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2022-01-02
Londra molla le restrizioni. Qui preparano l'assalto finale
Ansa
La partita per il Quirinale, collegata direttamente a quella del nuovo governo se Mario Draghi dovesse essere eletto presidente della Repubblica, inizia il prossimo 5 gennaio. Un paio di settimane prima dell’inizio delle votazioni per eleggere il successore di Sergio Mattarella (salvo un clamoroso bis) è in programma infatti un Consiglio dei ministri che si annuncia assai incandescente, e che rappresenta i tempi supplementari di quello dello scorso 29 dicembre, quando Lega e M5s hanno fatto saltare, con la loro ferma opposizione in cabina di regia, il preconsiglio che vede presenti i capi delegazione di tutti i partiti di maggioranza, l’idea di estendere il super green pass a tutto il mondo del lavoro, a partire dai dipendenti della pubblica amministrazione, oltre quelli della sanità, della scuola e del comparto sicurezza, dove l’obbligo del certificato verde rafforzato è già in vigore. In questi giorni, Pd, Leu e Italia viva hanno manifestato pubblicamente la loro posizione a favore dell’obbligo vaccinale: i renziani hanno lanciato una petizione a favore di questa soluzione, la più drastica tra quelle possibili. Forza Italia resta in mezzo al guado: Silvio Berlusconi è stato uno dei primi leader politici italiani a dirsi favorevole all’obbligo vaccinale, ma ora c’è da tenere innanzitutto unito il centrodestra, perché il Cav vuole giocarsi fino in fondo la partita per il Colle, e Lega e Fratelli d’Italia sono nettamente contrari. «Certezze non ne abbiamo», dice alla Verità uno dei massimi esponenti del governo, «credo che Draghi ci proporrà il super green pass per il pubblico impiego e non altro. Onestamente nessuno se la sente di dire: “io ho la verità in tasca”. Tutti noi», aggiunge la fonte, «abbiamo mille dubbi su cosa sia meglio fare».
La proposta di rendere obbligatorio il super green pass, ovvero quello che si ottiene con il vaccino o la guarigione ma non con il tampone, solo per il pubblico impiego, sarebbe una mediazione che potrebbe accontentare tutti, ma anche nessuno. Scontato il «no» della Lega, molto probabile anche quello del M5s: «Terremo la stessa linea della volta scorsa», anticipa alla Verità un big pentastellato, «non facciamo barricate ma non ne capiamo la ragione». Tra l’altro, l’estensione del super green pass solo al pubblico impiego non darebbe risposte al pressing di Confindustria che chiede l’obbligo vaccinale per tutti: il leader Carlo Bonomi ha più volte espresso questa linea, anche in maniera ruvida, perché col dilagare dei contagi le aziende si ritrovano a fare i conti con defezioni a raffica, tra positivi e quarantene. Draghi è in un imbuto, per la prima volta, e c’è il serio rischio che una frattura profonda nella variegata coalizione che lo sostiene, su un tema così delicato, vada a compromettere sia le sue chance di diventare Capo dello Stato sia le probabilità, in questo caso, di tenere unita la maggioranza con un altro premier.
Mentre in Italia si discute su quali altre restrizioni introdurre, c’è chi agisce in maniera profondamente diversa. È il caso della Gran Bretagna, che inaugura il 2022 all’insegna della convivenza con il Covid e del ritorno alla vita. «Le restrizioni alla libertà devono essere l’ultima risorsa», scrive il ministro della Salute inglese, Sajid Javid, in un editoriale sul Daily Mail, «e i britannici dovranno imparare a vivere insieme al Covid nel 2022. È inevitabile che vedremo ancora un grande aumento di casi di coronavirus il mese prossimo, e a causa dello sfasamento temporale tra infezioni e ricoveri vedremo ancora un grande aumento di persone che hanno bisogno di cure da parte del nostro sistema sanitario nazionale. Tuttavia, i numeri nelle unità di terapia intensiva sono stabili», aggiunge Javid, «e non seguono attualmente la traiettoria che abbiamo visto in questo periodo l’anno scorso durante l’ondata Alpha. Di conseguenza, abbiamo deciso di non mettere in atto ulteriori misure prima di questo nuovo anno e abbiamo accolto il 2022 con alcune delle misure meno restrittive in Europa. Le restrizioni alla nostra libertà devono essere l’ultima risorsa», ribadisce Javid, «e il popolo britannico si aspetta giustamente che facciamo tutto ciò che è in nostro potere per evitarle. Per aiutarci a raggiungere questo obiettivo, abbiamo costruito tre linee di difesa che, prese insieme, sono tra le più profonde e forti del mondo.
