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2019-01-28
L’ex magistrato Sinagra: «Vanno trattati come pirati»
Ansa
Il governo ribadisce la chiusura dei porti alle navi delle Ong e il ministro Salvini non è certo il solo a pensare che Sea Watch 3 stia violando le regole. «L'imbarcazione batte bandiera olandese e deve scaricare i migranti a casa sua, nei Paesi Bassi. A meno che non stia sbandierando illegalmente quel vessillo», dichiara Augusto Sinagra, 77 anni, già professore ordinario di diritto dell'Ue alla Sapienza di Roma e grande esperto di diritto internazionale.
Sta dicendo che una nave è una comunità viaggiante?
«Precisamente. È una “proiezione mobile" dello Stato di riferimento. La bandiera non è un elemento folkloristico, in base al diritto internazionale la nave è considerata territorio dello Stato nel cui registro navale è iscritta. Nei registri è indicato anche se la proprietà è pubblica o privata e durante la navigazione si applicano le leggi del Paese di cui l'imbarcazione batte bandiera. Comprese le leggi penali. Non c'è ragione perché la Sea Watch debba raccogliere i cosiddetti profughi appena fuori le acque territoriali libiche, magari d'intesa con gli scafisti, e poi scaricarli in Italia, quando la competenza e l'obbligo, a cominciare dalle eventuali richieste di asilo politico, è del primo Stato con i quali i deportati vengono in contatto. Quindi i Paesi Bassi. E poi smettiamola di chiamarli migranti».
Perché professore?
«Migranti erano gli italiani che andavano a lavorare negli Usa o a morire nelle miniere di Marcinelle. Quelli che vogliono sbarcare nel nostro Paese senza documenti sono solo clandestini. Lo Stato non è obbligato ad accoglierli».
Il Viminale fa bene a opporsi allo sbarco?
«Certo, ma l'obbligo dell'Italia è anche di porre termine all'attività piratesca della Sea Watch. Non stiamo parlando dei galeoni nei romanzi di Emilio Salgari, ma di possibili, gravissimi crimini. Se la nave commette delitti di rilevanza internazionale, ossia traffica clandestini per interesse economico, come s'ipotizza nel caso di questa Ong che non ha certo scopi umanitari, l'Italia deve fermarla e sottoporla a sequestro, nel rispetto dello stato di diritto di cui tanto si parla e poco si pratica»
E poi?
«Le persone a bordo devono essere mandate in Olanda o rispedite nei loro Paesi di provenienza. Molti cominciano a protestare pubblicamente denunciando di essere stati deportati in Italia contro la loro volontà. Si è in presenza, dunque, di una nuova e inedita tratta di schiavi, di un disgustoso schiavismo consumato con la complicità dell'Unione europea, che va combattuto con ogni mezzo. Per questo devono scattare anche le sanzioni penali nei confronti dell'equipaggio e del comandante, che invece di raggiungere la costa tunisina ha puntato in direzione opposta, verso l'Italia. L'intenzione chiara era creare il caso politico e di mettere in difficoltà il governo italiano».
Chi sarebbero i mandanti?
«Non lo so. Di certo questo governo non è gradito all'Unione europea, che invece dovrebbe porre rimedio ai guasti e alle devastazioni di alcuni suoi Stati membri».
A chi si riferisce?
«Alla Francia e al Regno Unito prima della Brexit, con la loro aggressione alla Libia, come se avessero scoperto dopo 40 anni che a governarla c'era un feroce dittatore. La volgare ragione erano le riserve auree, i giacimenti di petrolio e il progetto di Gheddafi di creare una moneta africana agganciata al dinaro libico, ponendo così fine al franco francese con il quale invece la Francia prosegue la sua politica di sfruttamento di 14 nazioni africane».
