Abbiamo raccolto alcune storie.
Fabrizio Cinquini è un medico chirurgo. Usa la cannabis sia a scopo ludico che come medicinale ed è una delle persone che ha più contribuito alla ricerca e allo studio di questa pianta e per questo è l'unica persona di cui in quest'articolo si può scrivere nome e cognome. Ha effettuato coltivazioni illegali di cannabis anche con varie decine di piante, seminate nel campo dietro la casa di campagna autodenunciandosi ai carabinieri. Ha passato svariati mesi tra carcere e arresti domiciliari. «Quando facevo servizio sulle ambulanze come medico qualche anno fa ho avuto un incidente e ho contratto l'epatite C», racconta. «Ho provato a curarmi con qualsiasi metodo scientifico convenzionale. In seguito ai cicli di chemio e agli altri medicinali, ho avuto una serie di effetti collaterali che secondo me non valevano la candela: curarsi per stare peggio rispetto alla stessa malattia mi sembrava un accanimento. Ho sperimentato una cura a base di papaia, aloe e semi di cannabis e grazie a essa ho recuperato il peso, la fame, la voglia di vivere, il movimento. Da quel momento ho iniziato a coltivare, studiare, incrociare vari ceppi di cannabis ed ho effettuato ricerche e studi che mi hanno convinto delle incredibili proprietà curative della pianta. Ho incrociato specie che riescono a curare molte malattie e patologie». Fabrizio, con la cannabis, oltre a curarsi si alimenta e si veste e non distingue tra aspetto ludico e curativo. «Paradossalmente tra le droghe la cannabis è una di quelle che a parer mio fa meno male, certamente meno dell'alcol e di molte altre sostanze consentite a uso alimentare. Non si dovrebbe parlare di sostanze pericolose quando si proibisce qualcosa», aggiunge, «ma di quantità pericolose e modalità d'uso pericolose per ogni sostanza».
Federico è un gallerista che tratta arte moderna e contemporanea: gira il mondo per fiere, mostre e vernissage, ma quando torna a casa, nella sua terrazza l'estate o nell'armadio l'inverno, tiene sempre due o tre piantine. «Coltivarle è per me un diversivo, un impegno che mi stacca dalla quotidianità», spiega. «Tra l'altro curare una pianta è un antidepressivo e se poi te la puoi anche fumare cosa vuoi di più? Io non concepisco chi va nella piazza del mio quartiere e regala soldi alla criminalità, fuma qualcosa che non sa da dove provenga, rischia di essere arrestato o segnalato, e tutto questo per una canna. È una questione di buon senso e intelligenza capire che ogni eccesso fa male e soprattutto capire cosa faccia male e bene al proprio fisico: ad esempio ci sono persone che fumano e poi vanno in paranoia o almeno diventano più ansiose». Anche Federico ritiene alcolisti e fumatori incalliti più a rischio di lui: «Prima fumavo molte sigarette, poi ad una festa ho cominciato a fare qualche tiro di canna e ho fatto delle risate fantastiche per il resto della serata, così mi sono deciso a coltivare la mia erba. Il mio armadio per la coltivazione», racconta, «ora è sicuramente uno dei più sofisticati d'Italia, mi diverto di tanto in tanto ad aggiungerci ventilatori, sensori, irrigatori ed ogni optional in più che migliori la resa delle piante. È un hobby al quale mi dedico almeno un'ora al giorno, ascoltando musica classica con le mie piantine: lo sa che anche a loro piace la musica?».
Andrea è un quarantenne di quelli sempre con il sorriso e dirige una società di comunicazione e web marketing insieme ad altri quattro soci. Negli spazi di lavoro tra un computer e una stampante, tra uno studio fotografico e una sala riunioni lavora con circa una decina di persone tra grafici designer e programmatori, il tutto in un ambiente giovanile, informale e rilassato. Andrea è divorziato, ha una figlia di 9 anni e due cani: «Fumo da quando avevo 16 anni, tutti i giorni. Mi piace, mi aiuta e sono convinto che non faccia male, se non ne fumi più di due al giorno (in ognuna c'è il tabacco di mezza sigaretta). Quando posso la coltivo io, per evitare di dover andare a comprare schifezze per la strada». Fuma, ma non si sballa. E sostiene che farsi gli spinelli lo aiuti persino sul lavoro: «A me non piace non avere il controllo di me stesso, lo faccio per rilassarmi, per dormire meglio, per togliermi un po' d'ansia del lavoro e per aumentare la mia creatività». Per Andrea allontanare lo stress e spedire alcaloidi nel cervello aiuta a creare campagne migliori: «Riesci a interagire meglio con gli altri e scatenare la fantasia in questo lavoro è fondamentale».
