2025-08-02
L’Fbi usava dossier falsi per Trump ma glissava sulle trame della Clinton
Donald Trump e Jd Vance (Ansa)
Desegretati i nuovi atti sul Russiagate: Obama sapeva che il team elettorale della candidata democratica voleva sfruttare i presunti rapporti tra il tycoon e Mosca per azzopparlo nella corsa verso la Casa Bianca.Emergono nuovi particolari opachi sul Russiagate. Giovedì, il Dipartimento di Giustizia americano ha desegretato un allegato del rapporto investigativo, redatto nel 2023 dal procuratore speciale John Durham. E, ancora una volta, spunta il fondato sospetto che l’Fbi dell’era Obama fosse mosso da pregiudizi politici contro Donald Trump.Secondo le carte appena pubblicate, l’amministrazione Obama ottenne da una fonte due memorandum in lingua russa: uno a gennaio 2016 e l’altro nel marzo successivo. I due documenti sarebbero stati dei riassunti di «conversazioni riservate» tra l’allora presidentessa del Comitato nazionale democratico, Debbie Wasserman Schultz, e due dirigenti della Open Society, Leonard Benardo e Jeffrey Goldstein. Il primo documento sosteneva che Barack Obama si fosse mosso per cercare di affossare l’indagine dell’Fbi sulle email di Hillary Clinton. Il secondo riferiva invece che lo staff della stessa Clinton stava «approntando delle rivelazioni scandalose» per collegare falsamente Trump alla «mafia russa» con lo scopo di screditarlo durante la campagna elettorale per le presidenziali di allora. In particolare, quest’ultimo documento sosteneva che il progetto dell’allora candidata dem fosse supportato dai «servizi speciali». Durham ha notato che questa espressione è solitamente usata dai russi per indicare l’Fbi o la Cia. Il 31 marzo 2016, i vertici del Bureau informarono il Dipartimento di Giustizia dell’esistenza di questi memorandum. E si arriva così a fine luglio 2016, quando la medesima fonte consegnò al Bureau alcune presunte email di Benardo, secondo cui la Clinton avrebbe «approvato» un piano per collegare falsamente Trump a Mosca. «Julie afferma che demonizzare Putin e Trump sarà una questione a lungo termine», avrebbe scritto Benardo il 25 luglio 2016, apparentemente riferendosi a Julianne Smith, che era all’epoca una consigliera della Clinton. «Ora è un buon momento per una ripresa post-Convention. Più avanti l’Fbi getterà altra benzina sul fuoco», si legge ancora nell’email, che menziona la Convention nazionale dem del 2016, tenutasi dal 25 al 28 luglio. «Hrc ha approvato l’idea di Julia su Trump e gli hacker russi che ostacolano le elezioni statunitensi. Questo dovrebbe distrarre la gente dalle sue email scomparse», recita un’altra email, che Benardo avrebbe scritto il 27 luglio, riferendosi all’allora candidata dem (il cui nome completo è notoriamente Hillary Rodham Clinton).Durham è quindi passato ad affrontare il tema dell’eventuale autenticità dei memorandum e delle email, che sono state disconosciute da Benardo. È vero che il procuratore ha ritenuto che tali email fossero state probabilmente ottenute dai servizi russi, hackerando alcune organizzazioni progressiste, come la Open Society. Il tema della loro eventuale autenticità è tuttavia diverso. Durham ha infatti raccontato di aver parlato con vari analisti dell’Fbi. «Alcuni analisti e funzionari che il mio ufficio ha interrogato [...] hanno stabilito che la loro migliore valutazione era che le email di Benardo erano probabilmente autentiche», ha sostenuto il procuratore. Altri analisti, ascoltati da Durham, non avevano però escluso che potesse trattarsi di materiale «inventato» o «alterato» da Mosca. E il punto è proprio questo. Il 3 agosto 2016 si tenne un meeting tra Obama, Joe Biden, l’allora capo dell’Fbi, James Comey, e l’allora direttore della Cia, John Brennan. Obama fu informato del presunto piano della Clinton di collegare falsamente Trump a Mosca. Il 7 settembre, la Cia inviò al Bureau una «raccomandazione a investigare» sul materiale ricevuto, tra cui quello inerente al presunto piano dell’ex first lady. Nel 2017, sempre la Cia ritenne che i documenti forniti dalla fonte non fossero il «prodotto di falsificazioni russe».«L’Fbi era pienamente consapevole della possibilità che almeno alcune delle informazioni che stava ricevendo sulla campagna di Trump potessero avere origine dalla campagna della Clinton o dai suoi sostenitori, o in alternativa, fossero il prodotto della disinformazione russa», ha riferito Durham, per poi aggiungere: «Nonostante questa consapevolezza, l’Fbi sembra aver respinto le informazioni della fonte come non credibili senza che siano state effettivamente intraprese misure investigative per corroborare o confutare le accuse». Il 31 luglio 2016, il Bureau aveva aperto la controversa indagine Crossfire Hurricane, sulla presunta collusione tra Trump e Mosca. Se l’intento dell’Fbi era quello di appurare la verità, per quale ragione non ha effettuato indagini adeguate, per stabilire se i documenti sulla Clinton fossero autentici o meno? Tanto più che la stessa Cia aveva esortato il Bureau ad agire in tal senso.Tutto questo, senza dimenticare che i federali usarono il dossier dell’ex spia britannica, Christopher Steele, per ottenere dai magistrati i mandati di sorveglianza ai danni del team dello stesso Trump. Ricordiamo che quel documento era largamente infondato, oltre che finanziato dalla campagna della Clinton. Nel suo rapporto, Durham sottolineò come il Bureau lo avesse usato senza prima verificarlo. E comunque sarà un caso, ma Biden iniziò a collegare pubblicamente Trump a Mosca proprio tra il 26 e il 27 luglio 2016: gli stessi giorni in cui, secondo le presunte email di Benardo, la Clinton avrebbe approvato il piano per screditare l’allora candidato repubblicano. «La bufala sulla Russia è ormaiconclamata. I fatti sono tutti lì, nero su bianco. È il più grande scandalo della storia americana. Gli autori di questo crimine devono pagare», ha tuonato ieri il presidente statunitense.
«It – Welcome to Derry» (Sky)
Lo scrittore elogia il prequel dei film It, in arrivo su Sky il 27 ottobre. Ambientata nel 1962, la serie dei fratelli Muschietti esplora le origini del terrore a Derry, tra paranoia, paura collettiva e l’ombra del pagliaccio Bob Gray.
Keir Starmer ed Emmanuel Macron (Getty Images)