Al timone della barca pro clandestini c’è la deputata di Fi
Il caso SeaWatch 3 diventa sempre di più una questione politica. Anche Forza Italia, che ha sempre condiviso le posizioni della Lega e della destra sulla gestione dei flussi migratori, ieri ha spiazzato l'alleato (nelle amministrazioni locali) e gran parte degli stessi elettori azzurri. Infatti, dopo la foto di gruppo dei parlamentari di sinistra sulla banchina del porto di Siracusa, ieri sulla Sea Watch 3 c'è stato un blitz «trasversale» in pieno stile boldriniano, con alcuni esponenti di diversi partiti compresa l'ex ministro di Forza Italia Stefania Prestigiacomo, per chiedere di «far scendere immediatamente» i 47 extracomunitari a bordo. Politicamente, un piccolo colpo di scena. Immediata, difatti, è giunta la presa di distanze del vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani: «Berlusconi non sapeva nulla dell'iniziativa della Prestigiacomo, è un'iniziativa personale, di una madre, evidentemente colpita più dal fattore umano che politico. Noi manteniamo fermezza contro l'immigrazione illegale e clandestina. Detto questo, linea della fermezza significa anche attenzione ai problemi umanitari». Comunque sia - mentre è in corso anche un'inchiesta del Viminale «sul comportamento della nave» - affittato un gommone e beffando il controllo della Capitaneria di porto, i politici «multicolor» hanno raggiunto il barcone della Ong tedesca (battente bandiera olandese) che con 47 immigrati è in rada a un miglio dal porto di Siracusa ormai da due giorni. Pronta la reazione del ministro dell'Interno Matteo Salvini: «Parlamentari italiani (fra cui uno di Forza Italia) non rispettano le leggi italiane e favoriscono l'immigrazione clandestina? Mi spiace per loro, buon viaggio!». E ieri in serata l'ex ministro ora capogruppo Pd alla Camera, Graziano Delrio, ha annunciato che «i deputati del Pd parteciperanno alla staffetta democratica per garantire una costante presenza sulla Sea watch. Saremo a bordo finché ai 47 migranti, a partire dai minorenni (che la Procura dei minori di Catania ha già intimato di far scendere) non sarà permesso di sbarcare in Italia. Se il ministro dell'Interno e il presidente del Consiglio non sono in grado di fare accordi con gli altri Paesi Ue per condividere l'accoglienza ai migranti, si dia mandato alla presidenza del Parlamento europeo o della Camera di trattare con la Commissione europea». Ovviamente anche la Sea Watch, che ha raggiunto le coste siciliane affrontando il mare grosso malgrado fosse ferma da una settimana al largo dell'isola di Malta e sapesse della chiusura dei porti italiani, continua a chiedere di far sbarcare le persone imbarcate lo scorso 19 gennaio a largo della Libia, mentre il Viminale prosegue sulla sua strada: porti chiusi. Il ministro degli Interni, Matteo Salvini, ha fatto consegnare abiti e viveri sul barcone ma resta determinato sulle sue posizioni. Ha chiesto intervento da parte dell'Olanda: «Se il governo olandese non è in grado di controllare le navi che portano la bandiera del suo Paese è un fatto molto grave: gliela ritiri subito». A sottolineare la condotta provocatoria della Sea Watch, venerdì sera è stato il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, che ha contestato la rotta seguita dalla nave, giunta in pochi giorni a ridosso delle coste italiane: «Il 19 gennaio, come spesso accade, Sea Watch 3 si è mossa in totale autonomia in mare Sar libico, senza attendere la Guardia costiera di Tripoli. Avrebbe poi potuto puntare da subito verso la Tunisia per cercare riparo dal maltempo incombente, ma ha preferito girare la prua in direzione di Lampedusa. Poteva ad esempio dirigersi verso l'area di Zarzis, a poco più di 70 miglia nautiche di distanza. Invece», sottolinea Toninelli, «SeaWatch ha deciso di sfidare il mare, mettendo irresponsabilmente a repentaglio la salute e la vita dei naufraghi. Siamo di fronte a una violazione della legge del mare, secondo cui chi naviga in quelle condizioni dovrebbe far rotta verso le acque più vicine dove trovare ridosso. Ripeto: più vicine». Anche per questo nel mirino del Viminale, che ha già aperto un'inchiesta sul comportamento dell'imbarcazione straniera, c'è