2021-05-31
«Gli atleti vincono e noi affondiamo»
L'olimpionico di nuoto, Luca Sacchi, gestisce due piscine nel Milanese: «Ignoranza e superficialità nella decisione di farci riaprire soltanto a luglio. I supermercati sì e noi no: perché? Troppe misure pretestuose e false promesse».Mentre a colpi di bracciate, gambate e passione conquistavano 10 medaglie d'oro, 14 d'argento e 20 di bronzo, agli Europei di Budapest i nostri azzurri hanno protestato silenziosamente lanciando l'appello #salviamolepiscine. Agli italiani senza tessera da agonisti una nuotata - per sport o per relax - è ancora vietata, e gli impianti al chiuso resteranno sbarrati fino a luglio. L'unica speranza resta la zona bianca, ma è un privilegio concesso a oggi a sole tre regioni, che potranno derogare il blocco. Per tutto il resto del Paese corsie, cuffie e occhialini restano ancora un miraggio. Il presidente della Federazione italiana nuoto, Paolo Barelli, lo ha detto chiaro qualche giorno fa: «È allucinante vedere tifosi assembrati fuori San Siro, mentre le piscine sono ancora chiuse. I gestori sono vicini al fallimento. Inaccettabile». Luca Sacchi tifa proprio Inter. È la voce che porta nelle case degli italiani il nuoto agonistico, con le sue telecronache in tv, e ai festeggiamenti milanesi per lo scudetto non ha partecipato. E non per paura di prendersi il virus, ma perché resta incredulo rispetto a quella che ritiene una assurda discriminazione. Nel 1992 si rendeva protagonista di un bronzo alle Olimpiadi di Barcellona, nei 400 misti. Oggi Sacchi è presidente della società Dds, di Settimo Milanese, centro sportivo con due piscine da 25 metri fondato dal padre Remo. Ancora non si capacita della «superficialità, incuranza e ignoranza» che tiene chiuse le porte degli impianti indoor. Che campioni, gli italiani degli Europei. C'è un segreto, dietro a un medagliere così ricco?«Abbiamo schierato davvero una bella squadra. Tutti gli atleti hanno dato il massimo e sono soprattutto molto uniti tra loro, senza timori reverenziali l'uno verso l'altro, diversamente dalle competizioni precedenti. Poi c'è il record del mondo nei 50 a rana di Benedetta Pilato: una fuoriclasse assoluta. L'Italia del nuoto c'è». Gli agonisti sono gli unici amanti del nuoto per i quali le piscine sono rimaste sempre aperte. Per fortuna, vien da dire, visti i risultati. «Diversamente rispetto a quando facevo io le gare, al giorno d'oggi fare nuoto ad alti livelli è un insieme di allenamento in acqua e a secco, di particolari curati nel dettaglio. Alimentazione, riposo e supporto mentale fanno la differenza, vanno a comporre la prestazione. Gioisco per loro, per il successo di questo campionato, in un anno che però purtroppo è stato un insieme di dubbi e preoccupazioni continue per il mondo delle piscine». La storia, come per tutti, ha inizio a marzo scorso. «Sul primo lockdown nessuno discute più, è il passato. Si era chiuso tutti, così anche noi. Ma già lì abbiamo sofferto più di altri: in Lombardia, ad esempio, non abbiamo potuto accogliere nessun cliente per tre mesi e una settimana, più del doppio rispetto ad altre regioni. L'ultimo slittamento dell'apertura degli impianti indoor è stata proprio la ciliegina su una torta fatta male, anzi avariata». Ristori, però, ne avete avuti. «Certo, peccato siano incommentabili. Li definirei assurdi. Prima cifre irrisorie, che non coprivano nemmeno le spese per le utenze. Poi quelli dati senza alcun criterio razionale: c'è chi, pensi, ha guadagnato più di quanto non avrebbe fatto lavorando. Dare 600 euro al mese a chiunque abbia fatto richiesta, sotto un certo reddito, ha avuto il risultato che anche chi lavorava tre o quattro ore a settimana in piscina per arrotondare gli studi, ha incassato come chi di nuoto ci campa, con famiglie da mantenere». Paga pantalone. «Sì, ma qui si è scelto di realizzare un esborso molto alto anche per situazioni che non avevano reale bisogno».Cosa è mancato e cosa manca, a suo giudizio?«Le informazioni sono state sempre frammentarie, senza mai una visione di insieme. Un atteggiamento costante. Non c'è stata alcuna variazione anche se il governo è cambiato».Per gli agonisti, si diceva, avete tenuto aperto. «Bene, però gli agonisti non bastano e non sono bastati per tenere in pareggio i conti di un impianto sportivo con piscina. Inizialmente ci dissero si sarebbe trattato di un mese, abbiamo stretto i denti. Ma con il passare del tempo abbiamo cominciato a rimetterci. Una lenta agonia. Dal punto di vista economico è stato un aggravarsi continuo, di mese in mese. E questo accadeva mentre gli studi dimostravano che il nostro elemento caratterizzante, e cioè il cloro, era una tutela per chi entra in vasca».Studi scientifici?