2018-12-17
«Preparatevi al partito dei gilet gialli»
L'economista francese Jacques Sapir : «Il movimento non è ancora strutturato, ma alle europee una sua lista arriverebbe al 14%. Emmanuel Macron? I mercati hanno cominciato a sfiduciarlo. Parigi e Roma ora collaborino a un piano di uscita dall'euro».Jacques Sapir è un economista francese, docente alla Moscow school of economics. Sostenitore della «deglobalizzazione», ha più volte affermato che la Francia e l'Italia dovrebbero uscire dall'euro. Con La Verità, il professore ha discusso delle calde piazze francesi, del futuro politico dei gilet gialli, delle conseguenze che l'indebolimento di Emmanuel Macron avrà sull'Europa e l'Italia e delle incerte prospettive per l'eurozona.Professor Sapir, in Italia la protesta dei gilet gialli ha fatto molto rumore. È giusto interpretarla come la rivolta della Francia rurale contro le élite urbane?«Soltanto in parte, perché la Francia è un Paese molto “metropolitanizzato"».Che vuol dire?«Che la dimensione delle grandi città, come Parigi, Strasburgo, Lione, Marsiglia, eccetera, è tale da assorbire la gran parte della popolazione nazionale».E il resto dei francesi? «Ecco. Diciamo che chi vive nei centri che hanno tra i 5.000 e i 40.000 abitanti, negli ultimi anni si è sentito sempre più abbandonato dal governo».Perché?«Nella Francia rurale e di provincia c'è una grave carenza di infrastrutture. Al tempo stesso, chi vive in quelle zone è costretto a usare la macchina per andare a lavoro nei centri urbani. Le famiglie a volte devono acquistare anche più di una macchina, perché magari mentre uno dei genitori va a lavoro, l'altro deve accompagnare i figli a scuola».E quindi la tassa sui carburanti…«La tassa sui carburanti ovviamente è stata vissuta come una misura vessatoria nei confronti delle famiglie di basso reddito».Il movimento è spontaneo? Qualcuno diceva ci fosse dietro Steve Bannon…«Il movimento, soprattutto all'inizio, è stato totalmente spontaneo. Tuttora i gilet gialli non hanno una struttura centrale organizzata. Poi è ovvio che politici di vario colore, dal Rassemblement national alla sinistra radicale, abbiano cercato di cavalcare l'onda».Ci sono riusciti?«Era molto difficile accreditarsi come leader di questo movimento, che da questo punto di vista è molto diverso, ad esempio, da quello dei manifestanti del famoso maggio del 1968».Perché?«Allora c'erano dei tribuni: i comunisti, i sindacati… C'erano soggetti con cui si poteva negoziare. Ora, invece, anche se il governo ha provato a ricevere alcuni capifila del movimento, questi ultimi erano sostanzialmente dei leader auto proclamati, ma non erano realmente rappresentativi».Che prospettive vede per i gilet gialli?«Nell'opinione pubblica c'è un'alta percentuale di sostenitori del movimento. E c'è un altrettanto alta percentuale di francesi (il 76%, stando ad alcune rilevazioni) che disapprova l'operato di Emmanuel Macron».È abbastanza per fondare un partito…«I sondaggi dicono che una lista dei gilet gialli, alle elezioni europee di maggio, raggiungerebbe il 14%».Ci dobbiamo aspettare una lista dei gileti gialli?«È un po' presto per dirlo: per ora non c'è quasi nulla di istituzionalizzato nel movimento. Bisognerà aspettare i prossimi due mesi. Ma ci sono segnali che suggeriscono che il movimento sta cercando di darsi una sua struttura politica».Sarebbe un problema per partiti come quello di Marine Le Pen, che dal malcontento popolare hanno tanto da guadagnare.«Se i gilet gialli presentassero una lista, sì. Altrimenti, dalla loro protesta trarranno giovamento proprio i partiti eurocritici: il Rassemblement national, ma anche La France insoumise di Jean Luc Mélenchon».A chi lo contesta, Macron ha risposto di essere un leader dotato di piena legittimità democratica. Però, per com'è congegnato, il sistema elettorale francese condanna i partiti antisistema, come il Ressamblement national, a restare all'opposizione…«Chiariamo: non metto in dubbio che Macron sia un leader legittimo. Il discorso è diverso per quanto riguarda il parlamento francese: lì, in effetti, il sistema elettorale consente a chi ha avuto un pugno di voti in più di ottenere la stragrande maggioranza dei seggi».La leadership di Macron comunque si è indebolita. Che conseguenze potrebbero esserci per l'Europa?