2020-03-23
Marion Maréchal Le Pen: «Il virus dimostra che l’Ue è una farsa»
Marion Maréchal Le Pen (Ansa)
La leader della destra francese: «Con la pandemia sono crollati Schengen, Maastricht e la solidarietà tra Stati. Quest'Europa è ridotta a uno zerbino di Erdogan. Adesso ci vuole un'alleanza latina per riscriverne le regole».Marion Maréchal, nipote di Marine Le Pen, è la rampolla della casata della destra francese. Fidanzata con l'eurodeputato leghista Vincenzo Sofo, nel 2017 ha lasciato la politica attiva nel Rassemblement national e si è dedicata alla cultura. Ha da poco esportato a Madrid il suo Istituto di scienze sociali, economiche e politiche, fondato a Lione nel 2018. E dalle sponde del Rodano, passa in rassegna i dogmi europei sbriciolati dalla pandemia.Ursula von der Leyen dice: il coronavirus non conosce confini.«Ed Emmanuel Macron ha trovato il modo di castigare il rischio di un “ripiegamento nazionalista". Ma questo è proprio il virus della globalizzazione!».Cioè?«L'emergere della pandemia e le sue disastrose conseguenze sono il risultato della libera circolazione degli uomini, in particolare nell'area Schengen, oltre che di un'economia postnazionale».Cosa intende?«La globalizzazione economica ha portato alla delocalizzazione di molte attività strategiche, per non dire vitali. E la stiamo pagando molto dolorosamente, l'Italia come la Francia: di fronte alla carenza di attrezzature e medicine, vediamo quanto sia drammatico non produrre mascherine o respiratori sul nostro territorio».Bisogna riappropriarsi dei settori strategici?«La Francia è costretta a chiedere aiuto alla Cina per ricevere urgentemente 1 milione di mascherine. Anche l'Italia ha ricevuto attrezzature da Pechino. Speriamo che questa crisi costringa i nostri governi a capire che salute, energia, agricoltura e difesa sono settori di cui dobbiamo restare padroni».In Italia stiamo patendo i 37 miliardi di tagli alla sanità…«Sotto assurde ingiunzioni dell'Europa, portato di una logica economica sbagliata, i nostri governi hanno distrutto la sanità pubblica, imponendole di funzionare secondo regole di mercato e causando la rimozione di migliaia di posti letto e la chiusura di molti ospedali».In Francia, però, c'è il triplo di posti letto in terapia intensiva dell'Italia.«Ma abbiamo anche scoperto che, fino al 2010, lo Stato disponeva di una consistente scorta di mascherine».Finite dove?«Dopo l'epidemia di H1N1, si decise che era inutile mantenere questa riserva…».Come ha reagito l'Europa alla pandemia?«L'Ue è lo zerbino di Erdogan e ha dimostrato ancora una volta la propria inutilità. Eppure è veloce a intervenire, quando si tratta di sottomettere la Grecia…».Ma alla fine, Christine Lagarde è stata costretta a tirare fuori il «bazooka» della Bce: 750 miliardi di quantitative easing.«Sotto la pressione combinata di Francia, Italia e Spagna. È una bella lezione sui rapporti di forza di cui i nostri governanti farebbero bene a tenere conto in futuro».A che si riferisce?«Abbiamo visto in atto la famosa alleanza latina di cui ho parlato alla conferenza dei conservatori a Roma, qualche settimana fa».Ora ci arriviamo. Nelle emergenze, le decisioni vere le prendono ancora gli Stati nazionali?«Certo. Ed è giocoforza constatare che la solidarietà, che presumibilmente dovrebbe legare i membri dell'Unione, non c'è stata».L'idea di Unione si è sgretolata?«Ma quante crisi finanziarie, economiche, sanitarie e migratorie ci vorranno perché i nostri leader comprendano che questa cosiddetta Unione è una farsa?».In effetti, il Covid-19 ha fatto franare tutti i dogmi europei: Patto di stabilità, vincoli di bilancio, limiti all'intervento della Bce, Schengen… Ci hanno presi in giro, presentandoceli per anni come principi irreversibili?«Be', almeno in questo dramma abbiamo una buona notizia…».Quale?«Appunto, che esplodono lo spazio Schengen e Maastricht, che Angela Merkel opera apertamente in solitaria. Nel suo discorso alla nazione, non ha pronunciato neanche una volta la parola “Europa"».Perché è una buona notizia?«Perché questa disgregazione e questo schiarimento forse ci consentiranno di riconfigurare il modello europeo e di liberarci da alcune regole dannose».Crede?«Dovremo affrontare grandi sconvolgimenti economici e sociali a causa di questa crisi. È chiaro che non si potrà andare avanti con le regole attuali».Cosa si aspetta?«Speriamo che gli Stati membri, in particolare Italia e Francia, approfittino di questa flessibilità per reinvestire nei servizi pubblici, nella ricerca, nell'educazione. E che non si facciano scrupolo a incoraggiare il ritorno in patria delle produzioni strategiche. Speriamo di liberarci dai parametri imposti dai tedeschi, che hanno dimostrato mancanza di solidarietà nei confronti dei partner europei».Diceva che per cambiare l'Europa serve un fronte latino. «Serve un sottoinsieme di Paesi che possano riequilibrare i rapporti di forza, sul modello di Visegrád o della Nuova Lega anseatica». A che pensa, precisamente?