«Giudichi lei: l'ex direttore esecutivo dell'Ema, Guido Rasi, microbiologo, ha citato nei giorni scorsi uno studio norvegese che segue altre osservazioni fatte. Lo confermano tutte: il virus non resiste più di 20-30 secondi sopra il pelo dell'acqua mentre si nuota».Quando avete riaperto vi hanno chiesto il distanziamento in vasca. «E ci siamo adeguati, naturalmente. Capisco benissimo che il momento dello spogliatoio può essere delicato. Ho spento i phon e le docce. Poi però entro in un supermercato o in un centro commerciale e mi chiedo se quelle che ci hanno imposto non siano che misure pretestuose». Facciamo un po' i conti della serva? Come si gestisce una piscina?«Di solito l'impianto viene dato in gestione dal Comune. Quelli di proprietà come il nostro, che è nell'hinterland di Milano, sono pochi rispetto al numero complessivo». Le voci di spesa?«Costi dell'acqua, manutenzione, utenze in primis. E mi creda, pensare che spegnere un impianto possa aver automaticamente salvato alcune situazioni è sbagliato. Perché riattivare dopo tre mesi una piscina non garantisce un funzionamento perfetto. Alla riapertura ci saranno comunque problemi seri da affrontare. Così, chi ha tenuto aperto per gli agonisti si è trovato con un bilancio che non stava in piedi. E chi ha chiuso rischia di dover investire per sistemare i danni».E le entrate da dove arrivano?«Principalmente dai corsi in vasca e dagli ingressi per il nuoto libero: dall'attività commerciale». Quando una piscina funziona?«Se ha clientela per un minimo di 12 ore al giorno». E adesso? Riesce a fare una previsione? Falliranno in tanti?«Non oso pensarci. So per esempio con sicurezza che una grande società che gestisce una sessantina di impianti in giro per l'Italia sta restituendo le chiavi ai Comuni. Tutto torna sulle spalle di chi paga le tasse: capisce quanto è insensato?».Gestire o avere una piscina significa anche indebitarsi con le banche?«Certo. I bandi comunali si basano di solito su due elementi. Per prima cosa, ovviamente, sull'offerta economica. Poi si prevede che chi vince l'appalto per la gestione debba investire, rimodernare, aggiustare». Di che cifre parliamo?«Faccio un esempio per capirci: di recente abbiamo deciso di rifare l'impermeabilizzazione del tetto della vasca da 25 metri. Sono partiti 50.000 euro. Sistemare l'asfalto di un parcheggio? Costa 35.000 euro. Cambiare caldaie? Centinaia di migliaia di euro».Soldi ne avete spesi anche per rispondere alle richieste dei decreti, giusto?«Altroché. Adeguamento degli impianti di areazione, personale aggiunto per mantenere ordine e distanziamento, valanghe di igienizzanti…».E così, anche da interista, a vedere la festa dei tifosi un po' si è arrabbiato. «Ero più che altro incredulo. Non riuscivo a capire come fosse possibile che non ci fossero forze dell'ordine a disperdere gli assembramenti. Ma è una cosa che penso ogni volta che vedo selve di persone in giro. Non sto giudicando chi esce, o chi festeggia. Mi chiedo semplicemente perché chi ama il nostro sport debba essere penalizzato così. Ha una funzione di prevenzione per i guai di salute, oltre che una funzione sociale. Nuotare fa stare bene. Ma l'impatto fondamentale dello sport sulle persone non è stato mai minimamente considerato».Andare in palestra, però, si può. «Ma non per tutti è una scelta possibile. C'è chi ha problemi articolari o cardiaci, chi è anziano o in sovrappeso. Il nuoto, mi dia retta, è stato da loro considerato inutile, e così era inutile riaprire».Chi sono «loro»? Cts, governo e ministri?«Tutti quelli che prendono decisioni sulle nostre teste, esatto. Non ho visto nessuna forza politica tentare di andare controcorrente».Che spiegazione si dà di come sia potuto accadere?«Ignoranza e incuranza. E bel po' di superficialità. Il tutto condito da una stampa che definirei facile alle notizie rincuoranti. A maggio speravamo di aprire prima di quanto sia accaduto la vasca all'esterno. Lo avevamo letto sui giornali e abbiamo chiesto conferma in Comune. Abbiamo riempito così d'acqua la vasca. Lei sa quanto ci vuole?».Non ne ho idea.«Tre giorni pieni per riempirla e scaldarla. E ci siamo ritrovati con 400.000 litri di acqua da mantenere, con relativi prodotti. A luglio sarà finita? Con quel che è accaduto non so se mi fido più».
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