2021-07-19
Erika Stefani: «L’handicap viene sfruttato per far passare il ddl Zan»
Il ministro per le Disabilità: «Le discriminazioni sono un problema serio, ma nel testo non ci sono azioni concrete per i diversamente abili. Soltanto un riferimento “forzato”»Erika Stefani, ministro per le Disabilità, il suo è un ministero senza portafoglio ma con molte urgenze delicate da affrontare. Oggi la priorità assoluta sembra quella di importare in Italia il green pass di Emmanuel Macron. Favorevole?«Il modello francese è molto rigido, perché preclude a molti cittadini l’accesso a servizi fondamentali. È bene che resti intoccata la libertà di scelta tra vaccinarsi e non vaccinarsi. Per quanto mi riguarda, sono felice del fatto che nel decreto Sostegni bis sia prevista la gratuità dei test per le persone con disabilità che non possono essere vaccinate a causa delle loro patologie».Il green pass sarebbe un obbligo vaccinale mascherato?«C’è effettivamente un problema anche costituzionale, perché un provvedimento del genere limiterebbe la libertà di circolazione e la parità di diritti di molte persone». Esiste un pensiero unico sanitario, che etichetta come no vax anche quelli che si azzardano semplicemente a fare domande?«Ricordo quando nella scorsa legislatura, prima della pandemia, si parlava di obbligatorietà vaccinale per i bambini a scuola. Oggi la penso come allora: la vaccinazione deve restare una scelta personale, basata anche sulle proprie sensibilità. Conosco molte persone perplesse, che vedrebbero il green pass come una lesione della propria integrità, anche fisica. Detto questo, io ho scelto di vaccinarmi, perché ritengo che la mia scelta possa avere dei riflessi positivi per la comunità, ma ripeto, è una mia scelta personale».E poi ci sono le grandi scelte economiche. È soddisfatta di come il Pnrr sostiene le persone con disabilità?«Il Pnrr è una grandissima opportunità: se riusciamo a mettere a terra questi progetti daremo una svolta e una speranza al Paese. Sono felice di come il Recovery fund affronta il mondo della disabilità: non esiste un capitolo dedicato, perché si tratta di una condizione che non può certo essere ghettizzata, né nel quotidiano, né tanto meno nei testi normativi. Non abbiamo bisogno di leggi speciali, ma di assicurarci che in ogni scelta vengano rimossi gli ostacoli che impediscono a una persona con disabilità di partecipare alla vita sociale». Facciamo un esempio? «Solo le voci espressamente mirate sul tema disabilità ammontano a 6 miliardi. Ma anche su altri punti, è l’attenzione che conta. Per esempio, quando si parla di turismo e cultura, sono stati destinati 300 milioni per la rimozione delle barriere architettoniche di biblioteche e musei. Prevedere ad esempio l’accessibilità per scuole e stazioni ferroviarie, è un servizio non solo al mondo della disabilità, ma all’intera collettività».E sul piano del lavoro?«Il mondo dell’impresa insiste giustamente sull’attenzione ambientale. Il green è diventato un requisito indispensabile. Mi piacerebbe che si arrivasse a un punto in cui le aziende fossero onorate di essere “disability friendly”. Quasi una sorta di bollino blu. Mi sono già stati presentati progetti da parte di grandissime aziende, che stanno coltivando percorsi articolati su disabilità e lavoro, sia sul piano occupazionale che sul piano di un trattamento ragionevole per i propri lavoratori con disabilità. L’obiettivo è quello di non fermarsi alle quote: non solo si offre, ma si crea lavoro per i più vulnerabili». Il fatto che esista un ministero dedicato facilita il compito delle istituzioni?«Sì, e offre agli enti locali, ai comuni, alle libere associazioni, un punto di riferimento istituzionale. Mi chiamano di continuo da tutta Italia, per avanzare proposte, eventi, idee e progetti. Si scatena una sorta di concorrenza positiva. E ultimamente ci siamo tolti delle belle soddisfazioni». A cosa si riferisce?«Penso alla creazione del registro nazionale delle targhe associate, un progetto atteso da tempo che consentirà alle persone con disabilità di transitare liberamente nelle zone ztl di tutto il territorio nazionale, semplificando le procedure. Penso alla disability card, che consente di attestare la propria condizione senza dover esibire faldoni di burocrazia. Abbiamo aumentato di 40 milioni il fondo per la non autosufficienza, e stanziato 90 milioni per il turismo accessibile, parchi giochi inclusivi e promozione dello sport per tutti. Per tutti?