2024-02-19
        Letizia Moratti: «Basta con l’ideologia. Sul green in Europa serve pragmatismo»
    
 
La presidente della Consulta di Forza Italia: «È per questo che ho lasciato il Terzo Polo. Tra Ppe e conservatori l’intesa è possibile».«No all’ideologia green, sì al pragmatismo». Tra la strada dell’eco-follia e quella del negazionismo, Letizia Moratti invita il Ppe a imboccare la «Terza via», «quella del buon senso, sulla scia dell’insegnamento di Berlusconi: libertà e sviluppo, ma senza lasciare indietro nessuno. È la dottrina sociale della Chiesa, che va rilanciata senza slogan roboanti ma con serietà e concretezza». L’ex ministro, oggi presidente della Consulta nazionale di Forza Italia, sta raccogliendo idee e proposte per rilanciare il partito. «Siamo gli unici in Italia a far parte della famiglia dei popolari europei, e per questo dopo le elezioni avremo la possibilità di dare le carte in Europa». Iniziamo dal partito. Come si immagina Forza Italia dopo il congresso? «Ci stiamo realmente rinnovando. Dopo la scomparsa del fondatore, il segretario Tajani ha svolto un grande lavoro per cercare di rendere tutti protagonisti. Prefiguro la riaffermazione dell’identità di Forza Italia delle origini. Con questi capisaldi: centralità della persona, libertà economica, attenzione al mondo produttivo, difesa dei valori europeisti e atlantisti». Antonio Tajani dice che alle elezioni europee Forza Italia può superare il 10%. È ottimista? «Penso che Tajani abbia fissato l’asticella al giusto livello. Vedo molta vitalità nel partito. C’è un grande vuoto politico al centro che attende di essere colmato. E vedo un ritrovato interesse da parte di tanti mondi che forse si erano un po’ allontanati da noi». Sullo sfondo, il rumore dei trattori che marciano per protesta nelle città italiane. Il messaggio è arrivato?«Gli agricoltori hanno ragione. Condivido il loro malessere. Chiedono investimenti e innovazione, per avere macchinari e tecnologie più aggiornati, mentre l’Europa, in vent’anni, ha dimezzato gli aiuti. Mi fa piacere che a livello europeo ci sia stata una correzione di rotta, mentre nel nostro Paese Forza Italia è riuscita a convincere il governo a ritoccare verso l’alto gli aiuti agli agricoltori». Da esperta delle dinamiche industriali, che cosa pensa delle auto termiche messe al bando nel 2035? «Un obiettivo politico che mette in ginocchio famiglie e imprese. Sostituire tutte le auto tradizionali con auto elettriche per quella data è socialmente insostenibile. Basti pensare che una Panda elettrica costa 25.000 euro, un prezzo sproporzionato per un’utilitaria, e per giunta viene prodotta all’estero». Da ex sindaco di Milano, che effetto le fa la chiusura del traffico nel capoluogo lombardo, e il limite a 30 all’ora a Bologna? «Anche nelle città, sento un gran bisogno di ragionevolezza. Da sindaco puntai sulla limitazione del traffico attraverso disincentivi, ma anche sul rinnovo delle caldaie e sul riscaldamento a pompe di calore. Non si può insistere solo sulle auto: ci sono tante azioni da mettere in atto, in maniera sinergica e senza pregiudizi».Il Partito popolare europeo, di cui Forza Italia fa parte, dovrebbe prendere posizioni più nette contro gli eccessi ambientalisti promossi da Bruxelles? «Lo sviluppo dev’essere sostenibile, ma anche ragionevole. Il Ppe, che pure negli ultimi tempi sta dimostrando più attenzione, deve seguire con convinzione la strada del “pragmatismo ambientale”. Non bisogna essere ideologici come Timmermans, ma neanche negazionisti: io dico che è tempo di tracciare una “Terza via” di buon senso, attenta all’ambiente ma anche alle persone e alla loro vita quotidiana». E nel nome di questo pragmatismo, contro l’ideologia green, popolari e conservatori possono marciare insieme, in Italia e in Europa? «Sì, certo. Le due famiglie politiche sono compatibili, e poi le urne ci diranno se in Europa una maggioranza è possibile. È il Partito socialista a guidare questo green deal forsennato, che ha tramortito tanti settori economici. E anche i liberali di Renew Europe hanno sempre avallato quelle politiche». Dunque è per via di questi eccessi green che il suo tentativo di collaborazione con il Terzo Polo di Renzi e Calenda è naufragato? «Assolutamente sì, e lo dico con grande rispetto per Renzi e Calenda. Ho sempre sottolineato la mia incompatibilità con la linea anti-industriale portata avanti da Renew Europe assieme ai socialisti. E questo è stato il motivo di fondo che mi ha convinto ad interrompere l’esperienza con il Terzo Polo, rientrando in Forza Italia, unico partito italiano nella famiglia del Ppe». I popolari resteranno cruciali alle prossime europee?