2022-03-18
Letta vuol far slittare il Recovery plan che ieri magnificava
Con l’inflazione Ue al 5,9% il dem chiede di posticipare di 12 mesi. Peccato che il governo sia nato proprio per realizzare il Pnrr.Come uno studente che vede avvicinarsi l’esame e si sente poco preparato, l’Italia dovrebbe approfittare della guerra per spostare di un anno il Pnnr e l’assalto ai miliardi del Recovery plan. L’ideona è di Enrico Letta, lanciata in un summit con gli altri leader socialisti europei, nelle stesse ore in cui Eurostat certifica il nuovo picco dell’inflazione nell’Eurozona (5,9% a gennaio), un record che in effetti dovrebbe far riflettere anche sui nuovi rischi della filosofia di spesa che sta dietro al Pnrr. Peccato che il segretario del Pd, un anno fa, abbia voluto a tutti i costi il governo del non eletto Mario Draghi per «portare a casa» il Pnnr e che lo stesso partito, alla fine, abbia bloccato le ambizioni quirinalizie dell’ex capo della Bce sempre in nome di un’efficiente gestione della pratica europea. L’ultraeuropeista Letta ha scelto il terreno che gli è più congeniale, quello dei socialisti europei, per provare il colpaccio del rinvio. Nel corso di un summit straordinario su Zoom, il segretario del Pd ha proposto di far slittare di un anno, ovvero al 2027, il termine del Pnrr, con la scusa che la guerra in Ucraina avrebbe radicalmente cambiato la situazione mondiale. Un’idea ripetuta ieri anche all’Arena di Verona con queste parole: «Lancio una proposta di buon senso, che a livello europeo è il momento di porre. Cioè spostare di un anno l’esercizio di bilancio europeo e nazionale del Pnrr, al 2027». «Ricordo», ha spiegato Letta, che «il Pnrr nasce nel 2020 con il Next generation Eu, ma la gestione del piano va dal 2021 al 2026. Ora, il 2021 è stato dedicato all’elaborazione di progetti e l’esercizio di bilancio legato ai fondi strutturali del Pnrr terminerebbe nel 2027». In sostanza, prosegue il ragionamento dell’ex premier, «facendo slittare di un anno la gestione del piano, si darebbe tempo al nostro Paese di rimodulare i progetti per presentare i bandi». La scusa sarebbe quindi quella di fare le cose meglio e con più calma. E il campo dove Letta pensa di essere più convincente è quello dell’energia, perché qui «il quadro attuale non è più lo stesso di appena un mese fa, visti i prezzi aumentati di molto». Ecco perché, insomma, servirebbe più tempo per ritarare i progetti e le varie richieste di finanziamento all’Europa. E già che c’è, Letta rilancia per l’ennesima volta la sua idea di togliere il diritto di veto in Europa, in modo che un singolo Stato non possa più opporsi da solo a una riforma. Anche qui, la scusa sarebbe la guerra e la necessità, per esempio, di prendere «grandi decisioni su difesa ed energia».Va detto che l’idea dello slittamento, se da un lato è molto comoda per un governo che appare in affanno sul Pnrr e non solo, dall’altro rischia di avere più di una controindicazione. I mercati, sia finanziari sia delle materie prime, hanno reagito in modo ovviamente molto netto all’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca, ma altrettanto rapidamente potrebbero placarsi appena vedessero un cessate il fuoco. Mentre se si resta solo sull’energia, il prezzo del petrolio e del gas erano in forte rialzo ben prima del 24 febbraio, quando sono piovuti i primi missili russi. Quanto al sacrosanto tema di una maggiore autonomia dell’Italia sulle fonti di energia, non è certo un anno in più o in meno che può essere risolutivo e riposizionare un intero sistema industriale. Ieri, poi, sono stati diffusi gli ultimi dati sui prezzi in Europa, non esattamente in linea con uno scenario di crescita «spintanea» come quello ipotizzato dal Recovery. A febbraio, secondo Eurostat, la corsa dei prezzi nell’Eurozona ha toccato il 5,9% contro il 5,1% di gennaio. Nell’insieme dell’Ue, l’inflazione è salita al 6,2% (il 5,6% a gennaio). A incidere di più sulla crescita dei prezzi, osserva Eurostat, sono stati i costi dell’energia (+3,12%) e dei servizi (+1,04 punti). Ma il dato che fa riflettere è che, solo un anno fa, l’inflazione era allo 0,9%. Significa che tutta la filosofia del Pnrr, che per esempio prevede una pioggia di miliardi su strade, ponti e infrastrutture varie, andrebbe forse ripensata, più che «ritardata» di 12 mesi, visto che sono tutte spese che rischiano di gonfiare ulteriormente l’inflazione. Ma di fronte alla fuga in avanti di Letta c’è da stropicciarsi gli occhi anche per ragioni meramente politiche, o di potere. Per esempio, a Palazzo Chigi c’è un signore come Mario Draghi che forse avrebbe voluto traslocare al Colle più alto, dopo aver rassicurato i partiti della maggioranza e l’Europa che il Pnrr era più che avviato. E invece gli hanno preferito ancora una volta Sergio Mattarella, sostenendo, il Pd per primo, che Draghi non poteva mollare Palazzo Chigi con il Pnrr in ballo. Chissà che nervoso, ieri, per il premier, quando avrà letto che per Letta ora il Pnrr deve slittare. Per non parlare del governo di Giuseppe Conte, della maggioranza del Pd con i 5 stelle e dell’ipotesi di elezioni anticipate: erano tutte bestemmie perché avrebbero ostacolato le urgenze del sacro Recovery. Oggi si scopre che, a causa di Vladimir Putin, tutto può attendere. Anche i soldi che ci «regala» l’Europa.