La prima», argomenta Javid, «naturalmente, è il programma di vaccinazione; in secondo luogo, abbiamo costruito un’enorme infrastruttura di test; la nostra terza linea di difesa sono le cure, e abbiamo il programma di antivirali più avanzato in Europa. La Medicines and Healthcare products Regulatory Agency (l’agenzia inglese di regolazione dei farmaci, ndr) ha approvato il Paxlovid, un trattamento antivirale all’avanguardia. Il Paxlovid si unirà a una serie di trattamenti Covid-19 che stiamo rendendo disponibili. Queste tre linee di difesa», sottolinea Javid, «terranno un gran numero di persone fuori dagli ospedali». Vaccini, test e cure: la ricetta inglese per uscire dal tunnel.
Con il super pass al lavoro rischio tilt per trasporti, turismo, cantieri e tribunali
Sarà un epifania, dal greco rivelazione. Il 5 gennaio il governo svelerà il suo profilo più ipocrita: non potendo imporre l’obbligo vaccinale renderà obbligatorio il super certificato vaccinale per poter lavorare, dimenticandosi che il lavoro è il diritto fondante della Repubblica (articolo 1 della Costituzione).
Mario Draghi, varando il 23 dicembre il decreto che ha modificato le quarantene e aprendo la strada al caos tamponi, ha detto chiaro che dopo l’obbligo vaccinale esteso a metà dei dipendenti pubblici - dai sanitari agli insegnanti passando per forze di polizia e di soccorso - si arriverà all’indispensabilità del super certificato verde per tutti gli altri. La decisione ci sarà al Consiglio dei ministri del 5 gennaio. Tra 72 ore 24 milioni d’italiani, se vogliono portare a casa uno stipendio, dovranno poter esibire oltre alla carta d’identità anche quella di (presunta) immunità. Una norma più facile a scriversi che ad applicarsi. I problemi che un obbligo di certificato verde conseguente a vaccinazione pone sono consistenti. Sia pratici che giuridici. E ce ne sono anche di politici. Gli effetti più immediati - e la prova generale si è avuta con le quarantene che hanno paralizzato i trasporti - saranno difficoltà nei collegamenti, blocco di molte imprese artigiane, cucine deserte nei ristoranti, porti e treni a scartamento ridotto e anche i servizi di sorveglianza ed emergenza potrebbero andare in crisi. Tra i non vaccinati ci sono almeno 2,8 milioni di lavoratori. Oltre due terzi di questi non si possono sostituire con lo smart working. Difficile guidare un Tir dal computer, e se i Tir non viaggiano le merci stanno ferme. La botta sull’economia sarà dura, ma l’ex presidente della Bce sembra non curarsene. Probabilmente l’accoppiata Draghi-Speranza farà come con le mascherine Ffp2: se non si trovano, o costano un occhio e sono insostenibili per molte famiglie, che gli italiani si arrangino. Come si devono arrangiare gestori e lavoratori delle discoteche e dello spettacolo, all’incirca 400.000 persone. I locali sono stati chiusi per decreto, ma non c’è nessuna prospettiva né di ristoro né di sostegno. La stessa storia riguarda 200.000 lavoratori del turismo rimasti senza cassa integrazione. E così è per teatri, palestre, stadi limitati nell’operatività dalla sera alla mattina senza nulla in cambio. Il 5 gennaio però si parla solo di obbligo. Lo vogliono Pd e Forza Italia che sarebbero anche per imporre il siero a tutti gli italiani, non ci stanno Lega e pentastellati. Ma anche molte Regioni premono per i divieti. Stando agli ultimi numeri i non vaccinati in età da lavoro sono attorno ai 2,8 milioni.
