2019-07-29
L’inchiesta di Bibbiano si allarga a Modena
La Procura del capoluogo emiliano riapre il caso Veleno per verificare legami con «Angeli e demoni». Un'assistente sociale confessa al gip: «Scrivevo false relazioni per l'Anghinolfi». Ombre pure sul Tribunale minorile: avrebbe ignorato le anomalie.Non solo Bibbiano. Le indagini sui minori sottratti alle famiglie, con false relazioni dei servizi sociali della Val d'Enza, si allarga anche a Modena. Lo stesso sistema basato sulla menzogna potrebbe essere stato utilizzato molti anni prima. Sempre Emilia Romagna, sempre nella Bassa Padana, sempre in zone dove sindaci del Partito democratico hanno governato per decenni. La Procura di Modena ha infatti aperto un fascicolo per riesaminare le vicende dei presunti pedofili della Bassa di 22 anni fa. Il riferimento è all'inchiesta «Veleno», che aveva portato all'allontanamento di 16 bambini. Da allora i genitori non hanno più rivisto i loro figli. La decisione di riprendere le fila delle indagini è arrivata dopo che sono stati presentati tre esposti, e dopo che il caso Bibbiano ha squarciato un velo sul presunto mercato degli affidi.Soprattutto a far crescere i sospetti, e a legare quei fatti lontani all'inchiesta «Angeli e demoni», è la presenza del centro Hansel e Gretel di Torino: da lì provenivano le psicologhe che interrogarono anche i piccoli di Veleno. «Siamo in una fase iniziale», dichiara Procuratore capo, Paolo Giovagnoli, alla Gazzetta di Modena: «Abbiamo aperto un fascicolo conoscitivo per cercare di ricostruire le vicende di allora. Trattandosi di fatti di più di 20 anni fa, può darsi pure che eventuali reati siano prescritti. C'era un esposto dell'ex senatore Carlo Giovanardi già da tempo», continua il magistrato, «poi ne sono arrivati altri e noi stiamo cercando di capire cosa sia successo all'epoca dei fatti».Cosa accadde nella Bassa Modenese è raccontato nell'audio inchiesta e nel libro del giornalista Pablo Trincia, intitolati appunto Veleno: 16 minorenni vengono tolti alle loro famiglie e trasferiti in località protette. I genitori sono sospettati di appartenere a una setta di pedofili satanisti che compie rituali notturni nei cimiteri sotto la guida di un prete molto noto nella zona. Sono gli stessi bambini che narrano a psicologi e assistenti sociali racconti dell'orrore. La rete dei mostri che descrivono pare sterminata: coinvolge padri, madri, fratelli, zii, conoscenti. Solo che non esistono testimoni adulti. Nessuno ha mai visto né sentito nulla. Su tutta la vicenda pare vigere una inspiegabile e sospetta omertà.Secondo lo stesso Trincia, la Procura di Reggio Emilia «ha sventato un secondo caso Veleno». Lo dice riferendosi appunto alla presunta banda di pedofili, i cosiddetti «Diavoli della Bassa Modenese», di cui in realtà non sono mai state trovate tracce. E spiega ancora: «Il link si chiama centro Studi Hansel e Gretel di Torino, di cui è stato arrestato il responsabile, Claudio Foti. Proprio le psicologhe provenienti da quel centro avevano interrogato i bambini di Veleno. Foti aveva da tempo scritto contro il nostro lavoro d'inchiesta e voleva fermare la diffusione delle notizie». Hansel e Gretel è la stessa onlus torinese che aveva ricevuto l'incarico anche dai servizi sociali della Val d'Enza. Una coincidenza sulla quale gli inquirenti stanno investigando.Ma ad allargarsi è la stessa inchiesta «Angeli e demoni», che getta ombre sull'operato del tribunale dei minori di Bologna. Infatti la Procura di Reggio Emilia, l'inverno scorso, aveva avvertito i giudici minorili bolognesi che alcune relazioni sui bambini tolti alle famiglie della Val d'Enza presentavano anomalie. In altre parole, che potevano contenere bugie per mettere in cattiva luce i genitori. In particolare, la segnalazione del pm Valentina Salvi, risalente allo scorso novembre, riguardava un bambino che venne affidato a una comunità dove è rimasto fino agli arresti dei 18 indagati dello scorso giugno. La Procura reggiana dimostrava, allegando gli atti, che quanto indicato dai servizi sociali non era vero e la situazione del padre, al quale stava per essere sottratto il figlio, non aveva condotte penalmente rilevanti, o comunque tali da giustificare un provvedimento come l'affido a una comunità. Il tribunale, però, non avrebbe tenuto in alcun conto di quelle preoccupanti segnalazioni, tanto che il piccolo, poi, era comunque stato allontanato dai genitori. Perché l'allarme di un altro magistrato è stato ignorato? Semplice disattenzione e sciatteria o, forse, ci possono essere connivenze?«È vero, ho falsificato quelle relazioni ma l'ho fatto a causa delle pressioni che subivo dai miei superiori. Mi sono adagiata per del tempo ma poi non ce la facevo più: per questo lo scorso settembre ho chiesto il trasferimento». Questo ha detto al gip, Luca Ramponi, Cinzia Magnarelli, una delle assistenti sociali indagate che, con questa confessione, ha ottenuto la revoca della misura cautelare e potrà tornare a lavorare a Montecchio. La donna, accusata di falso ideologico, frode processuale, violenza privata e tentata estorsione, ha quindi confermato nell'interrogatorio di aver falsificato alcune relazioni per indurre il tribunale dei minori a dare in affido a terzi dei bambini considerati vittime di abusi. E ha accusato di essere la regista del sistema la dirigente dei servizi sociali della Val d'Enza Federica Anghinolfi, attualmente ai domiciliari. La Magnarelli ha parlato di un gruppo di lavoro formato per la valutazione dei casi difficili che sarebbero stati «aggravati» per giungere poi agli affidi. Come è avvenuto per il caso di due fratellini, dai quali si era recata dopo la segnalazione di una possibile violenza da parte del padre, poi archiviata dalla Procura di Reggio. Allora scrisse nella sua relazione: «Alla visita domiciliare svolta nel pomeriggio la casa si presenta piena di muffa, con una grave situazione di degrado. La camera da letto si presenta con dei materassi per terra, ceste di vestiti ammassati, mobili malmessi». Ma era una bugia, come un'invenzione potrebbe essere la fantomatica banda di pedofili dell'inchiesta Veleno.