l'equipaggio stesso della nave: «Abbiamo elementi concreti per affermare che, mettendo a rischio la vita delle persone a bordo, il comandante e l'equipaggio della Sea Watch 3 abbiano disubbidito a precise indicazioni, che giorni fa li invitavano a sbarcare nel porto più vicino (non in Italia). Prove che verranno messe a disposizione dell'autorità giudiziaria», afferma Salvini. Ed è in questo contesto che ieri mattina Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra italiana; i parlamentari Stefania Prestigiacomo (Forza Italia) e Riccardo Magi (+Europa); il sindaco di Siracusa, Francesco Italia (eletto con una lista di centrosinistra); due avvocati; un medico; un membro dello staff dell'Ong Mediterranea e la portavoce di Sea Watch Italia, a bordo di un gommone guidato personalmente dalla forzista Prestigiacomo - che ha la patente nautica - sono saliti sull'imbarcazione carica di clandestini. Secondo la delegazione, le persone a bordo «provengono da torture, da anni di violenze incredibili di cui portano i segni», come ha raccontato Magi. «Siamo circondati dalla Guardia di finanza e dalla Guardia costiera, sembra di essere in zona di guerra ma non siamo in guerra: vogliamo che i naufraghi e l'equipaggio siano fatti sbarcare in rispetto delle norme internazionali», ha detto Fratoianni appena messo piede a bordo. E se Salvini ha sottolineato che codesti politici sono saliti a bordo dell'imbarcazione «nonostante i divieti», secondo Magi invece «il divieto non credo ci sia stato, perché sarebbe stato un divieto illegittimo. Non c'è nessun atto che potevano fare per impedirci di salire, stiamo svolgendo prerogative parlamentari garantite dalla Costituzione». E oggi, ha annunciato Delrio definendo Salvini «cinico e senza pietà in cerca di consenso sulla pelle delle persone», il Partito democratico presenterà una proposta per istituire una commissione d'inchiesta sulle stragi di migranti nel Mediterraneo».
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Il professore ordinario di diritto dell'Ue alla Sapienza di Roma ed ex magistrato Augusto Sinagra alla Verità: la nave ha bandiera olandese, «Amsterdam responsabile di tutto, gente e reati. Ue complice degli schiavisti». Al timone della barca pro clandestini c'è la deputata di Fi. La Prestigiacomo con Fratoianni e +Europa sulla Sea Watch 3. Salvini non molla: «L'Ong ha messo vite a rischio, ho le prove». Lo speciale comprende due articoli. Il governo ribadisce la chiusura dei porti alle navi delle Ong e il ministro Salvini non è certo il solo a pensare che Sea Watch 3 stia violando le regole. «L'imbarcazione batte bandiera olandese e deve scaricare i migranti a casa sua, nei Paesi Bassi. A meno che non stia sbandierando illegalmente quel vessillo», dichiara Augusto Sinagra, 77 anni, già professore ordinario di diritto dell'Ue alla Sapienza di Roma e grande esperto di diritto internazionale. Sta dicendo che una nave è una comunità viaggiante? «Precisamente. È una “proiezione mobile" dello Stato di riferimento. La bandiera non è un elemento folkloristico, in base al diritto internazionale la nave è considerata territorio dello Stato nel cui registro navale è iscritta. Nei registri è indicato anche se la proprietà è pubblica o privata e durante la navigazione si applicano le leggi del Paese di cui l'imbarcazione batte bandiera. Comprese le leggi penali. Non c'è ragione perché la Sea Watch debba raccogliere i cosiddetti profughi appena fuori le acque territoriali libiche, magari d'intesa con gli scafisti, e poi scaricarli in Italia, quando la competenza e l'obbligo, a cominciare dalle eventuali richieste di asilo politico, è del primo Stato con i quali i deportati vengono in contatto. Quindi i Paesi Bassi. E poi smettiamola di chiamarli migranti». Perché professore? «Migranti erano gli italiani che andavano a lavorare negli Usa o a morire nelle miniere di Marcinelle. Quelli che vogliono sbarcare nel nostro Paese senza documenti sono solo clandestini. Lo Stato non è obbligato ad accoglierli». Il Viminale fa bene a opporsi allo sbarco? «Certo, ma l'obbligo dell'Italia è anche di porre termine all'attività piratesca della Sea Watch. Non stiamo parlando dei galeoni nei romanzi di