Giovanni è un esperto di effetti speciali per il cinema, ha partecipato a due importanti spedizioni in Birmania con un team di scienziati e ricercatori, conosce 5 lingue e moltissime culture, è figlio d'arte e nipote di uno dei più importanti geologi ed esploratori dell'ultimo secolo. Vive in una grande casa-museo con il padre, anche lui artista, e grande conoscitore delle terre asiatiche. Ogni centimetro di muro e di pavimento in questo luogo è coperto da quadri e oggetti di ogni genere provenienti da ogni parte di mondo: indumenti tipici, machete dell'Amazzonia, pipe indiane, bandiere buddiste, sassi tondi del Nepal e via dicendo. Per lui ci sono una decina di piante nel mondo che permettono all'uomo di vivere senza grandi problemi e la cannabis è una di quelle, come la vite, e sorridendo mostra una bottiglia di vino.
Nel grande giardino tra altissime canne di bambù e totem costruiti con i galleggianti raccolti in tutti gli oceani del mondo, le piante di marijuana nel periodo estivo crescono alte anche 3 metri. Ne utilizza circa un grammo al giorno, due sigarette, o altrimenti ne fa un tè. Davanti al caminetto a gambe incrociate su una stuoia prepara una lunga pipa. «Quando ho preso la malaria pesavo 40 chili, grazie al Thc (il principio attivo della pianta, ndr) riuscivo a mangiare e dormire, cosa impossibile che con qualsiasi altra medicina. Devo molto a questa pianta», osserva «fra mezzo secolo nessuno si ricorderà dei cento anni di proibizionismo mondiale che hanno interrotto i benefici che dava a tutti gli uomini e non parlo solo di fumate o oli curativi, ma di fibre, plastiche e biocarburanti».
Alberto è un noto imprenditore, fa parte di una famiglia molto conosciuta e in vista e per questo è preoccupato per quelle che potrebbero essere le conseguenze nel caso in cui venisse riconosciuto, ma alla fine accetta comunque di farsi fotografare con il suo ultimo raccolto. «Sono preoccupato perché questo è uno Stato nel quale se rubi 20 milioni probabilmente te la cavi, se ti trovano una piantagione in casa passi molti più guai, quindi questa mia passione ancora a 40 anni mi spaventa» racconta. «Sono vent'anni che fumo e non credo che faccia male quanto dicono, altrimenti dovrei portarne i segni fisici e psicologici. L'importante è non esagerare. Ovviamente non fumo in ufficio, come non berrei mai prima di una riunione, eppure la sera a casa mi piace rilassarmi con un bel bicchiere di vino rosso e con una bella canna. Sul lavoro ho grandi responsabilità e sulle mie spalle tante famiglie, non ho mai fatto un errore in preda all'effetto di una o due canne. Mi sento un bravo italiano che paga le tasse e produce ricchezza, nel mio giardino ci sarà sempre un po' di cannabis, con la legge a favore o contro».
Edoardo ci mostra una grande piantagione. Non è stato facile convincerlo e sono tornato in questa parte di Roma varie volte per poter avere la sua fiducia. Per arrivarci si deve entrare in un grande parco comunale e qui il rischio di controlli delle forze dell'ordine è elevato. Siamo entrati nel parco, abbiamo camminato a fianco di passeggini e cani al guinzaglio e poi abbiamo seguito il nostro interlocutore dentro a un cespuglio e giù per una scarpata: «Questa piantagione appartiene a più persone, è la copia illegale dei cannabis club spagnoli che invece in terra iberica sono legali e permettono alla persone di costituire delle associazioni», spiega: «Ognuno mette una quota per il proprio consumo annuale e alcune persone del gruppo pensano a curare la coltivazione, poi viene fatta la raccolta e la divisione fra tutti i soci. In questa maniera tutti riescono ad usufruire di un prodotto di qualità senza dover rischiare l'acquisto di prodotti scadenti e derivati dal mercato nero. Noi facciamo lo stesso, io ed altri curiamo questo lembo di terra, ma qui il rischio è più alto per la quantità e la porzione di terreno che potrebbe sempre essere avvistato dagli elicotteri».