«Verrà meno ogni impulso a realizzare il federalismo europeo. L'Europa finirà paralizzata».Ma questo non avvantaggerà i tedeschi? Angela Merkel ha più volte respinto la proposta di riforma dell'eurozona avanzata da Macron.«Il governo tedesco sarà azzoppato dal declino della Merkel e da una serie di risultati elettorali locali che si annunciano disastrosi per la Cdu. D'ora in poi, mancheranno un uomo o una donna forte, capaci di piegare alla loro volontà l'Unione europea».Pierre Moscovici ha autorizzato la Francia a sforare le regole europee di bilancio. Con l'Italia, invece, continua a fare il prezioso nonostante abbia ottenuto dal governo Conte il 2,04% di rapporto deficit/Pil. «Quando ha annunciato le modifiche alla finanziaria, Macron ha parlato di “stato di emergenza sociale ed economica". Ciò potrebbe fare riferimento a una procedura Ue che consente a un Paese che si trova in una situazione di emergenza di infrangere le regole Ue per un anno».Furbo. Ma rimangono le differenze di trattamento sia da parte della Commissione, sia da parte dei mercati.«Il fatto è che sia i Commissari europei sia i mercati considerano la Francia come un Paese che non contesta e non contesterà le regole Ue. Eppure…».Eppure? «Lo spread si è alzato anche da noi. Non come è accaduto nelle scorse settimane in Italia, ma si è alzato. E questo può significare che i mercati finanziari cominciano a non avere più fiducia nella capacità di Macron di superare l'attuale situazione di crisi».Mi sta dicendo che la Francia è una polveriera?«Il tasso di crescita del 2018 sarà inferiore al previsto. Se la situazione peggiorasse ancora all'inizio del 2019, potrebbe scatenarsi una nuova ondata di proteste. Anche se il movimento dei gilet gialli diventasse nel frattempo irrilevante».Un'altra ondata di protesta?«Certo. Se la situazione economica peggiorasse, entro la prossima primavera si rischierebbe seriamente un'escalation di rabbia nella popolazione francese».Intanto l'Italia può almeno ottenere dall'Europa che non si applichino due pesi e due misure?«Non credo che Moscovici sarebbe sensibile a questo argomento. Ma l'Italia ha una carta da giocarsi per allentare la morsa di politiche economiche basate sulla mania per le regole di bilancio».Che carta?«L'obiettivo dell'Italia è una manovra espansiva, che secondo l'Europa è inattuabile, a causa del debito pubblico accumulato negli ultimi 20-25 anni». Quindi?«L'Italia può proporre un compromesso: o si cancella parte del debito, oppure si consente alla Banca d'Italia di comprare i Btp direttamente sul mercato primario, a tassi agevolati».Lei ha sostenuto che la Francia dovrebbe uscire dall'euro. Perché?«Semplice: perché stare nell'euro la danneggia».Ma uscirne sarebbe peggio, dicono gli economisti…«Io e altri studiosi da anni esaminiamo la questione. E abbiamo dimostrato che non ci sarebbe alcuna conseguenza non conoscibile dell'uscita dall'euro».E l'inflazione?«Sarebbe piuttosto contenuta: tra il 6 e l'8% nel primo anno, dopodiché diminuirebbe rapidamente. E poi si possono prendere contromisure per limitarne gli effetti».Ad esempio?«Indicizzare le pensioni all'inflazione per evitare una diminuzione del loro potere d'acquisto».Le pensioni. E i salari?«Non ce ne sarebbe bisogno».Non ce ne sarebbe bisogno?«No. L'uscita dall'euro determinerebbe un deprezzamento della valuta nazionale nell'ordine del 10-12% e un apprezzamento dalla valuta tedesca di almeno il 15%. Ciò innescherebbe un aggiustamento del tasso di cambio del 25-30%, che darebbe impulso alla crescita, alla competitività e quindi ai salari».Allora perché l'uscita dall'euro è un tabù? Non c'è nemmeno libertà di discuterne?«L'attuale stato del dibattito è preoccupante. C'è una pressione psicologica sulle persone: le inducono a credere che l'uscita dall'euro sarebbe un salto nel buio».Per lei quindi può esistere una procedura ordinata per abbandonare l'eurozona?«Può esistere e dovrebbe essere messa a punto. In una situazione ideale, anzi, Francia e Italia, che senza l'euro starebbero entrambe molto meglio, dovrebbero lavorarci insieme».Francia e Italia alleate? Già è fantascienza così, figuriamoci se il nemico dev'essere l'euro…«Infatti ho parlato di “situazione ideale". Ma per ora né l'esecutivo italiano né quello francese hanno intenzione di lasciare l'euro. E tra Macron e il governo Conte non corre esattamente buon sangue…».