Emilio Salgari, ma di possibili, gravissimi crimini. Se la nave commette delitti di rilevanza internazionale, ossia traffica clandestini per interesse economico, come s'ipotizza nel caso di questa Ong che non ha certo scopi umanitari, l'Italia deve fermarla e sottoporla a sequestro, nel rispetto dello stato di diritto di cui tanto si parla e poco si pratica» E poi? «Le persone a bordo devono essere mandate in Olanda o rispedite nei loro Paesi di provenienza. Molti cominciano a protestare pubblicamente denunciando di essere stati deportati in Italia contro la loro volontà. Si è in presenza, dunque, di una nuova e inedita tratta di schiavi, di un disgustoso schiavismo consumato con la complicità dell'Unione europea, che va combattuto con ogni mezzo. Per questo devono scattare anche le sanzioni penali nei confronti dell'equipaggio e del comandante, che invece di raggiungere la costa tunisina ha puntato in direzione opposta, verso l'Italia. L'intenzione chiara era creare il caso politico e di mettere in difficoltà il governo italiano». Chi sarebbero i mandanti? «Non lo so. Di certo questo governo non è gradito all'Unione europea, che invece dovrebbe porre rimedio ai guasti e alle devastazioni di alcuni suoi Stati membri». A chi si riferisce? «Alla Francia e al Regno Unito prima della Brexit, con la loro aggressione alla Libia, come se avessero scoperto dopo 40 anni che a governarla c'era un feroce dittatore. La volgare ragione erano le riserve auree, i giacimenti di petrolio e il progetto di Gheddafi di creare una moneta africana agganciata al dinaro libico, ponendo così fine al franco francese con il quale invece la Francia prosegue la sua politica di sfruttamento di 14 nazioni africane». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lex-magistrato-vanno-trattati-come-pirati-2627259756.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="al-timone-della-barca-pro-clandestini-ce-la-deputata-di-fi" data-post-id="2627259756" data-published-at="1766624438" data-use-pagination="False"> Al timone della barca pro clandestini c’è la deputata di Fi Il caso SeaWatch 3 diventa sempre di più una questione politica. Anche Forza Italia, che ha sempre condiviso le posizioni della Lega e della destra sulla gestione dei flussi migratori, ieri ha spiazzato l'alleato (nelle amministrazioni locali) e gran parte degli stessi elettori azzurri. Infatti, dopo la foto di gruppo dei parlamentari di sinistra sulla banchina del porto di Siracusa, ieri sulla Sea Watch 3 c'è stato un blitz «trasversale» in pieno stile boldriniano, con alcuni esponenti di diversi partiti compresa l'ex ministro di Forza Italia Stefania Prestigiacomo, per chiedere di «far scendere immediatamente» i 47 extracomunitari a bordo. Politicamente, un piccolo colpo di scena. Immediata, difatti, è giunta la presa di distanze del vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani: «Berlusconi non sapeva nulla dell'iniziativa della Prestigiacomo, è un'iniziativa personale, di una madre, evidentemente colpita più dal fattore umano che politico. Noi manteniamo fermezza contro l'immigrazione illegale e clandestina. Detto questo, linea della fermezza significa anche attenzione ai problemi umanitari». Comunque sia - mentre è in corso anche un'inchiesta del Viminale «sul comportamento della nave» - affittato un gommone e beffando il controllo della Capitaneria di porto, i politici «multicolor» hanno raggiunto il barcone della Ong tedesca (battente bandiera olandese) che con 47 immigrati è in rada a un miglio dal porto di Siracusa ormai da due giorni. Pronta la reazione del ministro dell'Interno Matteo Salvini: «Parlamentari italiani (fra cui uno di Forza Italia) non rispettano le leggi italiane e favoriscono l'immigrazione clandestina? Mi spiace per loro, buon viaggio!». E ieri in serata l'ex ministro ora capogruppo Pd alla Camera, Graziano Delrio, ha annunciato che «i deputati del Pd parteciperanno alla staffetta democratica per garantire una costante presenza sulla Sea watch. Saremo a bordo finché ai 47 migranti, a partire dai minorenni (che la Procura dei minori di Catania ha già intimato di far scendere) non sarà permesso di sbarcare in Italia. Se il ministro dell'Interno e