Tra i soci di questa coltivazione ci sono professionisti e persone comunque insospettabili. Per esempio vi abbiamo incontrato un avvocato, un imprenditore e un giornalista che ha partecipato a diverse campagne antiproibizioniste. Indubbiamente l'unione fa la forza e il livello di organizzazione e di coltivazione è più avanzato. «Se la polizia ci dovesse trovare con una piantagione del genere sarebbe difficile spiegare che è per noi e non per la vendita», continua, «ma anche il rischio fa parte di questo gioco e non è possibile fare qualcosa di illegale senza correrne».
Francesca è una grafica e fotografa, ha un suo studio e partecipa a importanti campagne pubblicitarie. In casa sua ha riservato uno spazio piccolo per una o due piantine, fuma pochissimo, ma la sera sul divano - accompagnata da un barattolino di gelato - accende uno spinello della sua erba e così riesce a mettere da parte lo stress del lavoro. Se le chiedi cosa pensi della normative sulla cannabis in Italia ti risponde che c'è confusione: «Non si possono mettere sullo stesso piano sostanze come la cannabis e le pasticche: le nuove droghe sono qualcosa di così letale che alcune vengono fatte con il veleno per topi con mix di acidi di batteria seccati, anestetici per cavalli, cocaina. Io le mie piante le cresco in terrazzo, le camuffo tra l'edera il basilico, la menta e ci aggiungo dei piccoli pezzi di stoffa rossa legati con un sottile filo che simulano dei fiori: così gli elicotteri della polizia che passano sulla città non le riconoscono. Non so quanto resisterei in galera o anche solo al terrore di dovermi presentare davanti un giudice perché mi hanno beccata a coltivare; faccio di tutto per non farmi vedere e fino ad ora direi che ci sono riuscita». Francesca anche se si definisce un'intellettuale ha superato più volte i limiti che dicono di rispettare altri suoi colleghi coltivatori: «Devo ammettere che a Londra, dove ho vissuto, mi sono lasciata andare a diversi eccessi: mi è sempre piaciuto sballarmi in discoteca o a casa di amici, non credo che uscire dai canoni convenzionali di lucidità sia un reato, anzi credo che chi non passa mai dei momenti di euforia alla lunga possa avere dei grossi problemi a livello nervoso».
Roberto è malato di sclerosi multipla e ha scoperto come tanti malati l'uso della cannabis come antidolorifico, oltre alla cura della propria malattia. Così si è appassionato e ha iniziato a coltivare le sue piante studiandone la genetica, incrociando le specie e selezionando i semi: «L'iter per farsi prescrivere la cannabis statale è lungo e offensivo, i dottori ti ridono in faccia ti giudicano come un drogato e ti prescrivono dosi che non hanno effetto neanche su una formica», si accende: «Io non sopportavo l'idea di essere preso in giro da un sistema sanitario che pago e ho pagato tutta la vita a suon di tasse e di lavoro onesto. Ho deciso di mettere il passamontagna per questo servizio fotografico perché sono dovuto diventare una specie di guerrigliero per ottenere il rispetto di diritti che dovrebbero essermi garantiti senza domande». Roberto adora la sua piantagione: «La mia serra è organizzatissima e divisa in spazi diversi: per l'essiccazione, la crescita, le talee. Ho realizzato un impianto di aerazione che cattura qualsiasi odore. Credo che la mia sia una delle piantagioni più moderne d'Italia; mi tengo aggiornato su tutti i nuovi prodotti, sulle diverse luci, su Internet c'è un mondo e io mi faccio spedire tutto a casa perché sono estremamente attento alla sicurezza».
Davide è un ragazzo emigrato dal sud, ha studiato per diventare fisioterapista ed ha aperto un suo studio privato. Anche lui non riesce a vedere la cannabis come una droga: «La verità è che la canapa, la marijuana o come la volete chiamare è la pianta con la fibra più forte, che può essere utilizzata in mille modi. Grazie ad essa si sono potuti esplorare i mondi visto che tutte le cime erano fatte di canapa, così come la Costituzione americana». Davide ci mostra la sua casetta di legno in cui coltiva la marijuana: «L'ho acquistata un paio di mesi fa e messa qui in cortile; la coltivazione è quasi completamente autonoma. Se manco per qualche giorno tutto l'apparato va avanti da solo con timer e pompe per l'irrigazione. Qui a Roma non ho un giardino, quindi faccio tutto in casa, ma giù in Puglia: d'estate, con gli amici, facciamo sempre una piccola produzione da dividerci per l'inverno. A volte la offro a qualche amico, gliela faccio pagare il prezzo di costo, non ci guadagno nulla, ma almeno recupero le spese. Se mi dovesse capitare di finirla, non sarebbe difficile per me trovarla nel giro di un'ora».