2021-02-22
«Da Grillo un bel “vaffa” a sé stesso»
L'ex ideologo dei 5 stelle Paolo Becchi: «Mario Draghi l'ha fregato, il ministero ambientale non ha poteri. Entrando nel governo senza una battaglia identitaria, Beppe Grillo ha certificato che il Movimento è diventato un partito come tutti gli altri».Paolo Becchi, filosofo ed ex ideologo del Movimento 5 stelle, oggi il campo pentastellato è divenuto un Vietnam. «I grillini con l'ingresso in questo governo non sono più marziani», dice Beppe Grillo. «Grillo racconta che i dissidenti stanno su Marte, mentre i capi del partito restano sulla Terra. Invece con i comportamenti di questi giorni finiranno direttamente “sotto" terra». Cioè?«Del Movimento 5 stelle rimarranno solo le stelle. Quelle che gli faranno vedere gli elettori alle prossime amministrative. E pensare che l'intuizione iniziale di Grillo pareva buona».Quale intuizione?«Premessa: il Movimento delle origini è morto da tempo. Dovevano rovesciare l'Italia con un calzino: non hanno fatto nulla. Già nel 2016 li abbandonai, prevedendo che da entità antisistema e post ideologica sarebbero finiti nell'alveo del centrosinistra». Quindi?«Quindi, quando è arrivato Mario Draghi, per salvare il salvabile Grillo prova a trasformare il partito del “vaffa" nel partito dell'ecologia. In effetti, in Italia manca un fronte politico green, che per esempio in Germania va fortissimo». Perché l'intuizione «ecologica» è naufragata?«Perché Grillo si è fatto ingannare da Draghi. Dentro il superministero c'è solo una bella etichetta, “transizione ecologica", ma zero poteri». E il ministro Roberto Cingolani?«Bravo, ma non c'entra nulla con i 5 stelle. Per carità, avrà incontrato Grillo a Genova nel suo istituto tecnologico. Gli avrà fatto vedere due robottini, ma finisce lì».Insomma, un grande inganno. «Fosse stato un superministero vero, con all'interno lo Sviluppo economico, i grillini avrebbero fatto benissimo a entrare in maggioranza. Ma così è solo uno slogan». E per il resto? «Per il resto i 5 stelle hanno portato a casa solo briciole. Tipo il ministero degli Esteri per Giggino. E stiamo parlando del partito di maggioranza relativa del Parlamento».Grillo cosa avrebbe dovuto fare? «Prendere atto che è stato fregato, e placare la rivolta della base facendo ripetere la votazione su Rousseau, ormai falsata dagli eventi. Invece ha fatto il padre padrone che dice: mi sono rotto, si fa come dico io». Risultato?«Entrando nel governo senza una battaglia identitaria, Grillo ha certificato che il Movimento è diventato un partito come tutti gli altri. In sostanza, ha detto “vaffa" a sé stesso. Ha perso la faccia. Si è guardato allo specchio, e si è mandato a quel paese da solo». Da qui l'epurazione dei parlamentari che non hanno votato la fiducia. «Decisione illegittima, visto che al momento non esiste neanche un capo politico». È stata avviata la procedura di espulsione dal Movimento...«Siamo alle purghe staliniane. L'obiettivo è precludere ai dissidenti la possibilità di candidarsi per il comitato direttivo. Ma la partita è ancora aperta».Perché? «I ribelli non hanno ancora gli strumenti per combattere. Chi parla di scissione adesso commette un errore strategico. La situazione è ancora troppo fluida». Quindi?«Prima di fondare un nuovo gruppo, i dissidenti devono battagliare dall'interno, organizzare un colpo di Stato contro Grillo, che ha tradito il Movimento forse anche per motivi personali». Antonio Di Pietro ha offerto ai fuoriusciti il marchio dell'Italia dei valori. Lei accetterebbe?«Ma no. Che c'entra Di Battista con l'Italia dei valori? Queste sono piccole manovre da parte di grillini “acquisiti". E poi mi chiedo: chi è il vero proprietario del marchio 5 stelle? Forse l'associazione Casaleggio? Giuridicamente, la questione è tutt'altro che semplice». Già, Davide Casaleggio: su quale fronte sta giocando? «Ha tentato una mediazione. Ha cercato di evitare le espulsioni, ma è stato messo a tacere. Ora sta alla finestra». Ma resterà una figura chiave. «Al punto che i dissidenti alle prossime elezioni potrebbero adoperare il simbolo dell'Associazione Rousseau, con la benedizione di Casaleggio. Sarebbe un ritorno alla purezza del Movimento contro la nuova casta pentastellata». Sul serio?«Perché no? Del resto, Rousseau è nato quando Gian Roberto Casaleggio si è accorto che Grillo voleva piegare il M5s in una direzione che lui non gradiva. Rousseau è nato per salvare il movimento da Grillo. E ora siamo al finale di partita». A chi dovrebbe affidarsi questa nuova creatura?