2022-12-05
«Non si rendono conto che questo governo è voluto dai cittadini»
Francesco Lollobrigida (Ansa)
Francesco Lollobrigida: «C’è chi non lo accetta, ma noi abbiamo mandato popolare. La maggioranza è chiara, no a scambi di poltrone».Occupa nella strategia del governo di Giorgia Meloni un posto chiave: passa attraverso di lui la difesa di un pezzo consistente del Made in Italy e il dialogo con una parte della base sociale di questo governo: agricoltori, produttori dell’agroalimentare, ma soprattutto cittadini-consumatori. Se il cibo, i prodotti italiani, sono i marcatori della nostra identità, Francesco Lollobrigida, una laurea in giurisprudenza e una formazione e militanza politica tutta nella destra e a fianco della presidente del Consiglio, ha in mano la sfida più importante: contrastare la globalizzazione che si fa omologazione. E convincere il paese che dal settore primario passa il nuovo sviluppo costruito sull’agri-cultura.L’Europa ha inarcato il sopracciglio sulla manovra italiana ricordandoci il peso del debito e molti spingono verso il Mes forse per incrementare i vincoli sull’azione di governo. Lei, ministro in Europa, avrà molto da dire sulla Pac, il Farm to fork, il Nutriscore, la mancata tutela dei nostri prodotti a marchio. Come ha impostato il suo rapporto con Bruxelles?«Proprio qualche giorno fa ho donato al direttore generale della Fao, Qu Dongyu, la Regola di San Benedetto da Norcia, patrono d’Europa. A testimonianza della centralità che ha per noi l’appartenenza all’Unione, un’appartenenza basata su valori e storia comune. Come ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ci relazioniamo con Bruxelles consapevoli di due elementi. Uno, l’Italia sta saldamente in Europa e coltiva ottime relazioni. Il secondo: l’Italia, ora, anche in Europa, difende il suo interesse nazionale. Come tutti gli altri governi, del resto. Sul Nutriscore, siamo fermamente contrari ai sistemi di etichettatura che mirano a condizionare il consumatore nelle sue scelte, sacrificando un’ampia e trasparente informazione. Saremo promotori di altri strumenti, idonei a garantire davvero la qualità ai consumatori».Restiamo in Europa dove si decide la politica agricola. Il peso di Giorgia Meloni a capo dei Conservatori a fronte di una crisi strisciante della maggioranza Ursula può dare all’Italia un nuovo protagonismo? «C’è un dato fondamentale, che ancora qualcuno stenta ad accettare. L’Italia oggi ha un governo politico, votato e voluto dai cittadini, che hanno dato un chiaro mandato popolare. Forse questa banale consapevolezza si era persa, ma il fattore politico è il sale anche del protagonismo di cui lei parla. A proposito di Europa, c’è un’altra buona notizia, la Commissione ha approvato il nostro Piano strategico per la Pac. Circa 37 miliardi che nei prossimi cinque anni sosterranno i produttori agricoli e agroalimentari italiani». Torniamo sulla manovra: che giudizio ne dà? Quali sono i punti qualificanti? «In manovra diamo segnali concreti, con una visione chiara. Le risorse a disposizione erano limitate, ma senza dubbio noi le usiamo al meglio. Contrasto al caro energia, grazie a 30 miliardi appositamente liberati, e attenzione al mondo del lavoro sono due capisaldi. La prospettiva per noi imprescindibile resta quella della crescita economica. Cito solo alcuni provvedimenti: pacchetto famiglia da un miliardo e mezzo di euro, tassa piatta incrementale che si applica su massimo 40.000 euro, taglio del cuneo fiscale. Siamo riusciti a ottenere un miliardo in più per il comparto e a confermare una analoga cifra per interventi che in passato erano stati temporaneamente previsti e avevano sortito effetti positivi».C’è il gioco a stabilire quanto possa durare il governo e si guarda alle interlocuzioni con Calenda come a un segno di fragilità della maggioranza. È in salute il centrodestra? «Lo ha affermato il presidente Meloni e lo dico anche io, il governo durerà. Ma soprattutto avrà ampio margine di manovra per fare tanto e bene per la nazione. Conosciamo i nostri alleati e siamo abituati a lavorare insieme, a ogni livello istituzionale. Ognuno con la sua identità, ma compatti di fronte a obiettivi ambiziosi. Le decisioni portanti della nostra azione di governo sono condivise e partecipate. Il perimetro di maggioranza è noto a tutti, ciò non toglie che se altri soggetti vogliono dare un contributo di idee per il bene dell’Italia sono i benvenuti. Ma è diverso dallo scambio di poltrone, che non ci appartiene. E lo abbiamo ampiamente dimostrato».Finalmente abbiamo un ministero che dà valore identitario, territoriale e culturale al settore primario e alla filiera. Come intende sostanziare la sovranità alimentare? «Anche quella sulla denominazione del ministero è una scelta politica netta. Di discontinuità e di omaggio alle nostre eccellenze, che dobbiamo difendere con priorità. La sovranità alimentare assicura, da un lato, il produttore tutelando il nostro modello e il nostro sistema produttivo e dall’altro il consumatore finale, con la garanzia di cibo disponibile per tutti e di qualità. In legge di bilancio ho chiesto e ottenuto un fondo ad hoc da 100 milioni di euro, con il quale potenziare anche gli approvvigionamenti di materie prime per la nazione». Vinceremo la battaglia sul Nutri-score e sul Farm to fork, porta d’ingresso dei cibi sintetici?