2023-03-09
Le virostar provano a rifarsi la verginità
Matteo Bassetti, (Imagoeconomica)
Si scoprono gli altarini della prima fase dell’emergenza ed ecco che gli «esperti» tornano alla ribalta per cercare di discolparsi Spettacolo inutile: tutti ci ricordiamo i loro sfondoni («i tamponi sono inutili, il virus non è contagioso»). Ora evitino di darci lezioni.Si scoprono gli altarini della prima fase dell’emergenza Covid e sugli altari rispuntano i virologi, i quali dopo mesi di astinenza dal video e dalle pagine dei giornali ritornano a dettare legge, impartendo lezioni a destra e a manca. Il più lesto è stato Massimo Galli, infettivologo in forza all’ospedale Sacco, fresco di richiesta di rinvio a giudizio della Procura di Milano. I pm lo accusano di falso ideologico e turbativa d’asta per aver favorito un suo collaboratore per il posto di professore di seconda fascia, alterando il verbale della commissione di valutazione. L’inchiesta, tuttavia, non ha tolto all’ex primario la voglia di dichiarare. Infatti, appresa la notizia dell’indagine della Procura di Bergamo per la mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana, Galli si è subito concesso per un’intervista al Corriere della sera. Argomento emerso dagli scambi di messaggi fra i dirigenti del ministero della Salute, i ritardi e le sottovalutazioni all’inizio della pandemia. «Noi clinici abbiamo capito subito quanto fosse importante il ruolo degli asintomatici nella diffusione dei contagi», ha spiegato il professore al quotidiano di via Solferino. «La mia posizione, che tuttora rivendico, era quella di testare più persone possibili e il tempo mi ha dato ragione». Insomma, più tamponi per tutti. Peccato che il “clinico” Galli, oggi contrapposto ai burocrati del ministero, non avesse affatto capito subito quanto fossero importanti i tamponi. Infatti, durante una puntata di Stasera Italia, a una mia precisa domanda sull’utilità dei test per individuare gli asintomatici, l’uomo che ora sostiene di aver capito tutto sin dall’inizio rispose con le seguenti parole: «Ai fini di un intervento di sanità pubblica, il tampone a tappeto effettivamente non riesce a essere utile, nel senso che oltretutto siamo di fronte a una situazione che non può che essere dinamica. Chi è negativo oggi può essere positivo domani, anche essendo già infettato». Traduco dal linguaggio buro-professionale di Galli: i test sono inutili. Oggi il professore dice che l’indecisione ha causato troppi morti e che sui tamponi aveva ragione lui. Ma il 16 marzo di tre anni fa, vale a dire quando gli infetti erano decine di migliaia e i morti oltre 2.000, il primario del Sacco non diceva affatto di testare più persone possibili. Ora dice che nelle prime fasi della pandemia sono stati fatti errori, «ma soprattutto il sistema ha mostrato tutta la propria inadeguatezza», non lo dice per fare mea culpa, ma per assolversi, puntando il dito contro qualcun altro. Non meno lesto nel commentare l’inchiesta dei pm di Bergamo è stato Fabrizio Pregliasco, docente dell’Università statale di Milano e fresco di trombatura alle elezioni regionali nella lista con il candidato della sinistra Pierfrancesco Majorino. Secondo il prof, durante l’emergenza Covid «c’era scarsa conoscenza del virus e soprattutto del ruolo degli asintomatici, che erano la gran parte dei casi. Sono scelte politiche e non tecniche che si sono succedute durante tutto il periodo pandemico dovendo tenere insieme le esigenze sanitarie e quelle economiche, una sorta di schizofrenia». Da notare lo scaricabarile sulla politica, quasi che i virologi non abbiamo avuto alcun ruolo nelle scelte adottate nel 2020. Prima minimizzando l’epidemia («La mascherina in Italia non ha senso», «I cittadini non devono avere paura di incontrare il coronavirus perché non sta circolando», «La malattia provocata dal nuovo coronavirus è banale e non contagiosissima»: tutta farina del sacco di Pregliasco), poi magnificando gli effetti del green pass nella diffusione del contagio. In realtà, non è vero che certe cose non si sapessero: bastava applicare il piano pandemico, per esempio, per stabilire che i dispositivi di sicurezza e i respiratori erano fondamentali. E questo era noto fin dal 5 gennaio. Galli e Pregliasco tuttavia, non sono i soli ad aver dimenticato che cosa andavano sdottoreggiando nelle settimane in cui gli italiani erano chiusi in casa, terrorizzati dal virus. A loro si unisce Matteo Bassetti, il quale addirittura si dice preoccupato che l’inchiesta della magistratura possa rappresentare una vittoria per i No vax. Sì, il primario del Policlinico di Genova, nonché mancato ministro della Salute (si trattò di un’autocandidatura), è spaventato all’idea che ci possano essere delle condanne. Se qualcuno venisse giudicato colpevole di epidemia o omicidio colposo (sono queste le accuse dei pm), ha spiegato al Corriere della Sera, «nessuno più si prenderà la responsabilità di decidere, in mancanza di evidenze scientifiche, per il timore di essere inquisito». «È un precedente pericoloso», è la conclusione. Peccato che la procura non contesti una decisione, ma l’assenza di decisioni. Infatti, tutto ruota intorno ai ritardi con cui fu dichiarata la zona rossa, ma soprattutto alla carenza di un piano pandemico aggiornato. Nonostante l’Oms avesse avvertito i governi dei rischi connessi alla diffusione del virus cinese, al ministero della Salute nessuno pensò di adottare le misure previste, né si fece scorta di mascherine e respiratori. Due mesi di inerzia, che ci sono costati due anni di emergenza. Oggi Bassetti dice che nelle prime settimane di Covid gli esperti lavorarono al buio. Falso: lui e i cosiddetti virostar erano sempre sotto i riflettori degli studi televisivi. Forse troppo impegnati per rendersi conto di quello che stava succedendo. Di certo, oggi troppo liberi dato che continuano a fornirci il loro parere con la stessa sicumera di allora. Pensando, come sempre, ad autoassolversi.