Tra i 40 e i 49 anni sono circa 1,2 milioni, un milione tra 50 e 59 anni e tra 30 e 39 anni poco meno di un milione. Sapere quanti di questi sono occupati è pressoché impossibile. Perfino il governo ha stime spannometriche. Circa 250.000 non vaccinati sarebbero nel pubblico, 1,8 milioni nel privato e 700.000 autonomi. Perciò con l’obbligo di super-certificato si rischia di non consegnare le merci. Tra i camionisti circa il 25% non è vaccinato e c’è la questione dei Tir che arrivano dall’estero. Tra i marittimi e i portuali la percentuale è più o meno analoga. Ci sono ancora circa 30.000 tra forze dell’ordine, forze armate, vigili del fuoco, agenti penitenziari che non hanno risposto all’obbligo vaccinale e dunque anche sorveglianza e interventi di emergenza possono entrare in crisi. Quello che è successo con la quarantena, con la cancellazione di centinaia di corse di treni, potrebbe diventare prassi perché tra i ferrovieri c’è un’incidenza di circa il 10% di non vaccinati. Simile la situazione nel trasporto urbano. Un aspetto molto delicato è quello della giustizia. I magistrati che pure hanno l’obbligo vaccinale non hanno quello di presenza se non in udienza, tra gli avvocati c’è una pattuglia folta di non vaccinati. Sarà un problema conciliare il super green pass con l’inalienabile diritto alla difesa. Nel manifatturiero i settori più esposti sono la meccanica, il legno, il vetro, l’alimentare e la plastica dove si concentra la maggior parte delle imprese artigiane. In allarme è l’edilizia (si stima che manchino 250.000 operai) che rischia il blocco dei cantieri. E poi c’è tutto il comparto turistico con il commercio che rischia di chiudere un negozio ogni dieci. Circa il 15% del personale non è vaccinato e in particolare per bar, ristoranti e alberghi, già in drammatica sofferenza economica, il super-certificato potrebbe essere la botta definitiva. A tutto questo si aggiunge la complicazione normativa e un probabile enorme contenzioso che allarma le imprese. L’obbligo di certificazione comporta per il lavoratore che ne è privo un’assenza ingiustificata, ma provvedimenti disciplinari. Il datore di lavoro sospende lo stipendio, ma deve conservare il posto al lavoratore. Può sostituirlo, ma con un contratto massimo di 20 giorni. E non è detto che il sostituto sia vaccinato. E che succede con i contratti a termine? Il presidente del Consiglio perciò sarebbe tentato dall’obbligo vaccinale. Ci sono però due ostacoli: lo Stato deve assumersi la responsabilità degli eventi avversi e la durata dei vaccini (per decreto si è stabilito che dopo quattro mesi va fatta la terza dose). Il governo può imporre il siero solo se assicura la terza puntura a tutti: 30 milioni in contemporanea. Ma per Mario Draghi e il suo fido ministro Roberto Speranza conta solo l’obbligo, se poi gli italiani non sanno come fare e l’economia va in pezzi non è affar loro.
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Riduci
Il ministro inglese: «Togliere le libertà è l’extrema ratio. Avremo altri contagi ma col virus si può convivere». Roberto Speranza & C. decisi a rovinare la vita a tutti senza motivo: super green pass al lavoro e Dad per non vaccinati.Allargare la card rafforzata a tutti i settori lascerebbe senza stipendio quasi 3 milioni di persone. Assenze che paralizzerebbero il Paese e causerebbero il caos normativo.Lo speciale contiene due articoli. La partita per il Quirinale, collegata direttamente a quella del nuovo governo se Mario Draghi dovesse essere eletto presidente della Repubblica, inizia il prossimo 5 gennaio. Un paio di settimane prima dell’inizio delle votazioni per eleggere il successore di Sergio Mattarella (salvo un clamoroso bis) è in programma infatti un Consiglio dei ministri che si annuncia assai incandescente, e che rappresenta i tempi supplementari di quello dello scorso 29 dicembre, quando Lega e M5s hanno fatto saltare, con la loro ferma opposizione in cabina di regia, il preconsiglio che vede presenti i capi delegazione di tutti i partiti di maggioranza, l’idea di estendere il super green pass a tutto il mondo del lavoro, a partire dai dipendenti della pubblica amministrazione, oltre quelli della sanità, della scuola e del comparto sicurezza, dove l’obbligo del certificato verde rafforzato è già in vigore. In questi giorni, Pd, Leu e Italia viva hanno manifestato pubblicamente la loro posizione a favore dell’obbligo vaccinale: i renziani hanno lanciato una petizione a favore di questa soluzione, la più drastica tra quelle possibili. Forza Italia resta in mezzo al guado: Silvio Berlusconi è stato uno dei primi leader politici italiani