il presidente del Consiglio non sono in grado di fare accordi con gli altri Paesi Ue per condividere l'accoglienza ai migranti, si dia mandato alla presidenza del Parlamento europeo o della Camera di trattare con la Commissione europea». Ovviamente anche la Sea Watch, che ha raggiunto le coste siciliane affrontando il mare grosso malgrado fosse ferma da una settimana al largo dell'isola di Malta e sapesse della chiusura dei porti italiani, continua a chiedere di far sbarcare le persone imbarcate lo scorso 19 gennaio a largo della Libia, mentre il Viminale prosegue sulla sua strada: porti chiusi. Il ministro degli Interni, Matteo Salvini, ha fatto consegnare abiti e viveri sul barcone ma resta determinato sulle sue posizioni. Ha chiesto intervento da parte dell'Olanda: «Se il governo olandese non è in grado di controllare le navi che portano la bandiera del suo Paese è un fatto molto grave: gliela ritiri subito». A sottolineare la condotta provocatoria della Sea Watch, venerdì sera è stato il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, che ha contestato la rotta seguita dalla nave, giunta in pochi giorni a ridosso delle coste italiane: «Il 19 gennaio, come spesso accade, Sea Watch 3 si è mossa in totale autonomia in mare Sar libico, senza attendere la Guardia costiera di Tripoli. Avrebbe poi potuto puntare da subito verso la Tunisia per cercare riparo dal maltempo incombente, ma ha preferito girare la prua in direzione di Lampedusa. Poteva ad esempio dirigersi verso l'area di Zarzis, a poco più di 70 miglia nautiche di distanza. Invece», sottolinea Toninelli, «SeaWatch ha deciso di sfidare il mare, mettendo irresponsabilmente a repentaglio la salute e la vita dei naufraghi. Siamo di fronte a una violazione della legge del mare, secondo cui chi naviga in quelle condizioni dovrebbe far rotta verso le acque più vicine dove trovare ridosso. Ripeto: più vicine». Anche per questo nel mirino del Viminale, che ha già aperto un'inchiesta sul comportamento dell'imbarcazione straniera, c'è l'equipaggio stesso della nave: «Abbiamo elementi concreti per affermare che, mettendo a rischio la vita delle persone a bordo, il comandante e l'equipaggio della Sea Watch 3 abbiano disubbidito a precise indicazioni, che giorni fa li invitavano a sbarcare nel porto più vicino (non in Italia). Prove che verranno messe a disposizione dell'autorità giudiziaria», afferma Salvini. Ed è in questo contesto che ieri mattina Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra italiana; i parlamentari Stefania Prestigiacomo (Forza Italia) e Riccardo Magi (+Europa); il sindaco di Siracusa, Francesco Italia (eletto con una lista di centrosinistra); due avvocati; un medico; un membro dello staff dell'Ong Mediterranea e la portavoce di Sea Watch Italia, a bordo di un gommone guidato personalmente dalla forzista Prestigiacomo - che ha la patente nautica - sono saliti sull'imbarcazione carica di clandestini. Secondo la delegazione, le persone a bordo «provengono da torture, da anni di violenze incredibili di cui portano i segni», come ha raccontato Magi. «Siamo circondati dalla Guardia di finanza e dalla Guardia costiera, sembra di essere in zona di guerra ma non siamo in guerra: vogliamo che i naufraghi e l'equipaggio siano fatti sbarcare in rispetto delle norme internazionali», ha detto Fratoianni appena messo piede a bordo. E se Salvini ha sottolineato che codesti politici sono saliti a bordo dell'imbarcazione «nonostante i divieti», secondo Magi invece «il divieto non credo ci sia stato, perché sarebbe stato un divieto illegittimo. Non c'è nessun atto che potevano fare per impedirci di salire, stiamo svolgendo prerogative parlamentari garantite dalla Costituzione». E oggi, ha annunciato Delrio definendo Salvini «cinico e senza pietà in cerca di consenso sulla pelle delle persone», il Partito democratico presenterà una proposta per istituire una commissione d'inchiesta sulle stragi di migranti nel Mediterraneo».
Sergio Mattarella (Ansa)
Si torna quindi all’originale, fedeli al manoscritto autografo del paroliere, che morì durante l’assedio di Roma per una ferita alla gamba. Lo certifica il documento oggi conservato al Museo del Risorgimento di Torino.