«Sì. Sarà ancora una volta il partito cardine dell’Unione. Il voto europeo sarà fondamentale per la determinazione delle politiche europee su industria e agricoltura. E far parte del Ppe significa dare le carte in Europa e contare veramente. Lo dico con rispetto per gli alleati italiani, ma i voti che non andranno a Forza Italia purtroppo saranno voti “congelati”, cioè non spendibili concretamente nelle sedi decisionali». Si aspetta che l’Italia sia rappresentata con un personaggio di peso nella prossima Commissione?«Deve esserlo. Può essere un commissario all’Ambiente o all’Agricoltura, dipenderà anche dal risultato elettorale, ma l’Italia merita indubbiamente un ruolo importante». Le compravendite immobiliari crollano del 16% nel secondo trimestre del 2023. I supertassi Bce fanno barcollare il mercato immobiliare? «Questi tassi sono un freno alla crescita, bisogna abbassarli quanto prima. Ferma restando l’indipendenza della Bce, ci troviamo di fronte a un’inflazione che sta scendendo più rapidamente di quando è salita. Tassi elevati creano problemi agli investimenti e rendono impossibile l’accesso ai mutui».Parliamo di programmi. Su cosa dovrebbe concentrarsi il governo Meloni da qui alla fine della legislatura? «Mi auguro che le tappe che stiamo organizzando con il lavoro della Consulta di Forza Italia arricchiscano il dibattito. Personalmente, ritengo che l’urgenza sia sempre la crescita economica. Siamo la seconda manifattura europea, abbiamo bisogno di investimenti nelle infrastrutture energetiche, di trasporto e digitali». Dunque quali sono le priorità? «Nel complesso l’azione del governo è positiva, tenendo conto delle criticità degli ultimi mesi, dall’Ucraina, a Gaza al Mar Rosso. Se dovessi individuare delle priorità, senza dubbio direi di concentrarsi su semplificazione e giustizia, per rendere più attrattivo il nostro Paese agli occhi degli investitori».Mentre il Senato dice il primo sì alla riforma Nordio, qual è il prossimo passo? «La madre di tutte le riforme, per dare piena attuazione all’articolo 111 della Costituzione, è la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Non è accettabile che magistratura inquirente e giudicante siano così contigue. Il momento di procedere con questa riforma, rimandata per troppo tempo, è arrivato».E invece sulla giustizia civile?«Occorre introdurre nuovi termini perentori a carico dei magistrati per consentire la riduzione dei tempi dei procedimenti. È un punto urgente: abbiamo tre milioni di cause in sospeso che valgono tre punti di Pil». L’altro tema molto sentito è quello della sanità. Nei giorni scorsi, a Milano c’è stata un forum della Consulta di partito per mettere a punto le vostre linee guida. «Servono investimenti più in linea con le medie Ocse. Bisogna rivedere l’organizzazione dei medici di famiglia, adeguare organici e retribuzioni, e l’obiettivo di fondo è il rafforzamento della sanità territoriale, per alleggerire il peso sugli ospedali». Quanto c’è del pensiero di Silvio Berlusconi dietro il suo lavoro programmatico nel partito? «Silvio Berlusconi è stata una figura centrale nel mio percorso politico. È lui che mi ha chiesto un impegno di governo, è lui che mi ha voluto come sindaco a Milano. Il rapporto di profonda stima che avevo con lui si rinnova oggi con i suoi figli». E sul piano ideale? «Ho sempre abbracciato il suo concetto di libertà, fatto di concorrenza, competizione, ma anche sostegno a chi ha più bisogno. Una visione che ben si accorda con la dottrina sociale della Chiesa e con la storia dei popolari italiani. Berlusconi riuscì a conciliare la democrazia cristiana con liberali e socialisti. Era l’unico che davvero sapeva fare sintesi. Oggi l’idea dell’economia sociale di mercato è ancora valida, per mettere insieme mondi e culture politiche diverse».
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