«Vi spiego cosa nasconde l’intrigo Mps»

«Monte dei Paschi? Un affare di Stato cominciato nel 2012 e che va avanti». Giuseppe Bivona, uomo dell'alta finanza con quartier generale a Londra, socio e fondatore della Bluebell Partners, è lo Spauracchio. Non solo degli amministratori della «più antica banca del mondo» ma anche dei controllori e – in una parola – dei vertici dello Stato italiano. In questa intervista svela per la prima volta molto di ciò che non si è detto e di ciò che hanno voluto non farci capire. L'incontro avviene ai tavolini di un bar a Roma, città dove è nato e dove scappa ogni volta che può o vuole prendersi una boccata d'aria dalla City. Tre quarti d'ora di conversazione. E alla fine uno ne esce con le idee più chiare. Sui disastri provocati dalla fascinazione fatale del Pd per la finanza, che ha quasi raso al suolo una banca fondata 20 anni prima della scoperta dell'America. E pure sui quattro anni e passa di governi democraticamente eletti – per brevità – dai poteri forti.

Allora, ci proviamo a raccontarla questa storia?

«Io la paragono all'affare Dreyfuss».

Addirittura.

«Sì, lo scandalo della Francia di fine '800 nato da un piccolo fatto, una piccola bugia, un errore ma fatto a livelli estremamente alti. La necessità di coprire quell'errore produsse una serie di conseguenze che lo ingigantirono. Ecco, definisco il Monte dei Paschi di Siena un affare Dreyfuss per questo. Mi riferisco al periodo dal 2012 in poi. Cioè dal momento in cui in teoria si riteneva che le istituzioni - governo, Banca d'Italia, Consob - avrebbero dovuto accorgersi dei problemi e sarebbero dovute intervenire a presidio di una banca che si pensava fosse stata malgestita, e certamente lo è stata…».

E chi è coinvolto nell'affare di Stato-Mps?

«Tre presidenti del Consiglio: Monti, Letta e Renzi. Tre ministri dell'Economia: ovvero Vittorio Grilli, ora a Jp Morgan che si sta occupando della nuova ricapitalizzazione di Mps; Fabrizio Saccomanni, che prima di diventare ministro era direttore generale e membro del direttorio della Banca d'Italia, il quale avrebbe dovuto vigilare su Monte Paschi… Pier Carlo Padoan? Glielo dico per ultimo. Banca d'Italia. E la Consob, le cui responsabilità sono a mio avviso gigantesche e ancora tutte da chiarire».

Quale è la piccola bugia che provoca la valanga?

«Le ormai arcinote operazioni con cui la banca, allora guidata da Mussari e Vigni, cercò di nascondere le perdite di due investimenti (“Alexandria" e “Santorini") facendo due nuove gigantesche operazioni in derivati che finirono per creare perdite maggiori grandi di quelle che si era cercato di nascondere».

Di quanto era il buco iniziale che si era cercato di nascondere?

«Circa 580 milioni…».

Che diventò?

«Due miliardi e settanta milioni al netto del beneficio fiscale (dato della banca al 30 settembre 2011). Complessivamente Mps ha nascosto per anni, sotto la gestione sia di Mussari/Vigni sia di Profumo/Viola queste temerarie speculazioni».

Nel 2012 dopo la cacciata dei «cattivi» - il presidente Giuseppe Mussari, calabrese e pd doc, e l'ad Vigni - arriva il tandem Alessandro Profumo e Fabrizio Viola. E che succede?

«Che continuano a fare, fino alla semestrale al 30 giugno 2015 compreso, esattamente quello che facevano Mussari e Vigni. Cioè riportano quelle operazioni non come derivati ma come Btp, titoli di Stato. Guardi che questo è un fatto pacifico. Lo ha ammesso Mps con un comunicato il 16 dicembre 2015».

Lei però il 28 gennaio 2013 aveva preso carta e penna e scritto una lettera in cui inquadrava perfettamente la natura di derivati per quei titoli e l'ha spedita a mezzo mondo. Dal presidente Napolitano in giù. Come mai?

«Perché un'intervista a Fabrizio Viola, l'amministratore delegato appena arrivato, mi aveva allarmato e preoccupato. Viola dichiarava testualmente: “Più che derivati, sono operazioni di pronti contro termine di lunghissimo periodo, con margini di rischio molto contenuti". Il che prima di tutto è, tecnicamente parlando, una castroneria».

E perché accade che chi dovrebbe sistemare i bilanci non lo fa, chi dovrebbe vedere non vede, chi dovrebbe intervenire non interviene?

«Perché nel 2012 e nel 2013 sono in gioco anche gli aiuti di Stato. Una rappresentazione dei bilanci non aderente alla realtà da Mps alla Banca d'Italia e da qui al ministero dell'Economia su queste specifiche operazioni fa sì che, di fatto, si aggirino le norme comunitarie su questa materia».