a dirsi favorevole all’obbligo vaccinale, ma ora c’è da tenere innanzitutto unito il centrodestra, perché il Cav vuole giocarsi fino in fondo la partita per il Colle, e Lega e Fratelli d’Italia sono nettamente contrari. «Certezze non ne abbiamo», dice alla Verità uno dei massimi esponenti del governo, «credo che Draghi ci proporrà il super green pass per il pubblico impiego e non altro. Onestamente nessuno se la sente di dire: “io ho la verità in tasca”. Tutti noi», aggiunge la fonte, «abbiamo mille dubbi su cosa sia meglio fare». La proposta di rendere obbligatorio il super green pass, ovvero quello che si ottiene con il vaccino o la guarigione ma non con il tampone, solo per il pubblico impiego, sarebbe una mediazione che potrebbe accontentare tutti, ma anche nessuno. Scontato il «no» della Lega, molto probabile anche quello del M5s: «Terremo la stessa linea della volta scorsa», anticipa alla Verità un big pentastellato, «non facciamo barricate ma non ne capiamo la ragione». Tra l’altro, l’estensione del super green pass solo al pubblico impiego non darebbe risposte al pressing di Confindustria che chiede l’obbligo vaccinale per tutti: il leader Carlo Bonomi ha più volte espresso questa linea, anche in maniera ruvida, perché col dilagare dei contagi le aziende si ritrovano a fare i conti con defezioni a raffica, tra positivi e quarantene. Draghi è in un imbuto, per la prima volta, e c’è il serio rischio che una frattura profonda nella variegata coalizione che lo sostiene, su un tema così delicato, vada a compromettere sia le sue chance di diventare Capo dello Stato sia le probabilità, in questo caso, di tenere unita la maggioranza con un altro premier.Mentre in Italia si discute su quali altre restrizioni introdurre, c’è chi agisce in maniera profondamente diversa. È il caso della Gran Bretagna, che inaugura il 2022 all’insegna della convivenza con il Covid e del ritorno alla vita. «Le restrizioni alla libertà devono essere l’ultima risorsa», scrive il ministro della Salute inglese, Sajid Javid, in un editoriale sul Daily Mail, «e i britannici dovranno imparare a vivere insieme al Covid nel 2022. È inevitabile che vedremo ancora un grande aumento di casi di coronavirus il mese prossimo, e a causa dello sfasamento temporale tra infezioni e ricoveri vedremo ancora un grande aumento di persone che hanno bisogno di cure da parte del nostro sistema sanitario nazionale. Tuttavia, i numeri nelle unità di terapia intensiva sono stabili», aggiunge Javid, «e non seguono attualmente la traiettoria che abbiamo visto in questo periodo l’anno scorso durante l’ondata Alpha. Di conseguenza, abbiamo deciso di non mettere in atto ulteriori misure prima di questo nuovo anno e abbiamo accolto il 2022 con alcune delle misure meno restrittive in Europa. Le restrizioni alla nostra libertà devono essere l’ultima risorsa», ribadisce Javid, «e il popolo britannico si aspetta giustamente che facciamo tutto ciò che è in nostro potere per evitarle. Per aiutarci a raggiungere questo obiettivo, abbiamo costruito tre linee di difesa che, prese insieme, sono tra le più profonde e forti del mondo.La prima», argomenta Javid, «naturalmente, è il programma di vaccinazione; in secondo luogo, abbiamo costruito un’enorme infrastruttura di test; la nostra terza linea di difesa sono le cure, e abbiamo il programma di antivirali più avanzato in Europa. La Medicines and Healthcare products Regulatory Agency (l’agenzia inglese di regolazione dei farmaci, ndr) ha approvato il Paxlovid, un trattamento antivirale all’avanguardia. Il Paxlovid si unirà a una serie di trattamenti Covid-19 che stiamo rendendo disponibili. Queste tre linee di difesa», sottolinea Javid, «terranno un gran numero di persone fuori dagli ospedali». 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Mario Draghi, varando il 23 dicembre il decreto che ha modificato le quarantene e aprendo la strada al caos tamponi, ha detto chiaro che dopo l’obbligo vaccinale esteso a metà dei dipendenti pubblici - dai sanitari agli insegnanti passando per forze di polizia e di soccorso - si arriverà all’indispensabilità del super certificato verde per tutti gli altri. La decisione ci sarà al Consiglio dei ministri del 5 gennaio. Tra 72 ore 24 milioni d’italiani, se vogliono portare a casa uno stipendio, dovranno poter esibire oltre alla carta d’identità anche quella di (presunta) immunità. Una norma più facile a scriversi che ad applicarsi. I problemi che un obbligo di certificato verde conseguente a vaccinazione pone sono consistenti. Sia pratici che giuridici. E ce ne sono anche di politici. Gli effetti più immediati - e la