«Presto per dirlo. Il punto di partenza è che i dissidenti incarnano in questo momento l'idea autentica del Movimento. L'unica possibilità che hanno, se la frattura diventerà insanabile, è creare una sorta di Movimento due punto zero». E Di Maio, che potrebbe correre per la direzione? «Nelle macerie, lui è l'unico che ci guadagna. Ha fatto un capolavoro. È stato nel governo gialloverde, poi giallorosso, poi con Draghi. Starebbe in qualsiasi governo. Sarà in qualsiasi governo». Addirittura?«È il nuovo Casini. Ora che ha eliminato ogni dissenso interno, a cominciare da Conte, può di nuovo riprendersi la guida del M5s. Altro che “bibitaro": se li è bevuti tutti». Giuseppe Conte resterà all'università? «Non gli perdono di aver sabotato il governo gialloverde, che consideravo un interessante esperimento di piccola unità nazionale. Era un qualcosa di nuovo, che segnava la vera fine del bipolarismo. In quel contesto, Conte ha iniziato facendo il notaio: poi ha acquisito potere, e ha preso a seminare zizzania tra Lega e M5s. Fino alla crisi». E poi? «Poi Conte si è messo in testa di diventare il nuovo Romano Prodi, mettendosi a capo di uno schieramento di centrosinistra. Un sogno che coltiva ancora adesso. Solo che ora le cose sono più complicate: il clima è molto cambiato». Se i grillini si spaccano, il governo Draghi vacillerà?«No, le vicende del Movimento saranno ininfluenti, Draghi reggerà lo stesso. E tutto sommato, che ci sia qualcuno all'opposizione mi sembra salutare». Non gradisce la soluzione Draghi?«Al contrario, io ho sostenuto l'idea di Draghi già nel marzo 2020. Serviva un governo di transizione, perché il governo Conte bis ci stava trascinando nel baratro. Su Draghi non metto la mano sul fuoco, ma non vedo alternative. Il problema è un altro».Quale?«Il programma di Draghi è ancora quello che leggemmo a suo tempo sul Financial Times? Banche che prestano denaro gratis a famiglie e imprese? In altre parole: Draghi è lì solo per maneggiare un po' meglio il Recovery rispetto a Conte, oppure vuole realmente cambiare le cose?».Di certo c'è che «l'euro è irreversibile». «Ecco, c'era bisogno di dirlo? Non credo, è un concetto scontato. Io mi occuperei di uscire dall'irreversibilità del lockdown. E su questo mi aspetto scelte nette».Alcune idee lei le ha messe per iscritto nel suo ultimo libro, L'incubo di Foucault.«Il lockdown serve solo a distruggere l'economia del Paese. E non sto dicendo che uno debba andarsene tranquillamente in giro senza protezioni. Ma la chiusura delle case e degli esercizi commerciali è una decisione stalinista, che può andare bene in Cina, dove se ne approfittano per eliminare i dissidenti». Anche negli altri Paesi d'Europa si procede con le chiusure. «Ma non esiste alcun Paese nel mondo con un lockdown permanente da più di un anno. Solo in Italia non puoi cambiare regione, mentre in Germania puoi andare tranquillamente da Francoforte a Berlino». Quindi?«Cosa aspetta Draghi a chiudere il Comitato tecnico scientifico? Temo invece che, con la conferma di Speranza, il premier dimostri di condividere la strategia sanitaria del precedente governo. E questo è gravissimo». Dicono sia un governo più sbilanciato a sinistra. Ma in realtà adesso gli azionisti di maggioranza sono nel centrodestra. «Calcoli inutili. Della destra e della sinistra Draghi può tranquillamente sbattersene». Che ne pensa della svolta europeista salviniana? È la fine del sovranismo?«Ma quando mai. Andatevi a rivedere l'ultimo congresso federale della Lega, nel 2019. L'intervento programmatico l'ho fatto io, chiamato da Salvini». Lei? «Sì, e dissi una cosa semplicissima: l'unico modo per spiegare il sovranismo è nel superamento del nazionalismo. Un sovranismo federale e liberale può benissimo coniugarsi con l'appartenenza all'Unione europea. Mi hanno dato tutti ragione». Quindi c'è lei dietro il cambiamento di direzione leghista?«Ho cercato di spingerli in questa direzione. Ci sono stati vari messaggi con Matteo Salvini durante le consultazioni, e alla fine si sono convinti. Alla fine mi pare la Lega abbia preso una decisione valida, ottenendo ministeri di peso, anche in termini di visibilità». Ha fatto vincere la Lega di Giancarlo Giorgetti?«Quale Lega di Giorgetti? Io conosco sia lui sia Salvini, e posso dire che c'è una Lega sola».Ci sta dicendo che, tutto sommato, dietro la genesi del governo di Mario Draghi c'è una sua intuizione?«Beh, questo lo lascio dire agli altri».