La svolta riguarderà soprattutto le cerimonie militari ufficiali. Lo Stato Maggiore della Difesa, in un documento datato 2 dicembre, ha infatti inviato l’ordine a tutte le forze armate: durante gli eventi istituzionali e le manifestazioni militari nelle quali verrà eseguito l’inno nella versione cantata - che parte con un «Allegro marziale» -, il grido in questione dovrà essere omesso. E viene raccomandata «la scrupolosa osservanza» a tutti i livelli, fino al più piccolo presidio territoriale, dalla Guardia di Finanza all’Esercito. Ovviamente nessuno farà una piega se allo stadio i tifosi o i calciatori della nazionale azzurra (discorso che vale per tutti gli sport) faranno uno strappo alla regola, anche se la strada ormai è tracciata.
Per confermare la bontà della decisione del Colle basta ricordare le indicazioni che il Maestro Riccardo Muti diede ai 3.000 coristi (professionisti e amatori, dai 4 agli 87 anni) radunati a Ravenna lo scorso giugno per l’evento dal titolo agostiniano «Cantare amantis est» (Cantare è proprio di chi ama). Proprio in quell’occasione, come avevamo raccontato su queste pagine, il grande direttore d’orchestra - che da decenni cerca di spazzare via dall’opera italiana le aggiunte postume, gli abbellimenti non richiesti e gli acuti non scritti dagli autori, ripulendo le partiture dalle «bieche prassi erroneamente chiamate tradizioni» - ordinò a un coro neonato ma allo stesso tempo immenso: «Il “sì” finale non si canta, nel manoscritto non c’è».
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Scott Bessent (Ansa)
Partiamo da Washington, dove il Pil non solo non rallenta, ma accelera. Nel terzo trimestre dell’anno, da luglio a settembre, l’economia americana è cresciuta del 4,3%. Non un decimale in più o in meno: un punto pieno sopra le attese, ferme a un modesto 3,3%. Un dato arrivato in ritardo, complice lo stop federale che ha paralizzato le attività pubbliche, ma che ha avuto l’effetto di una doccia fredda per gli analisti più pessimisti. Altro che frenata da dazi: rispetto al secondo trimestre, l’incremento è stato dell’1,1%. Altro che economia sotto anestesia. Una successo che spinge Scott Bessent, segretario del Tesoro, a fare pressioni sulla Fed perché tagli i tassi e riveda al ribasso dal 2% all’1,5% il tetto all’inflazione. Il motore della crescita? I consumi, tanto per cambiare. Gli americani hanno continuato a spendere come se i dazi fossero un concetto astratto da talk show. Nel terzo trimestre i consumi sono saliti del 3,5%, dopo il più 2,5% dei mesi precedenti. A spingere il Pil hanno contribuito anche le esportazioni e la spesa pubblica, in un mix poco ideologico e molto concreto. La morale è semplice: mentre la politica discute, l’economia va avanti. E spesso prende un’altra direzione.
E l’Europa? Doveva essere la prima vittima collaterale della guerra commerciale. Anche qui, però, i numeri si ostinano a non obbedire alle narrazioni. L’Italia, per esempio, a novembre ha visto rafforzarsi il saldo commerciale con i Paesi extra Ue, arrivato a più 6,9 miliardi di euro, contro i 5,3 miliardi dello stesso mese del 2024. Quanto agli Stati Uniti, l’export italiano registra sì un calo, ma limitato: meno 3%. Una flessione che somiglia più a un raffreddore stagionale che a una polmonite da dazi. Non esattamente lo scenario da catastrofe annunciata.
Anche la Bce, che per statuto non indulge in entusiasmi, ha dovuto prendere atto della resilienza dell’economia europea. Le nuove proiezioni parlano di una crescita dell’eurozona all’1,4% nel 2025, in rialzo rispetto all’1,2% stimato a settembre, e dell’1,2% nel 2026, contro l’1,0 precedente. Non è un boom, certo, ma nemmeno il deserto postbellico evocato dai più allarmisti. Soprattutto, è un segnale: l’Europa cresce nonostante tutto, e nonostante tutti. E poi c’è la Cina, che osserva il dibattito globale con il sorriso di chi incassa. Nei primi undici mesi del 2025 Pechino ha messo a segno un surplus commerciale record di oltre 1.000 miliardi di dollari, con esportazioni superiori ai 3.400 miliardi. Altro che isolamento: la fabbrica del mondo continua a macinare numeri, mentre l’Occidente discute se i dazi siano il male assoluto o solo un peccato veniale.
