2018-10-15
Attilio Fontana: «Abbiamo sconfitto il pensiero unico»
Il governatore lombardo: «La lotta ai clandestini è realtà. Prima, di certi temi neanche si poteva parlare L'autonomia? L'avremo entro il 2019. I Giochi invernali senza Torino? Ci siamo evitati un mal di testa». Gli amici di Varese lo definiscono un uomo olimpico. E lui li ripaga provando a portare a casa i Giochi invernali del 2026. Attilio Fontana, governatore della Lombardia da sei mesi, si ritrova fra le mani una sfida epocale per Milano, per la Regione, per l'Italia e non ha alcuna intenzione di lasciarla cadere come accadde in passato. «Non è una discesa libera ma possiamo vincere». Forse per questo, da qualche tempo, quando gli telefoni non sai dove si trova. Potrebbe essere a Mosca, come la settimana scorsa, a promuovere il Salone del mobile e i cinque cerchi italiani. Potrebbe essere su un treno delle famigerate Ferrovie Nord a testare i disagi dei pendolari. Potrebbe essere ovunque, «ma sono seduto in auto e non guido io, posso parlare senza commettere reati. Quindi dica».Presidente, ci aggiorni sulle Olimpiadi italiane. Restano un sogno o si fanno davvero?«Ci stiamo lavorando da tempo, il progetto di mettere insieme Milano, Cortina e la Valtellina piace parecchio a livello internazionale. Ci sono la creatività italiana e la concretezza lombardo-veneta. Anche a Mosca ho notato che la candidatura provoca entusiasmo».La faccenda era cominciata fra le polemiche con i «No games» a 5 stelle.«Strani pasticci, quasi incomprensibili. Poi li abbiamo trasformati in un'opportunità e adesso si corre. Ritirarsi un'altra volta sarebbe stato devastante per la credibilità dell'intero Paese; non avremmo più rivisto i Giochi in Italia per due secoli».Torino è rimasta fuori, il sindaco Chiara Appendino eccepiva. Le dispiace?«Ci siamo evitati un mal di testa. Così è tutto più facile anche perché Milano sta vivendo un periodo di grande visibilità. Ho notato che il prestigio è al massimo e che in Lombardia si stanno evidenziando le caratteristiche più positive dell'Italia: fantasia, determinazione, concretezza».Dal suo ufficio con un po' di immaginazione si vede anche Roma. Che panorama percepisce?«Noto che il governo sta cercando di dare uno shock al Paese più conservatore dell'Occidente. Si chiama governo del cambiamento e per la prima volta non è stucchevole melina, ma c'è davvero la volontà di cambiare. Questo provoca tensioni e polveroni, ci mancherebbe altro. Le scelte vanno calibrate e ponderate, ma stare fermi è impossibile».Anche Matteo Renzi parlava di rivoluzione democratica.«Era fondata unicamente sul cambio di casacche. Enrico Letta dopo Mario Monti, Renzi dopo Letta; il solito valzer lento che ci ha spinto nella palude. Ora si cerca di realizzare le riforme promesse in campagna elettorale, anche quelle che si pensavano irrealizzabili. Le pare poco?».Ci faccia un esempio concreto.«La lotta all'immigrazione clandestina è una realtà; mai così tanti sgomberi e interventi per il ripristino della legalità. Ce lo chiedevano i cittadini, che si sono allontanati dalla politica proprio perché non ricevevano risposte. I governi precedenti, di questi problemi non ammettevano neanche l'esistenza».Si diceva che fossero distanti dal paese reale.«Di più. Fino a qualche mese fa certe idee sui principi di legalità e sulla sicurezza non solo non si potevano concretizzare, ma non si potevano neppure esprimere. Ecco, il ritorno alla dignità come nazione e l'abbattimento del pensiero unico sono due vittorie etiche da attribuire a Matteo Salvini e Luigi Di Maio». Hanno smascherato l'ipocrisia del politicamente corretto?«Il politicamente corretto è una prigionia, anzi una fesseria. A un certo punto cominciavamo ad autocensurarci perfino noi della Lega, io per primo. Ti convinci che l'unica realtà è quella e non c'è alternativa, così cominci a morire. Adesso vado per strada e incontro solo gente che dice: presidente, non mollate. Per la prima volta, con questo governo, si sta andando oltre le colonne d'Ercole dell'appiattimento, del pensiero unico. È normale che il mare sia agitato, ma indietro non si torna».La rotta dipende dallo spread, non dimentichiamolo.«Qualche rischio lo devi correre sennò le colonne d'Ercole non le passi. Dal finestrino della locomotiva lombarda, una cosa da spiegare alla coalizione di governo ci sarebbe».Quale?