Centrodestra solidamente sopra la soglia della maggioranza assoluta in entrambi i rami del Parlamento. La legge elettorale concede alle alleanze la possibilità di ottenere comodi numeri di vantaggio per governare.
Centrodestra solidamente sopra la soglia della maggioranza assoluta in entrambi i rami del Parlamento. La legge elettorale concede alle alleanze la possibilità di ottenere comodi numeri di vantaggio per governare.In campagna elettorale è stato ripetuto più volte, ma se qualcuno aveva ancora dei dubbi sul fatto che l’attuale legge elettorale premiasse le coalizioni unite, i dati che sono ora davanti ai nostri occhi esaltano definitivamente il concetto. Perché la filosofia del Rosatellum - sistema discretamente complicato e ibrido - col suo mix di un terzo di maggioritario e due terzi di proporzionale, pur non avendo un premio di maggioranza propriamente detto, concede a partiti che riescono a presentarsi con un’alleanza coesa, la possibilità di ottenere una maggioranza comoda per governare in termini di seggi, anche quando il dato percentuale assoluto con corrisponde alla maggioranza più uno dei voti. Ed è esattamente ciò che si è verificato domenica, col centrodestra che ha ottenuto, in termini percentuali, circa il 44 per cento dei consensi, ma che si presenta alla legislatura entrante solidamente sopra la soglia della maggioranza assoluta in entrambi i rami del Parlamento. Tutto ciò per effetto del «cappotto» che Giorgia Meloni e alleati hanno rifilato al centrosinistra nei collegi uninominali: se si ragiona - come dovrebbe essere - non in base alle mere cifre ma alla filosofia della legge elettorale, si può raffinare il giudizio sulle performance di alcuni partiti, che in realtà sono andati meglio o peggio di ciò che finora è apparso. È per esempio il caso della Lega di Matteo Salvini, che in termini percentuali sconta certamente un calo verticale rispetto alle elezioni del 2018, ma che in termini di seggi, pur perdendone diversi, si pone ad esempio sopra a un M5s che ha ottenuto una percentuale quasi doppia del Carroccio e allo stesso livello del Pd, che gode di un distacco percentuale maggiore di dieci punti. Ma andiamo per ordine, partendo dal riepilogo dei dati, per poi calarli nel meccanismo del Rosatellum e infine illustrando come e dove il centrodestra ha veramente vinto la partita, e cioè nei singoli collegi. Al proporzionale, alla Camera, la coalizione guidata da Giorgia Meloni ha ottenuto 12.299.648 voti, pari al 43,79 per cento dei consensi. Andando nello specifico di ogni partito, Fdi ha il 26,01 per cento, la Lega l’8,78 per cento, Forza Italia l’8,12 per cento, Noi Moderati lo 0,91. Con un sistema interamente proporzionale, seppure con uno sbarramento al tre per cento, il centrodestra avrebbe avuto bisogno di allearsi in Parlamento con altri partiti. La volta scorsa, essendoci la stessa legge elettorale ed essendosi presentato anche in quell’occasione unito, il centrodestra non aveva comunque ottenuto la maggioranza in Parlamento, ma per effetto da una parte dell’exploit di M5s (che prese il 32 per cento), dall’altro di una campagna elettorale che lasciava presagire la possibilità di un incontro tra le allora due forze sovraniste facenti capo a Salvini e Luigi Di Maio. Questa volta, trainata da Fdi a dai suoi cinque anni di opposizione, con il trionfo nell’uninominale