2020-04-26
Le vere vittime del Mascherinagate sono medici e contribuenti italiani
I media dedicano paginate alle Rsa lombarde e ignorano lo scandalo della Giunta dem, che ha elargito denari a un'impresa sospetta senza neanche una fideiussione. Con che faccia il Pd poi ci chiede sacrifici?Il governo ha ammesso, per bocca del direttore generale del ministero della Sanità, l'esistenza di un piano segreto per far fronte all'epidemia di coronavirus. A predisporre fin dal mese di gennaio le misure di emergenza sarebbero stati, secondo Andrea Urbani, collaboratore tra più stretti di Roberto Speranza, l'Istituto superiore di sanità e la direzione dello Spallanzani di Roma. Svelando il documento top secret, l'alto funzionario probabilmente intendeva porsi al riparo dall'accusa di aver sottovalutato il virus. Come a dire: guardate che non siamo stati colti di sorpresa, ma anzi eravamo prontissimi. Peccato che più si ricostruiscono le convulse settimane fra la fine di febbraio e l'inizio di marzo, cioè quando ci si rese conto che il Covid-19 aveva già contagiato centinaia se non migliaia di italiani, più si capisce che il governo si è presentato totalmente impreparato all'appuntamento con una pandemia. Come ormai è chiaro, solo alla fine di marzo, cioè con un mese di ritardo, al ministero hanno realizzato di non avere respiratori sufficienti a curare le persone colpite da polmonite interstiziale. E probabilmente con lo stesso ritardo i vertici della Sanità, coloro ai quali tocca per legge (e per Costituzione) occuparsi della salute pubblica, hanno capito di non avere dispositivi di protezione per garantire la sicurezza di medici e infermieri schierati nella guerra contro il coronavirus. Per settimane abbiamo letto le testimonianze del personale sanitario mandato a mani nude e senza mascherine a contrastare il Covid-19. E da giorni riportiamo sulle pagine dei giornali ciò che è successo nelle Rsa, ossia nelle case di riposo. Anche lì inservienti, infermieri e medici sono stati lasciati senza mascherine e quando i vertici delle residenze per anziani hanno bussato alla porta del governo si sono sentiti rispondere che le mascherine non c'erano. Le Regioni, come sappiamo, hanno provato ad approvvigionarsene come potevano. Cercando affannosamente fornitori che non c'erano, rivolgendosi a intermediari stranieri, tentando, nonostante gli ostacoli frapposti dalla burocrazia, di autoprodurre i dispositivi di protezione. È noto che quasi tutte le amministrazioni regionali sono arrivate in ritardo, con i risultati tragici che tutti sappiamo, i molti malati, le numerose vittime.Tuttavia, mentre gli occhi e le indagini, per lo meno quelle dei giornali, sono puntate su una sola Regione, ovvero la Lombardia, ce ne sono altre che hanno fatto peggio, molto peggio. Perché oltre a non aver reperito in tempo le famose mascherine contro l'influenza cinese, sono riuscite pure a sprecare i soldi del contribuente, affidandosi a gente di malaffare che a quanto pare le ha truffate. Come i lettori sanno, da giorni e praticamente in solitudine, La Verità sta raccontando l'incredibile storia di una fornitura di mascherine acquistata dalla Regione Lazio (pagando un anticipo di 15 milioni di euro) ma mai consegnata. La Giunta guidata da Nicola Zingaretti, segretario del Pd, lo stesso partito che chiede sacrifici agli italiani, ha versato sull'unghia e in anticipo i soldi a una società che si è appoggiata a un'azienda di un indagato per evasione fiscale e a una presunta compagnia assicurativa gestita da un imputato per camorra. Un contratto stipulato senza garanzie, se non una dubbia garanzia fideiussoria sottoscritta in ritardo, solo dopo che il nostro giornale aveva raccontato del raggiro, e dunque senza valore. Venerdì notte, dopo aver atteso invano la consegna delle mascherine, la Regione ha deciso di rescindere il contratto con la società con cui aveva stipulato l'accordo, precisando di «ritenersi parte lesa». Ma la vera parte lesa in questa faccenda sono gli italiani, i medici, gli infermieri, i malati, i contribuenti, che in un momento di massima emergenza toccano con mano come vengono usati i soldi pubblici. Chi deve rendere conto del denaro che arriva dalle tasse non può pagare in anticipo milioni a una società con mille euro di capitale che promette di fornire milioni di mascherine. A meno di non essere babbei, non si può versare quattrini a gente così, e accettare garanzie da persone non in regola con il certificato penale. Invece, a quanto pare, il Lazio, ossia la Regione guidata dal segretario di un partito che ogni giorno tende a impartire lezioni al resto della politica in fatto di correttezza e rispetto delle regole, lo ha fatto. Ha dato milioni a chi, come Totò, prometteva di venderle la Fontana di Trevi sotto forma di dispositivi di sicurezza. I giornaloni, quelli pronti a fare paginate su ciò che è accaduto nelle Rsa lombarde (come abbiamo dimostrato, non è accaduto nulla di diverso da ciò che è capitato in altre regioni, con un incidenza di decessi semmai più bassa che altrove), ovviamente preferiscono non dare spazio alla faccenda, non sia mai di disturbare i manovratori, anzi, il governatore. Per conto nostro, continueremo a seguire il caso che abbiamo denunciato. Anche perché ora, a indagare sullo strano raggiro ci si è messa pure la Procura di Roma, grazie alle cui indagini ci aspettiamo di capire come, in un Paese che chiede il certificato antimafia anche per fare pipì, nessuno prima di staccare un assegno da 15 milioni si sia chiesto chi fossero e quali trascorsi avessero i protagonisti dell'affare Eco Tech.
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