2019-11-06
L’onorevole renziana voleva invitare il braccio destro di Messina Denaro
Giuseppina Occhionero con il portaborse indagato per mafia parlava di un boss uscito di galera.«Fosse per me starebbe già nel mio ufficio». La neo renziana Pina Occhionero, in quel momento ancora parlamentare di Liberi e uguali di Pietro Grasso, si riferiva così il 4 marzo 2019 a Santo Sacco, già consigliere provinciale ed ex consigliere comunale di Castelvetrano per dieci anni, sindacalista della Uil nel cui ufficio nel lontano 1993, epoca in cui cominciò la latitanza Matteo Messina Denaro, riceveva e smistava i pizzini per il mammasantissima. Zio Santo, l'uomo d'onore al quale erano stati mandati gli auguri di Natale addirittura con la carta intestata della Camera dei deputati, era così vicino alla Primula rossa di Cosa nostra che altri boss nelle intercettazioni lo chiamavano «il compare di Matteo». Ben 25 anni dopo, con zio Santo in galera, stando alla ricostruzione della Procura di Palermo che l'ha privato della libertà, ha preso a fare il postino per Cosa nostra Antonino Nicosia, radicale incallito, sedicente docente, conduttore di una trasmissione televisiva che si può ancora guardare su Youtube e per quattro mesi collaboratore della deputata molisana compagna di banco di Pier Luigi Bersani in Parlamento. I rapporti tra i due sono andati avanti, come testimoniano gli sms intercettati, anche dopo l'interruzione del contratto che la deputata aveva offerto al portalettere che si rivolgeva al super boss sostenendo di pregare per «San Matteo». Come svelato ieri dalla Verità, l'ultimo contatto con la deputata risale a fine ottobre, quando, dopo l'uscita di galera di zio Santo (il 21 ottobre, giorno in cui Nicosia e Occhionero erano insieme alla Leopolda), Nicosia comunica alla deputata che finalmente potrà assaggiare il tanto agognato cous cous a Margherita di Selinunte, località in cui vive il boss Sacco. Nicosia, dopo aver incontrato l'ex detenuto nonostante le prescrizioni del giudice di Sorveglianza impedissero visite a casa, fa sapere alla deputata: «Ti aspetta Santo Sacco». Lei risponde: «Ma è uscito dal villaggio?». Un sms che prova che il cordone con il collaboratore non era ancora completamente reciso. Anche se a maggio la deputata aveva contestato a Nicosia di averle detto delle bugie e l'aveva scaricato. La relazione, soprattutto telefonica, però, nel periodo preso in esame dagli investigatori, è stata intensa. E dopo poco più di due mesi, annotano gli investigatori, la Procura è stata costretta a revocare i decreti esecutivi delle intercettazioni telefoniche, perché, «a fronte dei colloqui ascoltati nel primo periodo, certamente casuali e fortuiti, la successiva attività di ascolto telefonico avrebbe potuto coinvolgere stabilmente anche le conversazioni della parlamentare». Che a breve verrà convocata dai pm come testimone. C'è da spiegare, per esempio, in costanza di contratto con la deputata, qual era l'affare che Nicosia aveva fiutato con le coop rosse nel carcere della Giudecca a Venezia. I magistrati parlano di «compromessi» che Nicosia aveva proposto alla deputata. Lei però, scrivono gli investigatori, «si era mostrata poco propensa». E, così, tra i soliti messaggi audio inviati via Whatsapp da Nicosia alla Occhionero, i carabinieri del Ros ne hanno trovato uno di questo tenore: «Quando chiamano dici «senta io non ho tempo, le sto dando Iban», in base a quello che mandano eventualmente modifichiamo le dichiarazioni, ma capisci che non si può fare gratis questa cosa». Al telefono con l'avvocato Michele Capano, radicale e difensore di Filippo Guttadauro (cognato di Matteo Messina Denaro), Nicosia, dopo il «niet» della Occhionero, spiega meglio la questione: «Non è che hanno fatto il bonifico queste delle cooperative rosse... quando fanno il bonifico e io sono soddisfatto di quello che mi hanno mandato... ne racconto metà...». La parlamentare gli disse: «Non si può fare politica così». Resta da capire come abbia fatto a far passare sotto il naso di Grasso la presenza di un fan di Matteo Messina Denaro.