2023-09-21
L’Europa sa soltanto rinviare. «Per una missione navale serve l’accordo di 27 Paesi»
Il portavoce dell’esecutivo Ue gela le aspettative dell’Italia. E all’Europarlamento il pacchetto migranti è bloccato. Pessimismo in vista del Consiglio del 28 settembre.Se qualcuno cercava una conferma al fatto che l’unica soluzione, per l’Italia, per fermare gli sbarchi illegali di migranti sulle sue coste sia fare da sola, questa è arrivata ieri. Ed è arrivata da una delle fonti più autorevoli in materia, vale a dire il portavoce della Commissione europea per gli affari esteri, Peter Stano, che nel corso di una conferenza stampa a Bruxelles ha risposto a una domanda sull’ipotesi di una missione navale europea (fortemente invocata dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni) con parole inequivocabili. «Non entriamo in dettagli e non commentiamo idee o proposte che emergono a livello nazionale», ha detto Stano, «ma ricordo che qualsiasi missione europea è uno strumento di politica estera e di sicurezza comune. Qualsiasi decisione su queste missioni è nelle mani dagli Stati membri e va presa all’unanimità dei 27». Andando più nel merito, il portavoce ha spiegato che «quando i Paesi terzi sono coinvolti è logico che serve avere il loro consenso e questa è una precondizione di base, ma questo è un discorso prematuro: serve prima la proposta di un Paese, poi bisogna chiedere agli altri Stati membri di discutere e decidere all’unanimità». Insomma, un modo nemmeno tanto diplomatico per dire che l’Italia non otterrà mai un aiuto comunitario, né per la difesa dei confini esterni del continente, né tanto meno per la redistribuzione dei migranti arrivati illegalmente, come si può facilmente dedurre dalla serrata dei confini operata da Berlino e Parigi. Nel caso della Francia, si è arrivati ormai a sigillare il confine con l’Italia schierando l’esercito a Mentone, ma se l’obiettivo è l’unanimità, come insegna la storia dell’Unione europea, è bene non farsi illusioni, soprattutto quando, su un tema così sensibile, la strada verso una soluzione del problema accettabile per il nostro Paese è lastricata di trappole e di sabotaggi, dentro e fuori i nostri confini. D’altra parte, il lavoro di interdizione sul memorandum d’intesa con la Tunisia che stanno mettendo in campo le sinistre europee e che sta orchestrando l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue Josep Borrell, non induceva all’ottimismo a prescindere dalla questione dell’unanimità. Detto questo, la giornata di ieri ha fornito ulteriori elementi per far proseguire speditamente Palazzo Chigi sulla strada del procedere autonomamente. La conferma dello stallo che circonda questo tipo di decisioni è stata data, parallelamente alle affermazioni di Stano, da quanto accadeva al Parlamento europeo nel corso dei negoziati coi governi nazionali per chiudere l’accordo su tutte le parti del Testo sulla regolamentazione delle crisi migratorie (il cosiddetto «pacchetto migranti»). L’Europarlamento, infatti, è stato costretto a sospendere le trattative sul database europeo per le richieste d’asilo e sullo screening congiunto degli arrivi. La presidente del gruppo di contatto sull’asilo Elena Yoncheva ha dovuto infatti constatare che «mentre i negoziati sulla maggior parte delle proposte legislative del nuovo patto sulla migrazione e l’asilo avanzano a ritmo sostenuto, abbiamo appreso con rammarico che gli sforzi della presidenza per raggiungere un mandato negoziale del Consiglio sul regolamento sulla crisi sono in fase di stallo. Il Parlamento», ha aggiunto, «ha più volte sottolineato il suo impegno verso una riforma globale della politica di asilo e migrazione dell’Unione europea. Tuttavia, ciò è possibile solo se vengono affrontati tutti gli aspetti di questa riforma, anche per quanto riguarda la solidarietà e l’equa condivisione di responsabilità tra gli Stati membri dell’Ue». Ciò, naturalmente, non rappresenta un buon viatico in vista della prossima riunione del Consiglio Ue per gli Affari interni, fissata per il 28 settembre: proprio per questo gli ambasciatori Ue nei Paesi membri, che ieri hanno tenuto un coordinamento nella capitale belga, hanno chiesto che si vada oltre le divisioni e l’immobilismo e che in vista della riunione del 28 vi siano progressi sia sul memorandum Ue-Tunisia che sul Piano in dieci punti presentato a Lampedusa domenica scorsa dalla presidente Ursula von der Leyen. Sarà dunque quella la sede per approfondire la questione della missione navale e per far venire allo scoperto gli Stati che si oppongono a questa iniziativa congiunta, che come è noto ha avuto un precedente come la missione Sophia, non a caso evocato dallo stesso premier Meloni nella sua visita a Lampedusa di domenica scorsa. Una missione, ha detto sempre il portavoce Stano, interrotta perché nelle ultime fasi non è stata in grado di svolgere pienamente il suo mandato perché mancavano mezzi navali e soprattutto «c’erano disaccordi sullo sbarco e sulla sistemazione delle persone soccorse in alto mare». Sul fronte delle (poche) buone notizie, si segnala infine l’ottimismo del Commissario europeo Oliver Varhelyi sul memorandum: «Il memorandum con la Tunisia», ha detto, «sta funzionando. Senza, ora ci sarebbero ancora più sbarchi. Ma non si può pensare di abbattere la rete dei trafficanti in due mesi».
Jose Mourinho (Getty Images)