2019-04-10
L’esecutivo vuol cambiare qualcosa? Smetta di litigare
Il troppo stroppia. Dunque anche noi, che per primi avevamo scritto che leghisti e grillini una volta a Palazzo Chigi avrebbero recitato due parti in commedia, interpretando sia il ruolo della maggioranza che quello dell'opposizione, cominciamo ad averne le tasche piene. Va bene distinguersi e va bene pure che in vista delle elezioni europee ciascun esponente dell'esecutivo giochi la propria partita, nella speranza di massimizzare il risultato e poi ridiscutere gli equilibri all'interno del governo.E però a tutto c'è un limite. Se ogni giorno ci si prende a sganassoni, poi si fa fatica a sedersi allo stesso tavolo e decidere in armonia le decisioni che si devono prendere per il Paese. Ancor più difficile, se non impossibile, diventa l'opera di tranquillizzare il mondo della finanza e dell'industria, che avendo a che fare con i soldi è sempre attento a ogni umore della politica, e si innervosisce in fretta. Soprattutto se leggendo la stampa e ascoltando i tg pare di stare sul Titanic, dove però, invece di ballare, i viaggiatori se le suonano di santa ragione mentre la nave fa rotta contro l'iceberg. Un giorno, a dividere Lega e 5 stelle è la famiglia, che la prima vorrebbe naturale, cioè composta da padre e madre, e il Movimento parrebbe intenzionato ad allargare. Un altro sono le alleanze in Europa, perché nonostante a Roma marcino compatti (si fa per dire...), leghisti e grillini a Bruxelles si fanno la guerra, i secondi accusando i primi di unirsi a chi nega la Shoah. Il terzo giorno, avendo esaurito temi etici e fantasmi nazisti, Salvini e Di Maio si danno schiaffoni su come debba essere la flat tax e chi ne debba beneficiare.Ovviamente, con simili notizie i giornaloni ci vanno a nozze, perché essendo in mano all'establishment non vedono l'ora di inzuppare il biscotto delle critiche e di poter fare un titolo in prima pagina sulle divisioni dell'esecutivo. Ieri Repubblica, quotidiano per cui i pentastellati rappresentano la peggior sciagura dopo l'invasione delle locuste, ha inaugurato lo stile esortativo, stampando a caratteri cubitali un «Smettetela di litigare». Si capiva benissimo che nella redazione del giornale debenedettiano sperano nel contrario, perché se Salvini e Di Maio smettessero di farsi gli sgambetti, Eugenio Scalfari e compagni non saprebbero più di che scrivere e con chi prendersela (ormai in funzione anti leghista hanno riabilitato perfino Silvio Berlusconi). Questo è il clima che si respira e che la grande stampa rilancia con enfasi. Risultato, nonostante le smentite arrivino puntuali dopo ogni scontro, ci si convince sempre di più che il governo non supererà l'estate. Ormai la scadenza del 26 maggio è vista come un traguardo da tagliare, oltre il quale sarà impossibile andare. Per lo meno con il governo targato Giuseppe Conte.In attesa dell'appuntamento, tutto rimane sospeso in una specie di limbo, comprese le decisioni più urgenti, che vengono rimandate a data da destinarsi, come è accaduto con la Tav. C'è dunque da stupirsi se poi gli organismi internazionali, che certo non amano questa maggioranza e la vorrebbero mandare al più presto a casa, limano le proiezioni del Pil? No, semmai c'è da essere sorpresi che ancora ci attribuiscano uno zero virgola di crescita. Ma l'Italia può rimanere in attesa per due, forse tre mesi, ad aspettare nuove elezioni o fantasiose maggioranze alternative? Ovvio che no, non è possibile. Perciò, se Lega e 5 stelle non vogliono farsi - anzi, farci - male, sono condannati a governare uniti. Sappiamo che Salvini e Di Maio hanno idee diverse su molte cose e forse ultimamente neppure si sopportano, ma invece di dichiarare ogni giorno ai giornali il loro diverso parere, si telefonino più spesso e si mettano d'accordo. Se questo è il governo del cambiamento, come hanno spesso dichiarato, il primo cambiamento che devono portare in politica è la fine del teatrino per cui uno dice il contrario dell'altro. Questa commedia l'abbiamo già vista in passato, quando Prodi e Bertinotti stavano nella stessa maggioranza, e poi con Berlusconi e Fini (ma prima ancora con Casini e Follini) e sappiamo come sia finita la sceneggiata. Una cosa è certa: così non si va lontano. Si va solo a sbattere.