Alla fine, la lezione è sempre la stessa. I dazi fanno rumore, le previsioni pure. Ma l’economia parla a bassa voce e con i numeri. E spesso, come in questo caso, si diverte a smentire chi aveva già scritto il copione del disastro. Le cassandre restano senza applausi. Le statistiche, ancora una volta, si prendono la scena.
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Paolo Barletta, Ceo Arsenale S.p.a. (Ansa)
Il contributo di Simest è pari a 15 milioni e passa dalla Sezione Infrastrutture del Fondo 394/81, plafond in convenzione con il ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, dedicato alle imprese italiane impegnate in grandi commesse estere che valorizzano la filiera nazionale. In termini di struttura, il capitale sociale congiunto copre la componente di rischio industriale, mentre la componente del fondo saudita sostiene la rampa di avvio del progetto, riducendo il fabbisogno di capitale a carico dei partner italiani e rafforzando la bancabilità dell’iniziativa nel Paese ospitante, presentata come modello pubblico-privato nel segmento ferroviario di lusso.
L’intesa è inserita nella collaborazione Italia-Arabia Saudita, richiamando l’apertura della sede Simest a Riyadh e il Memorandum of Understanding tra Cdp, Simest e Jiacc. «Dream of the Desert» è indicato come progetto apripista di un modello pubblico-privato nel trasporto ferroviario di lusso.
«Dream of the Desert è un progetto simbolo per il nostro gruppo e per l’industria ferroviaria internazionale. Valorizza le Pmi italiane e costituisce un caso apripista di partnership pubblico-privata nel settore ferroviario di lusso. L’accordo siglato con Simest e le istituzioni saudite conferma come la collaborazione tra imprese e istituzioni possa creare valore duraturo e promuovere le eccellenze italiane nel mondo», commenta Paolo Barletta, amministratore delegato di Arsenale.
Regina Corradini D’Arienzo, amministratore delegato di Simest, aggiunge: «L’intesa sottoscritta con un primario attore industriale come Arsenale per la realizzazione di un progetto strategico per il Made in Italy, conferma il rafforzamento del ruolo di Simest a sostegno del tessuto produttivo italiano e delle sue filiere. Attraverso la prima operazione realizzata nell’ambito del Plafond di equity del fondo pubblico di Investimenti infrastrutturali», continua la numero uno del gruppo, «Simest interviene direttamente come socio per accrescere la competitività delle nostre imprese impegnate in progetti infrastrutturali ad alto valore aggiunto, favorendo al contempo l’espansione del Made in Italy in mercati strategici ad elevato potenziale di crescita, come quello saudita. Lo strumento, sviluppato da Simest sotto la regia del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e in collaborazione con Cassa depositi e prestiti, si inserisce pienamente nell’azione del Sistema Italia, che, sotto la regia della Farnesina, vede il coinvolgimento di Cdp, Simest, Ice e Sace. Un approccio integrato volto a garantire alle imprese italiane un supporto strutturato e complementare, dall’azione istituzionale a quella finanziaria, per affrontare con efficacia le principali sfide della competitività internazionale».
Sul piano industriale, Arsenale dichiara un treno interamente progettato, prodotto e allestito in Italia: gli hub Cpl (Brindisi) e Standgreen (Bergamo) operano con Cantieri ferroviari italiani (Cfi) come general contractor, coordinando una rete di Pmi (design, meccanica avanzata, ingegneria, lusso e hospitality). Per il committente estero, questa configurazione «turnkey (chiavi in mano, ndr.)» concentra in un unico soggetto il coordinamento di produzione, integrazione e allestimento; per l’ecosistema italiano, sposta volumi e valore aggiunto lungo la catena domestica, fino alla finitura degli interni ad alto contenuto di design.
Il prodotto sarà un treno di ultra lusso con itinerari da uno a due notti: partenza da Riyadh e collegamenti verso destinazioni iconiche del Regno, tra cui Alula (sito Unesco) e Hail, fino al confine con la Giordania. Gli interni sono firmati dall’architetto e interior designer Aline Asmar d’Amman, fondatore dello studio Culture in Architecture. La prima carrozza è stata consegnata a settembre 2025; l’avvio operativo è previsto per fine 2026, con prenotazioni aperte da novembre 2025.