«A un'alleanza tra Italia, Francia e Spagna, nazioni con una cultura e interessi politici comuni, che hanno particolarmente sofferto le politiche dell'Ue».Come ci si arriva, se i governi dei Paesi mediterranei sono tutti vicini all'attuale establishment Ue?«Gli interessi comuni sono più forti delle logiche di partito. E poi, io scommetterei su un'evoluzione politica in questi Paesi nei prossimi anni».Ha tante idee innovative. Perché lasciare la militanza di partito?«Ho sempre pensato che impegnarsi nel campo culturale, educativo, mediatico, sia il prerequisito di qualunque vittoria elettorale».Antonio Gramsci la definì egemonia culturale…«Sì, la sinistra l'ha capito perfettamente e ha esercitato una vera egemonia intellettuale e umana su tutte le leve del pensiero: arte, scuola, università, giornali».E vuole che la destra prenda in prestito questo metodo?«Non sono una seguace di Gramsci, ma il suo pensiero è pieno di sagge lezioni sulla necessità della lotta culturale».Lotta culturale?«Anziché denunciare l'egemonia della sinistra, bisogna costruire poli alternativi. Questo è esattamente ciò che facciamo all'Issep».La sua scuola di formazione?«Dinanzi al conformismo ideologico e allo spirito militante che prevalgono nel sistema d'istruzione superiore francese, offriamo una scuola di qualità, affezionata al pluralismo intellettuale e alla libertà di dibattito».Che accade alla sua Francia, dove persino i vigili del fuoco hanno manifestato contro Macron?«La Francia è di fronte a un paradosso. Il nostro presidente della Repubblica gode dei poteri più estesi nel mondo occidentale, ma è condannato all'inazione per mancanza di legittimazione politica».Com'è potuto succedere?«Macron è il presidente eletto con meno voti della quinta Repubblica. È il risultato dello sbarramento contro Marine Le Pen».Arrivano da qui i gileti gialli?«Sono il volto di una Francia dimenticata per anni, “periferica", impoverita dalla deindustrializzazione, dalla graduale scomparsa di servizi e investimenti pubblici».Non vede troppo nero?«Magari gli italiani non se ne rendono conto, ma la Francia ha 9 milioni di poveri e un tasso di disoccupazione reale quasi del 10%. E Macron non ha risposte per quest'ansia sociale e questo declassamento. E a ciò si aggiunge il suo stile sprezzante».A minare la coesione sociale, contribuiscono periferie islamizzate e infiltrazioni di estremisti in polizia ed esercito?«Secondo l'intelligence, ci sono 152 quartieri in mano agli islamisti. La Francia è una polveriera e per accenderla basta una scintilla».La situazione è tanto grave?«Ricorda le rivolte del 2005?».Quelle nelle banlieue?«La situazione, in quei quartieri, è peggiorata».Addirittura?«Le moschee salafite non sono state chiuse. Gli imam radicali, due terzi dei quali sono stranieri, continuano a predicare. Qatar, Arabia Saudita e Turchia versano fondi senza controllo. I Fratelli musulmani si infiltrano persino nelle società sportive. I funzionari eletti locali favoriscono l'emergere di “ecosistemi islamisti" per comprarsi il voto delle comunità musulmane».E cosa sta facendo lo Stato per riprendere il controllo?«Le autorità pubbliche sono paralizzate. Non si muovono per paura di stigmatizzare la comunità musulmana, di sfidare il dogma dell'immigrazione benefica, di sconvolgere la pace sociale, che è stata tragicamente comprata da trafficanti e islamisti che assicurano l'ordine in questi quartieri».E Macron?«Non ha alcuna visione sull'argomento. Il suo recente discorso sul “separatismo" dall'islam politico è estremamente debole e cerca di tenere buoni tutti».Questo separatismo certifica il fallimento del modello liberale, l'arcipelago multiculturale che alla fine diventa una giungla in cui vige la legge del più forte?«Il modello liberale è incoerente». In che senso?«Nella società individualista, in cui i desideri e la libertà di ogni persona prevalgono sulla comunità, la morale comune e il diritto naturale, l'armonia sociale può sussistere solo in un contesto culturalmente e persino etnicamente omogeneo. Ma è proprio in virtù di questa libertà radicale che abbiamo consentito la libera circolazione delle persone e il multiculturalismo. Il modello liberale quindi ha in sé il germe della sua distruzione».Il cattolicesimo che ruolo culturale ha oggi?«Nella società francese, la Chiesa non svolge più un ruolo strutturale. Ma i francesi vedono l'eredità cristiana come un rifugio d'identità che consente loro di definire sé stessi a fronte dell'alterità derivante da immigrazione, rivendicazioni islamiche, o rispetto alla sinistra postnazionale».Per i sovranisti, il cattolicesimo si riduce a elemento identitario?«Personalmente, ci vedo anche un deposito di saggezza e ispirazione. Le quattro virtù cardinali - giustizia, prudenza, forza e temperanza - come il diritto naturale o l'antropologia cattolica, sono bussole che aiutano a orientarsi tra le sfide del nostro tempo».
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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