2021-05-07
Letta il «francese» le sta sbagliando tutte
Enrico Letta (Getty Images)
Dopo i flop da uomo di fiducia di Romano Prodi, vice di Pier Luigi Bersani e premier mortificato da Matteo Renzi, il neosegretario dem ha abbandonato i toni moderati per infastidire il Carroccio. Risultati? Zero. E mentre il patto con Giuseppe Conte è in alto mare, pure la linea del rigore scricchiola.C'è stato un tempo in cui Enrico Letta era considerato una testa d'uovo. Gli anni a Strasburgo, la laurea con lode a Pisa, il dottorato presso la Scuola superiore Sant'Anna, la frequentazione con Nino Andreatta, ossia di colui che ha inventato l'Ulivo e, ahinoi, anche Romano Prodi, di cui divenne il discepolo prediletto. Insomma, per il nipotissimo tutto sembrava concorrere a lasciar immaginare un futuro sfolgorante. Purtroppo, di quelle promesse da testa d'uovo oggi resta solo l'uovo, ovvero un guscio fragilissimo, che alla minima pressione può andare in frantumi, riducendosi a semplice carbonato di calcio.Preceduto da grande fama e da altrettanta stima (l'uomo è di una cortesia infinita), Letta aveva già dato prova di non essere quel che si pensava ai tempi in cui proprio Prodi lo volle al suo fianco, affidandogli il ruolo di sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel suo secondo governo. Probabilmente il professor Mortadella sperava di avere così il suo Letta, ovvero uno spiccia faccende in grado, con il garbo e la sottile diplomazia, di tenere a bada i rissosi alleati e di occuparsi dei dossier più scottanti. In realtà a Palazzo Chigi Enrichetto fu inghiottito, assorbito da non si sa quali impegni. Sta di fatto che di una delle questioni più spinose, ovvero la gestione di Telecom Italia, che per Prodi era già stata fonte di guai, finì per occuparsi Angelone Rovati, un buon uomo, senza nessun titolo particolare se non quello di essere amico di Romano. Così, mentre questi se ne stava in Cina, cominciò a circolare il piano di scorporo della rete telefonica messo a punto dal consigliere speciale del presidente del Consiglio. Bastarono poche indiscrezioni per far esplodere il caso: un uomo privo di ruoli istituzionali che per conto del capo del governo mette a punto un'operazione su una società quotata, con l'intenzione di privarla del suo asset più importante: la rete. Risultato, Angelone venne cacciato da Palazzo Chigi, Letta si inabissò ancora di più sui fondali della politica e Prodi provò a resistere, ma come è noto durò poco.Dalle acque profonde il pio Enrico riemerse qualche anno più tardi, quando, passato Prodi, passato Berlusconi, fu la volta di Pier Luigi Bersani. L'allora segretario del Pd era certo di avere in tasca la vittoria alle elezioni e il suo vicesegretario, cioè Enrichetto, forse credeva di avere in tasca l'occasione di succedergli alla guida del partito. Andò meglio, o peggio, decidete voi. Bersani non vinse ma provò lo stesso a fare un governo, ma fu preso a pesci in faccia da Vito Crimi e Roberta Lombardi, nella famosa diretta streaming pretesa dai grillini. Per di più, il povero Pierluigi non riuscì neppure a far nominare il presidente della Repubblica che aveva in testa. Risultato, fu poco diplomaticamente tolto di mezzo e toccò a Letta provare a formare un esecutivo di larga maggioranza. Nella scelta probabilmente pesò l'aria da bravo ragazzo, che non impegna e non disturba. E in effetti Enrichetto non disturbò né impegnò i suoi danti causa. Il governo durò meno di un anno, perché nel frattempo alla guida del Pd arrivò Matteo Renzi, il quale non vedeva l'ora di soffiargli la poltrona, cosa che per l'appunto fece appena messo piede al Nazareno. Il passaggio della campanella, un rito che si ripete da anni a ogni morte di premier, rimane negli annali della politica italiana. Letta guarda da un'altra parte mentre porge il simbolo del potere a colui che lo ha giubilato: una scena che da sola dice tutto. L'orgoglio ferito, la delusione di una carriera stroncata, la presa in giro dell'hashtag enricostaisereno lanciato appena due settimane prima. Letta se ne andò come una vergine tradita, scegliendo la via dell'esilio a Parigi, dove è rimasto fino all'altro ieri, quando le dimissioni di Nicola Zingaretti hanno indotto il Pd ad acclamarne il ritorno. Lungo le rive della Senna, gli amici che lo andavano a trovare per anni lo hanno descritto come distaccato dalle cose italiane, quasi avesse chiuso un capitolo della sua storia. Ma appena dal Nazareno lo hanno chiamato, l'allievo prediletto di Andreatta si è scapicollato. E questa è la ragione per cui oggi ve ne parliamo. Tornato in Italia, forse considerandosi una specie di Cincinnato o forse perché l'esperienza precedente gli è servita da lezione, Letta ha cambiato registro. Messi da parte i discorsi al valium, si è intestato una serie di uscite, tutte rigorosamente anti Lega. Lo ius soli, la legge Zan, i migranti, le chiusure per Covid. Obiettivo entrare in rotta di collisione con Salvini e costringerlo a uscire dalla maggioranza, fare comunella con i grillini in vista di un'alleanza alle prossime elezioni (fossero pure quelle amministrative) e accreditarsi in casa ma anche all'estero come unico sostenitore affidabile del governo Draghi. Dopo due mesi, si può dire che quasi niente gli è andato per il verso giusto. Con il leader della Lega, a parte le scintille, non ha portato a casa nulla. Quanto al patto con Giuseppe Conte e compagni, diciamo che siamo in alto mare, anche perché ad esserlo sono soprattutto i grillini e dunque le candidature per le comunali sono al momento in un limbo. Infine, sul rigore, visto l'apertura del presidente del Consiglio sul turismo, anche le chiusure sono andate a pallino. Improvvisamente il nipotissimo è stato costretto a sposare la linea della modifica al coprifuoco e pure quella dell'allentamento dei divieti, cioè la linea Salvini. Insomma, un disastro. Tuttavia il pio Enrico non si perde d'animo: gli rimane Fedez, il poverello di City Life, un San Francesco con la Lamborghini.
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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