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Matteo Hallissey (Ansa)
Il video è accompagnato da un post: «Abbiamo messo in atto», scrive l’ex perfetto sconosciuto Hallisey, «un flash mob pacifico pro Ucraina all’interno di un convegno filorusso organizzato dall’Anpi all’università Federico II di Napoli. Dopo aver atteso il termine dell’evento con Alessandro Di Battista e il professor D’Orsi e al momento delle domande, decine di studenti e attivisti pro Ucraina di +Europa, Ora!, Radicali, Liberi Oltre, Azione e della comunità ucraina hanno mostrato maglie e bandiere ucraine. È vergognoso che non ci sia stata data la possibilità di fare domande e che l’attivista che stava interloquendo con i relatori sia stato aggredito e spinto da un rappresentante dell’Anpi fino a rompere il microfono. Anch’io sono stato aggredito violentemente», aggiunge il giovane radicale, «mentre provavo a fare una domanda a D’Orsi sulla sua partecipazione alla sfilata di gala di Russia Today a Mosca due mesi fa. Chi rivendica la storia antifascista e partigiana non può non condannare queste azioni di fronte a una manifestazione pacifica».
Rivedendo più volte il video al Var, di aggressioni non ne abbiamo viste, a parte come detto qualche spinta, ma va detto pure che quando Hallissey scrive «mentre provavo a fare una domanda a D’Orsi», omette di precisare che quella domanda è stata posta al professore, ma in maniera tutt’altro che pacata: le urla del buon Matteo sono scolpite nel video da lui stesso, ripetiamo, pubblicato. Per quel che riguarda la rottura del microfono, le immagini, viste e riviste non chiariscono se il fallo c’è o no: si vede un giovane attivista che contende un microfono a D’Orsi, ma i frame non permettono di accertare se alla fine si sia rotto o sia rimasto intero.
Quello che è certo è che ieri sono piovuti nelle redazioni i soliti comunicati di solidarietà, non solo da parte di Azione, degli stessi Radicali e di Benedetto Della Vedova, ma anche del capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia Galeazzo Bignami, che su X ha vergato un severo post: «Solidarietà a Matteo Hallissey, presidente dei Radicali italiani», ha scritto Bignami, «aggredito a un evento Anpi per aver provato a porre domande in un flash mob pacifico. Da chi ogni giorno impartisce lezioni di democrazia ma reagisce con violenza, non accettiamo lezioni». Non si comprende, come abbiamo detto, dove sia la violenza, perché per una volta bisogna pur mettere da parte il politically correct e l’ipocrisia dilagante e dire le cose come stanno: dal video emerge in maniera cristallina la natura provocatoria del flash mob pro Ucraina, e da quelle urla e da quegli atteggiamenti, per noi che abbiamo purtroppo l’abitudine a pensar male, anche se si fa peccato, fa capolino pure che magari l’obiettivo era proprio quello di scatenare una reazione violenta da parte dei partecipanti al convegno.
Non lo sapremo mai: quello che sappiamo è che i Radicali, sigla che nella politica italiana ha avuto un ruolo di primissimo piano per tante battaglie condotte in primis dal compianto Marco Pannella, sono ormai ridotti a praticare forme di puro macchiettismo politico, pur di ottenere un po’ di visibilità: ricorderete lo show di Riccardo Magi, deputato di +Europa, che vaga nell’aula di Montecitorio vestito da fantasma. A proposito di Magi: il congresso che lo scorso febbraio ha rieletto segretario di +Europa il deputato fantasma è stato caratterizzato da innumerevoli polemiche e altrettante ombre. Poche ore prima della chiusura del tesseramento, il 31 dicembre, dalla provincia di Napoli, in particolare da Giugliano e Afragola, arrivano la bellezza di 1.900 nuovi iscritti, praticamente un terzo dell’intera platea di tesserati, iscritti che poi si traducono in delegati che eleggono i vertici del partito. Una conversione di massa alla causa radicale degli abitanti di questi due popolosi comuni del Napoletano in sostanza stravolge gli equilibri congressuali. Tra accuse e controaccuse, un giovanissimo militante, alla fine dello stesso congresso, sconfigge nella corsa alla presidenza di +Europa uno storico esponente del partito come Benedetto Della Vedova. Si tratta proprio di Matteo Hallissey.
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