«Le politiche devono favorire la nostra imprenditoria, perché se non funziona l'economia il Paese non cresce, non ha la forza di lottare sui mercati internazionali. Con l'assistenza pubblica possiamo aiutare dieci disoccupati e va bene, ma gli altri mille li devono assorbire le imprese. La soluzione di molti problemi è nella crescita».Meglio mettere lì un po' di soldi e non, per esempio, sul reddito di cittadinanza? «Vediamo come si concretizza. Intendo dire che i nostri imprenditori sono una forza imprescindibile perché portano sulle spalle il prestigio del Paese con una credibilità che è da sostenere e non da disperdere. Aiutando loro si aiuterebbe tutto il sistema».Da ex sindaco teme che passino altri tagli alle spese degli enti locali?«Serve una premessa: i governi di centrosinistra non hanno fatto altro che appesantire le spese dei ministeri e tagliare quelle degli enti locali. Ho visto tagli per miliardi in Comuni e Regioni, solo qualche spicciolo nel moloch amministrativo centrale, se non addirittura aumenti di spesa. Uno scenario tristissimo».E adesso che succede?«Adesso sto sentendo discorsi diversi: mettere a disposizione gli avanzi di bilancio dei Comuni virtuosi è un salto di qualità. L'Anci non lo evidenzia abbastanza perché, purtroppo, invece di fare l'interesse degli associati fa politica».In che senso?«È appiattita sull'opposizione».Ma il decreto sulle periferie bruciato è un brutto segno.«È esattamente il contrario. Con quell'iniziativa del governo a trazione Pd si favorivano 80 Comuni, con gli avanzi di bilancio messi a disposizione se ne favoriscono 8.500. O in ogni caso i più virtuosi. Un modo serio per aiutare gli enti locali».In Regione Lega e Forza Italia sono alleate, a Roma no. Teme fibrillazioni politiche?«A Palazzo Lombardia assessori e consiglieri si rendono conto che la realtà è diversa e le polemiche devono lasciare il posto alle decisioni amministrative. Forza Italia in passato ha sostenuto governi deleteri come quelli di Monti e Letta mentre noi eravamo dall'altra parte, però sul territorio non è mai successo niente di dirompente».Quando potrà issare la bandiera dell'autonomia?«Le cose procedono bene, vogliamo concretizzare la riforma entro il 2019. Silvio Berlusconi si dimentica che la devolution attraversò un'intera legislatura prima di essere approvata. E quando lo fu era stata cambiata, ridotta, edulcorata, depotenziata».Tempi di balletti della politica fine a se stessa.«Quelli di Alleanza nazionale ci prendevano in giro sfinendo tutti in discussioni alate sull'interesse nazionale. Due anni su un concetto, che peraltro è sancito dalla Costituzione. Non imiteremo il passato».Si va verso le elezioni europee. Il governatore della Lombardia, che è più in Europa d'ogni altra Regione, cosa si augura?«Mi auguro che anche lì si interrompa il pensiero unico e che gli iperburocrati difensori degli interessi di parte vadano a casa. Gente che con la mano destra si comporta in un modo e con la sinistra in un altro. Per le politiche migratorie noi saremmo razzisti, mentre Emmanuel Macron che non vuole profughi o il governo spagnolo che spara a Ceuta e Melilla sarebbero liberali. Ipocrisia pura, un'Europa così va cambiata».Torniamo in casa sua. Quali sono i problemi più grandi della Lombardia?«Uno soprattutto, il trasporto pubblico su ferro perché le risposte sono sempre a medio-lungo termine; comprare un treno non è come comprare una Cinquecento. Non voglio illudere nessuno con tempistiche a sei mesi, ma il servizio deve migliorare. Il problema è nel mirino. Un altro è la riforma sanitaria».Ci sono altri cambiamenti in arrivo?«Considero di fondamentale valore il ripristino del dialogo con i medici di base, iniziamo a parlare lo stesso linguaggio. Questa è una riforma esemplare, moderna, che viene presa a modello anche all'estero. Ma i medici devono assumere un ruolo sempre più centrale e rilevante».Come fa a convivere con un campione della sinistra Ztl come il sindaco Beppe Sala?«Con lui ho un ottimo rapporto perché non parlo dei massimi sistemi sui quali non sono per niente d'accordo, ma dei progetti concreti. Quando i temi diventano politici ognuno di noi fa come le tre scimmiette: non vede, non sente, non parla».Una risposta da avvocato diplomatico.«Ma se non mi ricordo più neppure come si fa a fare l'avvocato… Prima ero avvocato e poi sindaco, avvocato e poi consigliere, avvocato e poi politico. Qualche giorno fa sono tornato nel mio studio a Varese e mi sono sentito un estraneo. Sarò anche olimpico, ma una certa malinconia l'ho avvertita».