È in atto una trasformazione culturale del nostro Paese in cui anche lo sport sta scrivendo una bella pagina in tema di inclusione e vorrei rinnovare il mio in bocca al lupo allo straordinario team azzurro in gara alla Paralimpiadi di Tokyo, che avrà il numero record di oltre 100 atleti qualificati, e complimentarmi per l’assegnazione a Torino dei Giochi mondiali invernali Special Olympics 2025».Come prevede che potrà riprendere l’anno scolastico, viste le incognite legate alla ripresa dei contagi? I dati dicono che la preparazione degli studenti, con la Dad, è crollata…«È una ripartenza difficile, non sappiamo se potrà essere colmato il vuoto didattico che si è creato. È stato un anno parzialmente perso, sotto il profilo della didattica ma anche della socializzazione. Bisogna riflettere su come la pandemia influirà sui percorsi di vita dei nostri ragazzi». Sul ddl Zan si va allo scontro finale. Quelle contro le persone con disabilità sono discriminazioni di serie B? «Le discriminazioni sono un tema reale da affrontare. Nel codice penale ci sono già delle aggravanti per la minorata difesa, e credo che le discriminazioni debbano essere combattute, più che con le leggi, con una rivoluzione culturale che per fortuna è già in atto. Non credo che il ddl Zan sia il contenitore più adatto per trattare questo tema. Nel testo in esame, peraltro, è stata aggiunta solo la parola “disabilità”, ma poi quanto ad azioni concrete, più nulla. Come fosse un riferimento, diciamo così, “forzato”. E ancora, si prevedono giornate nazionali contro l’omotransfobia, ma anche in quel frangente nessun cenno alla disabilità». Insomma il ddl Zan cita la disabilità, ma poi al dunque se ne dimentica. Come se lo spiega?«Le norme più scellerate sono quelle fatte di pancia, e sull’onda della piazza. Vale per tutti. Bisognerebbe sempre affrontare questi temi con serenità e senza ideologie e strumentalizzazioni. Il tema è serissimo ma potrebbe essere affrontato in maniera diversa: sul ddl Zan non c’è stato un dibattito sereno in commissione Giustizia, anche perché nel merito si è entrati poco». L’attenzione alle disabilità è stata usata come scudo per portare avanti altre battaglie? Le è venuto questo sospetto?«Il sospetto è venuto non solo a me ma anche alle famiglie che vivono ogni giorno la disabilità. Sono loro che pretendono di non essere una bandiera per nessuno. Vorrei che il problema delle discriminazioni venisse trattato con senno e ponderazione. Si può fare anche attraverso questa legge, ma occorre prima aprire un dibattito vero». Ma il Pd non retrocede. Nel testo restano i punti della discordia, cioè gender nelle scuole e libertà di opinione a rischio. Matteo Salvini nei giorni scorsi ha lanciato una sorta di ultimatum al segretario Letta: «Raccolga l’invito al dialogo oppure sarà lui ad affossare la legge». Come andrà a finire, se il testo originale dovesse saltare in aria? La Lega scriverà una legge alternativa accordandosi con Matteo Renzi? «Visti i numeri al Senato, è obbligatorio aprire la strada a soluzioni alternative, più condivise, scevre da strumentalizzazioni. Andare al muro contro muro non è utile a nessuno. Ricorda la riforma costituzionale di Renzi? Si arrivò a una prova di forza, si portò a casa la riforma, con il risultato che venne disintegrata con un referendum. Se si fosse aperto un piccolo confronto, probabilmente quella riforma avrebbe visto la luce». Forse le persone con disabilità scontano lo svantaggio di non avere lobby alle spalle?«Le associazioni sono molto attive, ma certamente non sono sindacati o lobby. Stiamo scrivendo la legge delega sulla disabilità: allo studio c’è anche una sorta di carta dei diritti. Ma il mondo della disabilità è complesso: c’è una parte sanitaria, una previdenziale, una lavorativa». Dall’incontro tra Mario Draghi e Matteo Salvini dell’altro giorno, è emersa una certa sintonia. Visto il quadro politico, la Lega sembra quasi più vicina al premier degli altri partiti…«Non commento ciò che accade negli altri partiti, alcuni dei quali vivono forti dialettiche interne. Noi confermiamo il pieno sostegno al governo di Mario Draghi, che non sta mostrando solo autorità, ma anche autorevolezza. Il governo non deve solo traghettare il Paese fuori dalla crisi sanitaria e sociale, ma ha il dovere di sfruttare fino in fondo l’opportunità del Recovery fund. È bene che tutti i partiti si presentino uniti a questo appuntamento. Non facciamolo per le prossime elezioni, ma per le prossime generazioni».