2022-08-01
Attilio Cavezzi: «Troppi silenzi sui guai dei vaccini»
Il chirurgo vascolare: «Dottori di base sempre riluttanti a segnalare gli effetti avversi, i casi sono sottostimati. In un anno più che raddoppiati i pazienti con patologie atipiche a sistema immunitario e funzioni cardiache».«Io sono un medico, il mio dovere è curare i malati, non posso girare la testa dall’altra parte solo perché può essere “scomodo” occuparsi di alcuni pazienti. Eppure vedo ancora molti medici continuare a essere riluttanti a segnalare gli effetti indesiderati. E senza segnalazioni come si possono avere dati certi?». Ci accoglie con una domanda, il dottor Attilio Cavezzi, chirurgo vascolare che opera tra San Benedetto del Tronto e Bologna. Lui è stato tra i primi ad aver assistito i danneggiati dal vaccino contro il Covid, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto delle trombosi. In realtà da mesi continua farsi domande, e nonostante sia stato appena pubblicato dall’Aifa, l’Agenzia del farmaco, l’ultimo rapporto sulle reazioni avverse ai vaccini, le risposte continuano a non arrivare.Dottore, cosa ne pensa di questi report?«Il vero problema è che non abbiamo dati affidabili, perché la farmacovigilanza sugli effetti avversi è ancora di tipo passivo. Tutte le piattaforme utilizzate per raccogliere i dati, anche a livello internazionale, non permettono di capire la reale portata di questo fenomeno, i casi sono sottostimati e ne ho persino conferme dirette da pazienti che mi dicono che quasi nessuno dei medici che li ha visitati in precedenza ha segnalato la reazione avversa. Se non ci sono le segnalazioni, come si può capire quello che sta succedendo realmente?». Crede che stia accadendo qualcosa di strano?«Le rispondo con un dato. Rispetto al 2021 i miei pazienti sono più che raddoppiati. Non è mai successa una cosa simile nei miei 33 anni di esercizio. La maggior parte di chi viene da me non ha solo una patologia, generalmente ha un eccesso di attivazione del sistema immunitario e una compromissione più o meno evidente delle funzioni neuro cardiovascolari. Sono delle problematiche che possiamo definire atipiche, diverse rispetto a quelle già conosciute e proprio questo mi ha incuriosito e spinto a indagare. La ricerca non si è ancora conclusa, anzi si può dire che siamo solo all’inizio». Sta cercando un modo per curare i danneggiati dal vaccino?«È mio dovere farlo. Nel giuramento di Ippocrate promettiamo di “perseguire la difesa della vita, di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno” ed è quello che sto facendo. Dal momento in cui ho visitato il primo paziente che mi ha riferito che aveva avuto una reazione avversa quasi immediata alla vaccinazione contro il Covid, ho capito che stava per emergere un problema che non poteva essere ignorato».Quando ha curato il suo primo paziente danneggiato?«Il primo ufficiale si è presentato da me a giugno 2021. Era un bagnino, un uomo che non aveva mai avuto problemi di salute. Dopo qualche ora dall’inoculazione ha iniziato a star male, l’hanno portato al pronto soccorso, aveva degli sbalzi di pressione impressionanti. I valori schizzavano oltre i massimi per poi crollare ben sotto il limite minimo. Era distrutto e disperato. Si presentò da me con una cartella in cui c’erano decine di esami che aveva già fatto. Nonostante i sette accessi al pronto soccorso, nessuno gli credeva, gli dicevano che soffriva di ansia post-vaccino, gli avevano persino prescritto dei tranquillanti».Lei invece gli ha creduto?«Non è questione di credere o non credere, è questione di curare. Se un paziente ha un evidente squilibrio di pressione, ben oltre la normale agitazione, vuol dire che qualcosa non va e bisogna indagare. Purtroppo queste persone presentano sintomi che sono tutt’ora sconosciuti, si naviga nell’incertezza e si va per tentativi. Spesso le analisi, almeno quelle di routine, non danno risultati perciò vengono rimandati a casa senza diagnosi, né cure. Ci vogliono esami approfonditi per riuscire a trovare che cosa non va».Ma il primo paziente è riuscito a curarlo?«Con un po’ di fortuna sono riuscito a stabilizzargli la pressione nel giro di due settimane, non sovraccaricandolo di medicinali, ma utilizzando sostanze già presenti nel corpo, in modo da riequilibrare i valori. Purtroppo dopo di lui se ne sono susseguiti molti altri. E così man mano che aumentava il numero dei pazienti che mi riferivano di aver avuto reazioni avverse, cresceva anche la mia consapevolezza del fenomeno in atto. Ho cercato anche il confronto con altri colleghi e ora stiamo cercando di creare una rete di specialisti».Ci sono medici che si stanno unendo per trovare una cura alle reazioni avverse?