
Il porporato auspicava un pontefice che riunificasse la Chiesa. Zuppi intanto balbetta: «Obbedisco al Papa pure controvoglia».«Il ministero di Pietro è creare relazioni, ponti». Il programma del pontificato di Leone XIV è racchiuso nell’esortazione rivolta ieri ai Nunzi apostolici, cioè i suoi rappresentanti ecclesiali e diplomatici nel mondo. A loro, il Papa ha chiesto di essere «uomini capaci di costruire relazioni lì dove si fa più fatica». E cosa ci può essere di più faticoso, adesso, per il capo della Chiesa, se non ricomporre l’unità della Chiesa stessa? Per questo si carica di un forte valore simbolico l’udienza che lo statunitense, ieri, ha concesso al cardinale Camillo Ruini.In vista del conclave, l’infaticabile porporato novantaquattrenne non aveva mancato di manifestare le sue speranze. «Confido in una Chiesa buona e caritatevole, dottrinalmente sicura, governata a norma del diritto, al suo interno profondamente unita», aveva scritto ai confratelli convocati nella Cappella Sistina. Quanto all’identikit del successore di Francesco, sua eminenza aveva elencato alcune caratteristiche fondamentali: «Servirà un Papa buono», aveva spiegato sul Corriere a Francesco Verderami. Uno «che sia profondamente credente, dotato di attitudine nelle questioni di governo, capace di affrontare una fase internazionale delicatissima e molto pericolosa. E servirà un Papa caritatevole», anche «nella gestione della Chiesa». L’opposto di Jorge Mario Bergoglio, che ha svuotato di competenze gli organismi curiali e che predicava misericordia, ma, con i conservatori - si veda il trattamento riservato a Raymond Leo Burke, privato di casa e stipendio - e a volte persino con i suoi pupilli poi caduti in disgrazia - è stato il caso di Angelo Becciu - si è rivelato implacabile.Ruini appariva allarmato per via delle fratture che si erano prodotte nella barca di Pietro. «I funerali (di Bergoglio, ndr)», commentava, «hanno dato l’impressione che si sia risolto il problema principale del pontificato, quello cioè della divisione della Chiesa […]. Purtroppo la divisione è rimasta, con il paradosso per cui i favorevoli a Francesco sono per lo più i laici mentre i contrari sono spesso i credenti». Il cardinale aveva ammonito l’intero collegio: il «rischio di uno scisma», da lui paventato, avrebbe dovuto preoccupare sia i tradizionalisti sia i progressisti. Nella missiva indirizzata ai porporati elettori, Ruini sottolineava che se la «verità» e la «sicurezza» della dottrina si indeboliscono, «tutti noi, pastori e fedeli, siamo duramente penalizzati». È importante «risvegliare la consapevolezza», concludeva l’eminenza, «che la Chiesa, come ogni corpo sociale, ha le sue regole, che nessuno può impunemente ignorare».L’elezione di Robert Francis Prevost ha soddisfatto in pieno gli auspici del monsignore di Sassuolo, che sul Fatto Quotidiano ha lodato la «sorprendete rapidità» con cui l’americano è riuscito a «riunificare la Chiesa cattolica». Ruini ha elogiato «le doti personali» del pontefice, «cominciando dalla sua umiltà e semplicità per arrivare alla grande testimonianza di amore e di servizio al prossimo che ha dato nelle varie fasi della sua vita: valga per tutto ciò che ha fatto in Perù per i migranti e in particolare per la redenzione delle prostitute». L’obiettivo del porporato era di «restituire la Chiesa ai cattolici, mantenendo però l’apertura a tutti». Essere davvero universali.Ciò significa, ovviamente, che Leone non sarà un Papa «di destra». Non sarà nemmeno «di sinistra». Qualunque tentativo di appiccicargli un’etichetta - «anti Trump», ratzingeriano oppure bergogliano - sarà frustrato dalla concretezza del suo operato: se la sua missione è costruire relazioni e ponti, Prevost ascolterà tutti e parlerà con tutti. Ieri con il cardinale Ruini, oggi con il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Si rivolgerà ai fedeli in cerca di una guida salda, ma saprà pure occuparsi dei guai di un mondo travagliatissimo: si è espresso contro i femminicidi, ha invocato la tregua in Medio Oriente senza irritare Israele, si è offerto di mediare tra russi e ucraini e ha discusso al telefono con Vladimir Putin. Ha ricordato che la Chiesa «è sempre dalla parte degli ultimi, dei poveri», anche dei rifugiati, senza scadere nel pauperismo e senza banalizzare la complessità dei fenomeni migratori, che richiedono di essere regolati.È una minuzia, ma all’indomani del flop del referendum, vale la pena ricordare che Ruini fu il mattatore della campagna per l’astensione alla consultazione del 2005 sulla fecondazione assistita. L’ultima grande vittoria della Chiesa, quando il cardinale già intuiva che i cattolici, persa l’unità politica, avrebbero però potuto lottare per un’unità trasversale ai partiti, in nome dei valori non negoziabili. D’altronde, Leone dovrebbe confermare alla segreteria di Stato Pietro Parolin, fresco di non voto alla baracconata della Cgil.Dettagli, appunto. Tipo la frase di monsignor Matteo Zuppi, capo di una Cei che, invece, si è battuta anima e cuore per far ottenere la cittadinanza facile agli stranieri: il Papa, ha detto, «lo si ascolta, si obbedisce e, come succede per le indicazioni paterne, qualche volta si obbedisce in modo contento, qualche altra insomma. Però obbedisco». Anche per lui il tango è finito.
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