2022-02-04
L’ennesima montatura dei «migliori»: il lockdown per no vax (che c’era già)
Ai renitenti è vietato quasi tutto, in zona rossa si aggiungerebbero stop all’asporto e coprifuoco. Vessazione inutile sul piano sanitario, buona solo a simulare un premio per gli obbedienti. Piuttosto, si aboliscano i colori.Che la logica non sia il forte dei «migliori», l’avevamo inteso. Ma fa sempre specie che l’inutile e il ridondante vengano spacciati per una conquista, ovvero, per un premio agli obbedienti. Destreggiarsi tra labirinti normativi ed editoriali bavosi è diventato uno sport estremo. Sembra comunque assodato che, tra le novità introdotte dal Cdm di mercoledì, al solito, sponsorizzate prima che sia pronto il testo definitivo del dl, ci sia il lockdown selettivo in zona rossa. Per chi ha il super green pass, il temuto confinamento totale non esisterà più: come ha spiegato Roberto Speranza, «le limitazioni connesse non riguarderanno le persone vaccinate». Bene, bravi, bis: i trombettieri della stampa si sono profusi in lodi sperticate sull’Italia che riapre grazie a Mario Draghi. Ma siamo sicuri di trovarci dinanzi a una svolta memorabile? A un capolavoro di coerenza? A un’arguta mediazione tra la linea della cautela e l’imperativo della ripartenza? Ecco: se tra le prescrizioni anti Covid, nel frattempo, non è spuntato anche il vilipendio di San Mario, avanziamo qualche modesta perplessità. Punto primo: se una Regione finisce in zona rossa - ad ora, le uniche in bilico dovrebbero essere Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia - significa che qualcosa è andato storto. E, di sicuro, non per esclusiva responsabilità dei capri espiatori no vax, se è vero che nello Stivale - l’ha assicurato il commissario Francesco Paolo Figliuolo - circa il 93% della popolazione ha anticorpi contro il Sars-Cov-2: bastano pochi riottosi a mandare in tilt la sanità? Alla luce di ciò, che senso avrebbe accanirsi sui renitenti? È vero, costoro hanno più probabilità, in caso di contagio, di finire ricoverati; ma se le aree mediche si riempissero al 40% e le terapie intensive al 30%, determinando il temibile declassamento, in un contesto in cui, teoricamente, solo una minoranza di persone è priva di copertura, che giovamento si trarrebbe recludendo i non inoculati? Non dovremmo pensare che il problema sia più ampio e più serio?Siamo sempre lì: la ratio delle misure non ha nulla di medico. Il balletto delle gride si è ridotto a un tiro a segno al ribelle. E il capostipite di tale genia di leggine persecutorie, mascherate da profilassi, è proprio il green pass. Ormai l’hanno capito in mezzo mondo; non a Roma. O i «migliori», sotto sotto, sono troppo scarsi, o sono troppo furbi. Punto secondo: ammettiamo, per carità di patria, che il lockdown selettivo abbia una qualche utilità ai fini del contenimento del virus. Nondimeno, cosa aggiungerebbe la zona rossa, rispetto alla ridda di divieti che già colpiscono chi rifiuta l’iniezione? Anche in zona bianca, ai non vaccinati è proibito andare in hotel, al museo, al cinema, al teatro, a sciare, al ristorante, al bar, nella sale giochi. E già in zona arancione essi non possono spostarsi dal loro Comune di residenza senza almeno un tampone, salvo comprovate esigenze di salute o lavoro (lavoro che, peraltro, dal 15 febbraio, non potranno nemmeno svolgere, se sono ultracinquantenni). In zona rossa, alla quadro delle molestie si aggiungerebbero l’interdizione di lunghe passeggiate, dell’asporto dai locali e il coprifuoco; dopodiché, li vorremmo proprio vedere, i vigili in giro a mezzanotte, che fermano a caso i passanti per controllare se qualche pericoloso no vax sta violando la serrata notturna. Aggiungiamo che la bozza del nuovo decreto, circolata in questi giorni, si limita a estendere, alla zona rossa, la franchigia per i possessori di certificato rafforzato, che era già stata prevista per la fascia arancione. Tecnicamente, tuttavia, l’architettura dei «semafori» prevedrebbe che, con il passaggio nell’area di massimo rischio, abbassi le saracinesche tutta una serie di attività di cui, invece, i vaccinati e i guariti, d’ora innanzi, dovrebbero poter fruire. È una sottigliezza giuridica, eppure la domanda è lecita: si dovrà considerare automaticamente emendato il preesistente corpus normativo, che disciplinava gli stop agli esercizi commerciali in zona rossa? Oppure, in assenza di una modifica ad hoc, i possessori della tesserina magica rischiano di ritrovarsi palestre, negozi e impianti da sci chiusi? Ai tecnicismi c’è sempre rimedio. Alle petizioni di principio no. E dalle considerazioni che abbiamo svolto, pare inevitabile concludere che, anziché inasprire le discriminazioni e alimentare la guerra di religione vaccinale, per fingere magnanimità con chi ha offerto il braccio alla patria, il governo farebbe prima ad abolire affatto la tavolozza pandemica. Persino Franco Locatelli, coordinatore del Cts, 20 giorni fa aveva ammesso che «il sistema dei colori si può rivedere». Le Regioni lo chiedono da tempo; Draghi promette un «superamento delle restrizioni vigenti». Si agisca subito di conseguenza. Piuttosto che accumulare decreti - la gente ha smesso di seguire la serie già parecchie puntate fa - e spacciare ogni allentamento per una generosa concessione del sovrano prudente, ma illuminato, non sarebbe meglio cancellare ciò che è superfluo? Come insegnava Guglielmo d’Occam: «Invano si fa con più mezzi ciò che si può fare con meno».
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
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