«In un certo senso. Io e altri medici stiamo cercando di creare un collegamento in tutta Italia in modo che ognuno possa dare il proprio contributo in base al proprio campo di specializzazione. Per adesso è tutto in fase iniziale, siamo circa un centinaio, ma stiamo cercando di reagire a tutto questo. Alcune volte ci riuniamo online per confrontarci e scambiarci le esperienze. Vedo giovani che si ritrovano la vita radicalmente stravolta, persone che stanno male da più di un anno e che hanno perso la speranza. Sarebbe necessario un vero e proprio coordinamento nazionale per affrontare questo problema seriamente e riuscire a curare queste persone che soffrono sia fisicamente sia psicologicamente».Eppure alcuni medici non accettano che si parli delle reazioni avverse.«Io penso che sia necessario un vero e proprio risveglio da parte della classe medica. Nella stragrande maggioranza dei casi i miei pazienti mi riferiscono che hanno incontrato medici che non hanno voluto segnalare o correlare la relazione avversa al vaccino, neanche temporalmente, neanche quando si è sviluppata a distanza di poche ore. Credo che questo non sia il giusto approccio per affrontare questo fenomeno che sta emergendo con sempre più forza. Basterebbe usare semplicemente un po’ di buon senso, ma sembra che alcune volte ci si dimentichi cosa significhi».Si sta riferendo alla campagna vaccinale?«Anche. Purtroppo non ci sono delle linee guida da rispettare, la vaccinazione viene messa al di sopra di qualsiasi rischio, sembra che ci sia stato un vero e proprio addormentamento delle coscienze dei medici che non vogliono riconoscere questo problema. Alcune volte ho - per così dire - “temuto” che si sarebbe potuta verificare una reazione avversa, perché dalle analisi c’era un alto rischio di trombosi, ma i pazienti si sono dovuti vaccinare lo stesso. Non penso che questo rispetti il principio di “non nocere”». Ci sono casi in cui il vaccino può far male?«Ormai ci sono moltissimi studi che dimostrano la correlazione tra il vaccino e i problemi cardiovascolari come miocarditi e pericarditi, la letteratura scientifica ne è piena. Ma penso che il reale problema sia la proteina Spike, filo comune anche con i disturbi da long Covid. In uno studio pubblicato dall’International journal of molecular science, un gruppo di ricercatori tedeschi ha dimostrato come la Spike persista nell’organismo, l’hanno trovata, peresempio, anche nei pazienti deceduti a causa di una miocardite post vaccino». E questo cosa può comportare?«La Spike alcune volte può scatenare una reazione autoimmune, in pratica il sistema immunitario reagisce contro sé stesso. È quello che vedo spesso nei miei pazienti. Se però questa proteina non viene eliminata, ma persiste nel corpo anche a distanza di tempo, cosa può scatenare? Purtroppo siamo ancora alla ricerca di risposte. Per ora possiamo solo curare questo scompenso del sistema immunitario e neurovegetativo».Le cure stanno dando risultati?«Nella maggior parte dei casi sì, ma ovviamente dipende dal paziente. C’è chi reagisce meglio, chi ci mette un po' di tempo. Io adesso sto curando con terapie endovenose, cerco di ridurre l’infiammazione del sistema nervoso e riequilibrare il sistema immunitario tramite integratori come glutatione, vitamina C, melatonina, tutte sostanze supportate da basi scientifiche. L’obiettivo è far sì che grazie alla flebo il tutto arrivi direttamente nelle cellule, senza passare dall’apparato gastroenterico, lo stomaco per capirci, per avere un effetto migliore. Come dicevo procediamo con logica, in attesa di maggiori certezze, però almeno ci proviamo».Quanti pazienti con effetti avversi ha in cura?«In quest’ultimo anno ho trattato circa un centinaio di persone. Tutti, nessuno escluso, presentano un’alterazione del sistema nervoso autonomo, in pratica è come se il paziente fosse sempre in uno stato di stress e quindi il suo corpo produce una quantità eccessiva di diverse sostanze come il cortisolo, la noradrenalina e l’adrenalina stessa. E su questo ci sono persino delle similitudini con il long Covid».Sospetta una correlazione tra long Covid e danni da vaccino?«Direi di sì. Se andiamo a guardare come trattano negli Stati Uniti i casi di long Covid, appare evidente che si dedicano all’analisi del sistema nervoso autonomo, che quindi risulta essere alterato proprio come nei casi di reazione avversa al vaccino. Ma per spiegare meglio questa correlazione bisogna considerare anche i mitocondri».Che ruolo hanno i mitocondri nel nostro organismo?«Producono l’energia che ci serve per vivere e sia nelle persone che hanno preso il Covid, sia nei vaccinati, è come se questi mitocondri siano intossicati e quindi non producessero energia. Ovviamente se non c’è energia nel corpo, si è stanchi e si possono sviluppare tutta una serie di patologie: gli effetti avversi, appunto».Si riuscirà a trovare una cura?«La speranza è fondamentale, così come anche non ignorare il problema e prenderne consapevolezza, per questo ho parlato di “risveglio” della classe medica. La verità è che da soli non si va molto lontano, solo unendo le forze supereremo tutto questo, danni da vaccino compresi».
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