Meloni e gli altri portano a casa il 44 per cento dei voti ma - seggio più seggio meno - il 55/56 per cento dei seggi. Manca ancora l’assegnazione ufficiale dei seggi risultanti dal proporzionale, ma le proiezioni assegnano al centrodestra 235 seggi alla Camera e 115 al Senato, ai quali andranno aggiunti ulteriori seggi alla fine di tutti i calcoli del caso.Passiamo ai risultati del centrosinistra, per comprendere meglio: alla Camera il Pd ha preso il 19,06 per cento, ma nel maggioritario ha raccolto una manciata di collegi. Risultato? Avrà 65 seggi a Montecitorio, esattamente come la Lega, che pur avendo preso meno della metà dei voti dem ha piazzato una serie di vittorie nei collegi. Il ragionamento funziona anche per M5s, che ha ottenuto alla Camera il 15,42 per cento, che si tradurrà (grazie a tre collegi vinti), in 51 seggi. Ben 13 in meno della Lega, che porterà a casa, come ha messo in evidenza lo stesso Salvini, un centinaio di parlamentari nei due rami del Parlamento, a fronte dei 102 del Pd e degli 80 pentastellati. Con una percentuale non molto dissimile da quella del Carroccio (7,78 per cento) il Terzo Polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi porta a casa 30 parlamentari (21 alla Camera e nove al Senato). Una volta assodato questo concetto, si può procedere al riepilogo dei seggi, partendo dalla Camera: Fdi, secondo Youtrend, prende 118 seggi (69 nel proporzionale e 49 nell’uninominale). Pd e Lega 65 (il primo 8 nell’uninominale e 57 nel proporzionale, la seconda 42 nell’uninominale e 23 nel proporzionale), M5s 51 (41 nel proporzionale e 10 nell’uninominale), Forza Italia 45 (23 nell’uninominale e 22 nel proporzionale), Terzo Polo 21 (tutti nel proporzionale), Sinistra-Verdi 12 (11 nel proporzionale e uno nell’uninominale), Noi Moderati 7 (tutti nell’uninominale), +Europa 2 (entrambi nell’uninominale), Impegno civico 1 (uninominale). Mancano 13 seggi che saranno assegnati col computo dei resti e dal voto degli italiani all’Estero. Al Senato, Fdi potrà contare su 66 seggi (34 dal proporzionale e 32 dall’uninominale), il Pd ne avrà 37 (31 dal proporzionale e 6 dall’uninominale), la Lega 29 (16 dall’uninominale e 13 dal proporzionale), M5s 28 (23 dal proporzionale e 5 dall’uninominale), Forza Italia 18 (9 e 9), Terzo Polo 9 tutti dal proporzionale, Sinistra-Verdi 4, di cui uno dall’uninominale, Noi Moderati 2 dall’uninomimale e altri sette da assegnare. In termini di coalizioni, maggioranza agevole per il centrodestra, che a Montecitorio è 34 seggi sopra la soglia di 201 e a Palazzo Madama è per il momento 11 voti sopra la soglia di 104, risultante dalla metà più uno di 206, data la presenza di sei senatori a vita. L’alleanza progressita targata Pd avrà invece 80 voti alla Camera e 41 al Senato. A livello geografico, per concludere, ha pesato in modo determinante la contendibilità dei collegi di quella che ormai si può definire l’ex-cintura rossa, se si pensa che tra Emilia-Romagna e Toscana il centrosinistra è riuscito a spuntarla solo in sette collegi alla Camera e tre al Senato, con rovesci altrettanto clamorosi nel resto del Paese, come a Roma centro al Senato o a Napoli.
Antonio Scurati (Ansa)
Eccoli lì, tutti i «veri sapienti» progressisti che si riuniscono per chiedere all’Aie di bandire l’editore «Passaggio al bosco» dalla manifestazione «Più libri più liberi».