«Con me al Masaf e con il governo Meloni alla guida della nazione, posso garantire che daremo battaglia per evitare che il nostro modello venga sostituito da cibo prodotto in laboratorio. Sulla difesa di questo concetto non indietreggiamo di un millimetro. Intanto, un primo risultato è il rinvio al 2024 del Nutriscore, che al momento è stato tolto dall’agenda europea. Quella che vogliamo è un’Europa forte e fondata su valori comuni, non “sintetica” e condizionata da scelte che ne cancellano le stesse ragioni su cui si incentra la comune appartenenza».È preoccupato per la tenuta dei consumi e per la tendenza che hanno gli italiani a mangiare meno e peggio? «I dati che lei cita colpiscono perché dicono una cosa lampante e grave: ci sono troppe famiglie in difficoltà. Le stiamo aiutando anche in manovra, con un fondo da 500 milioni di euro per aiutare le fasce più deboli. Certo è che le nostre eccellenze hanno un determinato costo, emblema dello sforzo delle filiere sulla ricerca costante della qualità. La nostra nazione vanta una delle percentuali più alte in Europa di superficie coltivata con metodo biologico: il 17,4% nel 2021, a fronte del 9,5% in Germania, 10% in Francia, 10,7% in Spagna. Stiamo già facendo molto e dobbiamo fare sempre di più sulla promozione e sul contrasto a contraffazione e italian sounding. Questa eccellenza va premiata e valorizzata». Come si fa a incentivare la sovranità alimentare attraverso lo sviluppo agricolo? «Lo sappiamo ed è evidente, l’Italia non è competitiva sul piano della quantità ma siamo una superpotenza della qualità. Non saremo mai totalmente autosufficienti, ma possiamo rafforzare ancora di più il settore primario per evitare crisi di sistema come quella frutto dell’aggressione della Russia all’Ucraina. La nostra è un’agricoltura che tutto il mondo ci invidia e il nostro sistema agroalimentare ha margini smisurati di sviluppo. Stiamo mettendo in campo strumenti nuovi e punteremo anche su incentivi per il recupero degli spazi abbandonati. Abbiamo ottenuto in bilancio 225 milioni per l’innovazione».La sciagura di Ischia non pone come centrale il ruolo dell’agricoltura anche come sentinella del territorio? «Il dissesto idrogeologico è un dramma, anche qui voglio rivolgere un pensiero di cordoglio alle vittime di Ischia. Ma i mezzi per contrastare questo fenomeno non mancano. L’agricoltura è uno di questi, grazie alla cura del territorio a essa collegata. Può essere utilizzata in maniera dinamica, anche in termini di prevenzione. La cura dei territori e la forestazione sono al centro della nostra agenda». Avete reintrodotto i voucher per ovviare alla carenza di manodopera nei lavori stagionali in parte determinata anche del reddito di cittadinanza. Ma i voucher bastano a contrastare fenomeni di caporalato? La vicenda Aboubakar Soumahoro non pone l’esigenza di una riforma complessiva del mercato del lavoro in agricoltura? «Al contrasto del caporalato ho dedicato uno dei miei primi atti da ministro. È l’avvio di un percorso per assicurare condizioni di lavoro sempre migliori, tutelare salute e sicurezza, combattere l’odioso fenomeno dello sfruttamento dei lavoratori. Sul Reddito di cittadinanza continuano le distorsioni e la cattiva informazione. Centinaia di aziende sono costrette a ricorrere a lavoratori immigrati perché non trovano italiani, nonostante propongano un regolare contratto. Non è possibile, perché se è vero che gli occupabili possono legittimamente rifiutare offerte di lavoro regolare, dall’altro non possono farlo a spese dei cittadini. Ho visto immagini in tv di percettori di reddito che dicono che se gli verrà tolto andranno a rubare. Mi chiedo: prima di farlo, non possono pensare di occupare uno delle centinaia di migliaia di posti liberi in agricoltura, nel turismo o nell’industria? Chi difende il principio secondo cui questi lavori non sono idonei per gli italiani sostiene un concetto razzista, ossia quello che giustifica una sorta di “importazione di schiavi”. Su questo strano meccanismo bisogna riflettere molto…».