sul mercato, portarlo da Autem, fare un un esercizio mentale con tutta la mia squadra e dare al cliente il meglio senza compromessi o obblighi. Se io avessi il branzino in menù, su un menù stampato, con copertina in pelle, e poi piove, fa un tempo da lupi e il pescatore non esce in barca, io per dare al cliente il branzino indicato in menù dovrei appoggiarmi all’allevamento in Grecia, al congelato a bordo, offrendo prodotti che sono sono più il prodotto reale. Allora preferisco avere un piccolo menù, scritto a mano tutti i giorni, un po’ bruttino però reale, vero, come sono io: Autem è casa mia e io mi racconto tutti i giorni».Ci sono molte prenotazioni per Take me to the market del 12 giugno e del 10 luglio?«Mi aspettavo che andasse, perché è simpatica come cosa, però ci sono state molte richieste e quindi abbiamo dovuto contingentare».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.