Sono tutti lì belli schierati in fila per la battaglia finale. L’ultima grande lotta in difesa del pensiero unico e dell’omologazione culturale: dovessero perderla, per la sinistra culturale sarebbe uno smacco difficilmente recuperabile. E dunque eccoli, uniti per chiedere alla Associazione italiana editori di cacciare il piccolo editore destrorso Passaggio al bosco dalla manifestazione letteraria Più libri più liberi. Motivo? Tale editore sarebbe neofascista, apologeta delle più turpi nefandezze novecentesche e via dicendo. In un appello rivolto all’Aie, 80 autori manifestano sdegno e irritazione. Si chiedono come sia possibile che Passaggio al bosco abbia trovato spazio nella fiera della piccola editoria, impugnano addirittura il regolamento che le case editrici devono accettare per la partecipazione: «Non c’è forse una norma - l’Articolo 24, osservanza di leggi e regolamenti - che impegna chiaramente gli espositori a aderire a tutti i valori espressi nella Costituzione italiana, nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea e nella Dichiarazione universale dei diritti umani e in particolare a quelli relativi alla tutela della libertà di pensiero, di stampa, di rispetto della dignità umana? Poniamo quindi queste domande e preoccupazioni all’attenzione dell’Associazione italiana editori per aprire una riflessione sull’opportunità della presenza di tali contenuti in una fiera che dovrebbe promuovere cultura e valori democratici». Memorabile: invocano la libertà di pensiero per chiedere la censura.
Olivier Marleix (Ansa)
Pubblicato post mortem il saggio dell’esponente di spicco dei Républicains, trovato impiccato il 7 luglio scorso «Il presidente è un servitore del capitalismo illiberale. Ha fatto perdere credibilità alla Francia nel mondo».
Gli ingredienti per la spy story ci sono tutti. Anzi, visto che siamo in Francia, l’ambientazione è più quella di un noir vecchio stile. I fatti sono questi: un politico di lungo corso, che conosce bene i segreti del potere, scrive un libro contro il capo dello Stato. Quando è ormai nella fase dell’ultima revisione di bozze viene tuttavia trovato misteriosamente impiccato. Il volume esce comunque, postumo, e la data di pubblicazione finisce per coincidere con il decimo anniversario del più sanguinario attentato della storia francese, quasi fosse un messaggio in codice per qualcuno.
Roberto Gualtieri (Ansa)
Gualtieri avvia l’«accoglienza diffusa», ma i soldi andranno solo alla Ong.
Aiutiamoli a casa loro. Il problema è che loro, in questo caso, sono i cittadini romani. Ai quali toccherà di pagare vitto e alloggio ai migranti in duplice forma: volontariamente, cioè letteralmente ospitandoli e mantenendoli nella propria abitazione oppure involontariamente per decisione del Comune che ha stanziato 400.000 euro di soldi pubblici per l’accoglienza. Tempo fa La Verità aveva dato notizia del bando comunale con cui è stato istituito un servizio di accoglienza che sarà attivo dal 1° gennaio 2026 fino al 31 dicembre 2028. E ora sono arrivati i risultati. «A conclusione della procedura negoziata di affidamento del servizio di accoglienza in famiglia in favore di persone migranti singole e/o nuclei familiari o monogenitoriali, in possesso di regolare permesso di soggiorno, nonché neomaggiorenni in carico ai servizi sociali», si legge sul sito del Comune, «il dipartimento Politiche sociali e Salute comunica l’aggiudicazione del servizio. L’affidamento, relativo alla procedura è stato aggiudicato all’operatore economico Refugees Welcome Italia Ets».
2025-12-03
Pronto soccorso in affanno: la Simeu avverte il rischio di una crisi strutturale nel 2026
True
iStock
Secondo l’indagine della Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza, dal 2026 quasi sette pronto soccorso su dieci avranno organici medici sotto il fabbisogno. Tra contratti in scadenza, scarso turnover e condizioni di lavoro critiche, il sistema di emergenza-urgenza rischia una crisi profonda.
Il sistema di emergenza-urgenza italiano sta per affrontare una delle sue prove più dure: per molti pronto soccorso l’inizio del 2026 potrebbe segnare una crisi strutturale del personale medico. A metterne in evidenza la gravità è Alessandro Riccardi, presidente della Simeu - Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza - al termine di un’indagine che fotografa uno scenario inquietante.






