2019-12-13
Leonardo, l’artista imperfetto che più si avvicinò al mistero di Dio
Leonardo Da Vinci vuole dimostrarne l'esistenza con lo strumento dell'arte. Che per lui è concettuale, perché solo la mente è capace di pensare tutte le cose. Ma le mani non sono adeguate a creare ciò che è irriproducibile.Una strada per parlare di Leonardo è quella che attraversa il tema fondamentale del suo rapporto con Dio. Benedetto Croce, vicino a noi perché morto nel 1952, l'anno in cui sono nato, disse qualcosa che riguarda la dimensione storica, culturale, civile di tutti noi: «Non possiamo non dirci cristiani». Ed era un liberale laico, probabilmente credente.Anche Leonardo non poteva non essere cristiano, per quanto Vasari dica di lui che «era piuttosto filosofo che cristiano». L'intendimento di Leonardo, questo vuol dire Vasari con la parola «filosofo», era comprendere fino in fondo le ragioni della vita, l'origine del mondo, ovvero Dio, il principio che aveva messo in moto l'universo in cui noi siamo. Questo suo desiderio lo porta a raffigurare pensieri attraverso una mano talvolta incerta, con un processo che si sintetizza nella stessa formula valida per le Avanguardie del Novecento. Il ventesimo secolo ha il suo esordio, nel 1917, con l'Orinatoio di Duchamp, che molti hanno in mente. È un oggetto che si può guardare con sospetto: è un'opera d'arte? Sì, lo è, è un'opera capitale, in tutti i libri di storia dell'arte c'è almeno una pagina dedicata all'Orinatoio. Rappresenta un'idea, non una cosa, perché evidentemente un orinatoio vale l'altro, ma quello di Duchamp diventa arte grazie all'intuizione dell'artista.Mi viene in mente un episodio che ho vissuto personalmente nel 1980. Quando si inaugurò la Biennale d'arte, io chiesi all'allora direttore, Luigi Carluccio, di poterla visitare in anteprima. Andai nella convinzione, che ho sempre avuto, di essere Sgarbi, anche se all'epoca ero un vero sconosciuto e qualcuno poteva anche non saperlo. Infatti, quando arrivai nel padiglione dove era esposta un'opera di Duchamp, un tale con gli occhiali spessi mi venne incontro e, nonostante gli avessi detto che avevo avvisato, che avevo il permesso del direttore per entrare, cercò di fermarmi in modo energico. Cominciò allora una colluttazione e lui mi prese per il collo. A un certo punto, io afferrai i suoi occhialini e li buttai in un secchio di vernice bianca. Lui non poteva vedere più nulla e io guardai la mostra, felice. Si arriva al giorno dell'inaugurazione alla presenza di Giovanni Spadolini, che ha sempre saputo di essere Giovanni Spadolini. Serpeggia inquietudine tra il direttore della Biennale, gli assessori e il sindaco, e viene annunciato il furto di un'opera di Duchamp. Io c'ero stato il giorno prima ed effettivamente mi accorgo che, anche se apparentemente non manca niente, c'è qualcosa che non funziona. Cos'era accaduto? Una delle opere di Duchamp, esposta come l'Orinatoio secondo il principio del ready made, era la porta dell'appartamento in cui l'artista aveva vissuto fino al 1926, un appartamento con dieci porte, nove delle quali erano rimaste dove stavano, mantenendo il loro valore d'uso; quella che Duchamp aveva scelto di esporre alla Biennale valeva ottocento milioni di lire. Era una porta un po' sporca, ma restava una porta. Nulla di più. Le inaugurazioni delle mostre vengono definite vernice o vernissage: pertanto un inserviente zelante vedendo la porta un po' sporca, aveva preso la vernice bianca e l'aveva dipinta. Quindi non è che l'opera non ci fosse, ma non era più lei, era stata trasformata. Quest'episodio determinò un grande dibattito, oltre che una forte irritazione di Fabio Sargentini, il proprietario della porta, un gallerista che chiese un pesante risarcimento. Il risarcimento arrivò, ma un critico intelligente, Tommaso Trini, argomentò che se il caso aveva determinato l'opera di Duchamp, il caso l'aveva anche trasformata senza mutarne il valore, semmai aumentandolo.Ebbene, questo percorso ci conduce al design, che è l'arte più importante del secolo scorso e che gli architetti hanno potenziato attraverso una serie di invenzioni. Oggetti di design sono, secondo un'intuizione felice di Dino Gavina, opere del genio degli anonimi e sono gran parte degli oggetti che noi usiamo oggi: il martello, il chiodo, il bicchiere, il tappo di sughero, il tappo a corona, la bottiglia, la ruota, la sedia a sdraio, gli occhiali. Siamo circondati di oggetti siffatti. Non c'è un brevetto, ma c'è un genio che ha creato forme pure, a tal punto compiute che è inutile cercare di migliorarle, anche se spesso gli architetti vi si applicano, inutilmente. Non si può perfezionare quello che è già perfetto, e non possiamo negare che il design sia l'arte del Novecento e che sul design abbia influito l'intuizione felice di Marcel Duchamp. Questo progresso rappresenta il coronamento di un'intuizione di Leonardo: «l'arte è cosa mentale». In fondo, l'ultima espressione di Leonardo è l'Orinatoio di Marcel Duchamp, ovvero l'intuizione che non occorre che l'opera sia fatta con le mani dall'artista che l'ha concepita: le mani in Leonardo erano un soccorso, spesso insufficiente, di un pensiero infinito. […]L'Ultima Cena tecnicamente è una rovina, sembra una Sindone, l'impronta del corpo di Cristo su un lenzuolo. Quello che noi vediamo oggi dell'Ultima Cena è l'impronta di ciò che è stata, una larva, un fantasma. A Leonardo non importava dipingerla «bene», ovvero a fresco, e l'ha dipinta a secco, tradendo il principio del rapporto della pittura con l'intonaco del muro. Lo ha fatto perché, se la perfezione è della mente e la pittura è cosa mentale, la mente di Leonardo è capace di tutto, la sua mente può dipingere Cristo nell'Ultima Cena e i pensieri che attraversano la mente degli Apostoli, anche se la sua mano non può seguirla. La sua mente è capace di tutto, la mano invece è un freno.Tutta l'arte aspira a comprendere il mistero di Dio, che è il mistero stesso dell'uomo, poiché noi siamo la prova che Dio esiste, perché in noi abitano la storia, il passato e il futuro. Pensiamo ai quadri di Lucio Fontana, i suoi tagli ci invitano ad andare oltre la tela. Gli artisti vanno oltre, e interpretano quella potenza che è la potenza di Dio. Leonardo più di tutti, e lo sa bene Vasari, che ci accompagnerà in questo racconto, perché nasce nel 1511, mentre Leonardo muore nel 1519. Possiamo immaginare che Vasari a otto anni abbia visto la sagoma di Leonardo camminare da qualche parte a Firenze e, nello stesso modo in cui l'incontro con una persona importante rimane impressa nella memoria di un bambino, quel profilo lo abbia colpito come un'ombra del divino, e lui abbia cominciato a seguirla come se gli avesse parlato.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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