prova generale si è avuta con le quarantene che hanno paralizzato i trasporti - saranno difficoltà nei collegamenti, blocco di molte imprese artigiane, cucine deserte nei ristoranti, porti e treni a scartamento ridotto e anche i servizi di sorveglianza ed emergenza potrebbero andare in crisi. Tra i non vaccinati ci sono almeno 2,8 milioni di lavoratori. Oltre due terzi di questi non si possono sostituire con lo smart working. Difficile guidare un Tir dal computer, e se i Tir non viaggiano le merci stanno ferme. La botta sull’economia sarà dura, ma l’ex presidente della Bce sembra non curarsene. Probabilmente l’accoppiata Draghi-Speranza farà come con le mascherine Ffp2: se non si trovano, o costano un occhio e sono insostenibili per molte famiglie, che gli italiani si arrangino. Come si devono arrangiare gestori e lavoratori delle discoteche e dello spettacolo, all’incirca 400.000 persone. I locali sono stati chiusi per decreto, ma non c’è nessuna prospettiva né di ristoro né di sostegno. La stessa storia riguarda 200.000 lavoratori del turismo rimasti senza cassa integrazione. E così è per teatri, palestre, stadi limitati nell’operatività dalla sera alla mattina senza nulla in cambio. Il 5 gennaio però si parla solo di obbligo. Lo vogliono Pd e Forza Italia che sarebbero anche per imporre il siero a tutti gli italiani, non ci stanno Lega e pentastellati. Ma anche molte Regioni premono per i divieti. Stando agli ultimi numeri i non vaccinati in età da lavoro sono attorno ai 2,8 milioni. Tra i 40 e i 49 anni sono circa 1,2 milioni, un milione tra 50 e 59 anni e tra 30 e 39 anni poco meno di un milione. Sapere quanti di questi sono occupati è pressoché impossibile. Perfino il governo ha stime spannometriche. Circa 250.000 non vaccinati sarebbero nel pubblico, 1,8 milioni nel privato e 700.000 autonomi. Perciò con l’obbligo di super-certificato si rischia di non consegnare le merci. Tra i camionisti circa il 25% non è vaccinato e c’è la questione dei Tir che arrivano dall’estero. Tra i marittimi e i portuali la percentuale è più o meno analoga. Ci sono ancora circa 30.000 tra forze dell’ordine, forze armate, vigili del fuoco, agenti penitenziari che non hanno risposto all’obbligo vaccinale e dunque anche sorveglianza e interventi di emergenza possono entrare in crisi. Quello che è successo con la quarantena, con la cancellazione di centinaia di corse di treni, potrebbe diventare prassi perché tra i ferrovieri c’è un’incidenza di circa il 10% di non vaccinati. Simile la situazione nel trasporto urbano. Un aspetto molto delicato è quello della giustizia. I magistrati che pure hanno l’obbligo vaccinale non hanno quello di presenza se non in udienza, tra gli avvocati c’è una pattuglia folta di non vaccinati. Sarà un problema conciliare il super green pass con l’inalienabile diritto alla difesa. Nel manifatturiero i settori più esposti sono la meccanica, il legno, il vetro, l’alimentare e la plastica dove si concentra la maggior parte delle imprese artigiane. In allarme è l’edilizia (si stima che manchino 250.000 operai) che rischia il blocco dei cantieri. E poi c’è tutto il comparto turistico con il commercio che rischia di chiudere un negozio ogni dieci. Circa il 15% del personale non è vaccinato e in particolare per bar, ristoranti e alberghi, già in drammatica sofferenza economica, il super-certificato potrebbe essere la botta definitiva. A tutto questo si aggiunge la complicazione normativa e un probabile enorme contenzioso che allarma le imprese. L’obbligo di certificazione comporta per il lavoratore che ne è privo un’assenza ingiustificata, ma provvedimenti disciplinari. Il datore di lavoro sospende lo stipendio, ma deve conservare il posto al lavoratore. Può sostituirlo, ma con un contratto massimo di 20 giorni. E non è detto che il sostituto sia vaccinato. E che succede con i contratti a termine? Il presidente del Consiglio perciò sarebbe tentato dall’obbligo vaccinale. Ci sono però due ostacoli: lo Stato deve assumersi la responsabilità degli eventi avversi e la durata dei vaccini (per decreto si è stabilito che dopo quattro mesi va fatta la terza dose). Il governo può imporre il siero solo se assicura la terza puntura a tutti: 30 milioni in contemporanea. Ma per Mario Draghi e il suo fido ministro Roberto Speranza conta solo l’obbligo, se poi gli italiani non sanno come fare e l’economia va in pezzi non è affar loro.
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Riduci
Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Riduci
Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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