Andiamo avanti. Che succede dopo?

«Che il 28 febbraio il ministro Grilli firma il decreto di emissione dei Monti bond a favore di Mps per 4 miliardi, per essere precisi 2 miliardi di cassa più 2 miliardi di Tremonti bond convertiti alla pari in altrettanti Monti bond. La Banca ha ottenuto gli aiuti sulla base di rappresentazioni non corrette al Parlamento… E il Parlamento approvò senza sapere che si trattava di temerarie speculazioni in derivati».

Alt. Si fermi. Mi sta dicendo che in questo modo è stata salvata la Fondazione Mps legata al Pd?

«Esattamente. La Fondazione presieduta da Gabriello Mancino, se gli aiuti fossero stati correttamente inquadrati, non sarebbe stata più l'azionista di riferimento con più del 33% delle azioni».

A quanto sarebbe scesa?

«Dipende dal prezzo di conversione ma direi più o meno intorno al 10%. Certamente avrebbe perso la maggioranza in consiglio e dunque il controllo su Mps».

Adesso è all' 1,4%. Cioè sarebbe stata spazzata via con il conseguente patatrac politico per il Partito democratico?

«Esattamente».

Profumo, al vertice di Mps, ce lo ha mandato il Pd?

«Non so chi lo ha mandato. Quello che è evidente è che Monte Paschi è una banca controllata dalla politica e continua ad esserlo».

Prosegua.

«Il governo Monti cade. L'interlocuzione con la Commissione Europea del presidente Almunia, da me abbondantemente informato, passa al governo Letta e in particolare al nuovo ministro del Mef, Fabrizio Saccomanni. È finita con l'accordo di Cernobbio del settembre 2013 con cui la Commissione ha intimato alla banca di convertire gli aiuti in azioni (esattamente come avevo chiesto ad Almunia) a meno di restituirli. Al contrario di quanto si è scritto, la Commissione non ha mai imposto a Mps il rimborso dei Monti bond ma fu Monte Paschi a scegliere di restituire i quattrini. Per cui prima la banca ha usato i soldi dei contribuenti per chiudere il buco causato dai derivati e poi i soldi del mercato per restituire i soldi ai contribuenti: alla fine il cerino in mano è rimasto agli azionisti che hanno perso tutto. Questo è all'origine della prima ricapitalizzazione di 5 miliardi nel 2014, seguita da un'altra di 3 nel 2015 per un totale di 8. Bruciati in due anni».

Profumo e Viola sostengono di aver trovato il «Mandate agreement» sulla ristrutturazione delle operazioni in derivati, e quindi di aver avuto contezza della loro natura, nella cassaforte del Monte, solo nell'ottobre del 2012.

«Io non so se esista una cassaforte al Monte dei Paschi e se lo abbiano trovato lì. So solo che Bankitalia aveva perfettamente riconosciuto il collegamento tra le perdite di Santorini e le nuove operazioni contabilizzate come titoli di Stato in un verbale dell'agosto 2010. E con una seconda ispezione conclusa a marzo 2012 (quando Viola era già arrivato) la Vigilanza aveva anche eccepito che i cosiddetti titoli di Stato relativi all'operazione Alexandria sembravano piuttosto derivati. Profumo e Viola non potevano non conoscere le risultanze delle ispezioni di Banca d'Italia. E chi non se ne è accorto o non era sufficientemente competente o non era in buona fede».

Diceva di Renzi e del ministro Padoan…

«Ad aprile di quest'anno all'assemblea dei soci, se si escludono gli azionisti presenti per delega e quelli in conflitto perché avevano propri rappresentanti in consiglio (come la Fondazione Mps), il ministero dell'Economia è stato il solo azionista da me preventivamente informato sul punto, a votare contro la mia proposta di azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore delegato Viola».

Viola si è dimesso. Ufficialmente per i problemi incontrati nella nuova ricapitalizzazione, la terza, del Monte.

«È una delle motivazioni effettive. Un amministratore delegato che ha già chiesto due ricapitalizzazioni in due anni ai mercati e che dice di aver contabilizzato fischi per fiaschi ha qualche difficoltà indubbiamente».

Ritiene che Vegas, presidente della Consob, dovrebbe dimettersi?

«A mio parere avrebbe dovuto farlo da tempo e non solo per questo. La Consob deve preservare il mercato. Se vengono fatti due aumenti di capitale per 8 miliardi che oggi valgono zero, se viene fuori che i bilanci erano errati e che ciò nonostante i prospetti informativi sono stati approvati prima che la Consob completasse accertamenti addirittura già avviati, ci sono responsabilità a mio avviso colossali».

Visco, governatore della Banca d'Italia?

«Idem. Bankitalia deve vigilare sulla sana e prudente gestione. La gestione Mps non è stata né sana né prudente».

Che fine farà Mps?

«Bella domanda…»

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