
Il governo usa la facciata ambientalista per ridurre la tassazione solo dei prodotti che costano di più e sono introvabili.Nonostante i proclami e le fanfare in salsa femminista, dal 2020 le donne non spenderanno di meno per gli assorbenti. Con il via libera del Senato al decreto fiscale infatti, dal primo gennaio, per i prodotti per la protezione dell'igiene femminile, l'Iva scenderà dal 22 al 5%, ma solo per quelli compostabili, lavabili, ovvero quelli (presuntamente) più ecologici e le coppette mestruali. Dopo la bocciatura dell'emendamento proposto da Laura Boldrini, che proponeva di ridurre l'Iva al 10% per tutti i tipi di assorbenti, ad avere la meglio è stata la proposta della grillina Vita Matrinciglio. Già il mese scorso la misura era stata salutata, con un post su Twitter, dal ministro dell' Economia Roberto Gualtieri come «un primo segnale di attenzione per milioni di ragazze e donne». A chi si riferisse il ministro non è dato sapere, visto che si parla di prodotti di nicchia, sconosciuti anche ad alcune donne. Partiamo dagli assorbenti compostabili (ovvero quelli che completano il processo di decomposizione in meno di tre mesi). Numeri alla mano, forniti dall'associazione dei ginecologi Aogoi, rivelano che questo tipo di prodotti rappresenta meno dell'1% del totale, lo 0,2% di quelli venduti in farmacia e lo 0,6% di quelli venduti nei supermercati. Su quasi 193 milioni di assorbenti venduti, solo 1 milione è biodegradabile. Un mercato tenuto in piedi dalle donne con allergie che non possono utilizzare i prodotti sintetici. Questi prodotti inoltre si trovano con difficoltà, se non cercandoli nei negozi specializzati nella vendita di articoli «bio» o sugli e commerce specializzati. Meglio comunque di nulla, si potrebbe pensare. Le donne che vogliono risparmiare dovranno «solo» scomodarsi a cercare meglio o fare un ordine su Internet. E invece no, oltre al danno, la beffa: gli articoli in questione, anche dopo il taglio dell'Iva, costeranno di più di quelli usati dalle comuni mortali. Una confezione da dieci pezzi di assorbenti Ecoluna di cotone biologico costa 4,90 euro. Con il taglio della tampon tax, saranno venduti a 4,20 euro. Quelli di Natracare, sempre dieci pezzi, sono acquistabili al prezzo di 4,30 euro. La confezione notte di Vivicot costa 3,78 euro. Al supermercato, un pacco di assorbenti «non bio», ovvero quelli usati dalla stragrande maggioranza delle donne, ha un costo che non supera i 3,80 euro, ma che rimane anzi tendenzialmente più basso, nonostante l'esorbitante tassazione. Anche agli assorbenti «lavabili o riutilizzabili» verrà applicata la riduzione dell'Iva ma, presumibilmente, non saranno molte le ragazze che torneranno con entusiasmo a dei prodotti simili a quelli usati dalle loro nonne 60 anni fa, da sciacquare a mano in acqua fredda prima di essere messi in lavatrice. Le coppette mestruali, invece, consentirebbero effettivamente un risparmio ma, per la loro natura poco pratica, non sono scelte da molte donne che preferiscono utilizzare i più pratici assorbenti, con sommo sbigottimento del capogruppo del M5s alla Camera Francesco D'Uva che alcuni mesi fa spiegò che le donne dovrebbero utilizzare le coppette igieniche o tornare agli assorbenti di stoffa per non danneggiare l'ambiente. Il governo ha infatti giustificato la scelta di non detassare i classici assorbenti usa e getta, nascondendosi dietro al ritornello ambientalista, per non ammettere di non voler rinunciare all'introito sicuro, circa 555 milioni di euro, proveniente dalla vendita di assorbenti, che in Italia vale circa 2,5 miliardi l'anno. Laura Boldrini, in prima fila nella battaglia per abbassare le spese delle donne dietro lo slogan «il ciclo non è un lusso» non sembra essere scandalizzata da un provvedimento che riguarda solo la fortunata élite che ha la fortuna di poter pensare alla salvezza del pianeta e non a far quadrare i conti a fine mese. Per le donne che non possono o non vogliono (legittimamente) sottostare alle imposizioni pseudo ecologiste di chi vorrebbe decidere cosa devono usare durante il loro ciclo mestruale, non resta altro che continuare a spendere annualmente in media 126 euro per i prodotti tassati al 22%.
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Giusi Bartolozzi (Ana)
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