2022-09-28
Le toghe di Area pronte a resistere. Al centrodestra farà comodo Renzi
Matteo Renzi (Imago economica)
Cruciali le prossime nomine dei membri laici. Per non lasciare campo libero alla magistratura progressista, a Meloni, Salvini e Cav serviranno i tre quinti dei voti. Traguardo possibile con Iv e Azione.Se il buongiorno si vede dal mattino, la nuova maggioranza potrebbe trovare una magistratura pronta a salire sulle barricate. Le toghe progressiste di Area democratica, con un comunicato diramato ieri, hanno subito fatto capire ai vincitori che cosa li attenda. E lo hanno fatto dopo essersi rallegrate per l’«ottimo risultato» raccolto alle ultime consultazioni per il rinnovo del Csm, nonostante «una pesante scissione interna e una campagna elettorale punteggiata da eccessi di spunti polemici ai nostri danni, pervenuti da più fronti». Ma ecco il passaggio che promette tempesta: «Ci attende un periodo difficile, nel quale l’attesa di tutta la magistratura per un effettivo rinnovo e rilancio di credibilità dell’istituzione consiliare sembra doversi collocare in un clima di rinnovata ostilità e insofferenza per l’autonomia e indipendenza della magistratura che il Csm è chiamato a garantire e rafforzare». Il messaggio si conclude con una dichiarazione che dovrebbe far fischiare le orecchie al futuro Guardasigilli, che sia Carlo Nordio, Giulia Bongiorno o chi per loro: «Questo quadro generale rafforza il nostro impegno a sostegno dei consiglieri eletti per Area Dg e dell’intera istituzione. Affinché si garantisca il buon governo della magistratura e la conservazione del modello costituzionale di giurisdizione e magistratura». Ma chi, secondo i magistrati di sinistra, metterebbe in pericolo niente meno che i dettami della Suprema carta? Ovviamente il governo brutto e cattivo in arrivo. Che con Nordio ha già lasciato intendere a cosa puntino le annunciate riforme della giustizia, dalla separazione delle carriere all’inappellabilità delle sentenze di assoluzione in primo grado.Ma come può il Csm mettere i bastoni tra le ruote del governo? «Semplice», spiega l’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati Luca Palamara, «con prese di posizione pubbliche e pareri. Oltre che facendo sponda con l’Anm e con alcuni giornali, come avveniva ai miei tempi, quando il governo era guidato da Silvio Berlusconi». Ma per disinnescare questi proclami di guerra, seppur felpati, forse una soluzione esiste, e sono stati proprio alcuni magistrati a immaginarla nelle proprie chat.La proposta ruota intorno alla prossima elezione dei consiglieri laici che potrebbero spostare l’ago della bilancia del Csm a destra. Basterebbe che il Parlamento, riunito in seduta comune, non concedesse alle opposizioni più di 2 consiglieri su 10. Nella passata legislatura 3 andarono al M5s, 2 alla Lega, 2 a Forza Italia e 1 al Pd. Quest’ultimo, David Ermini, venne scelto come vicepresidente. Ma quella spartizione, dettata da logiche da manuale Cencelli, fu obbligata perché per essere selezionati occorre conquistare le preferenze di tre quinti dei parlamentari. Ma perché non dovrà lasciare alle opposizioni più di 2 consiglieri? Facciamo due conti. Nel prossimo Csm siederanno in 32 e per avere la maggioranza occorreranno 17 voti. Per ora la magistratura ha indicato i suoi rappresentanti togati: 7 sono stati eletti sotto le insegne della corrente di destra di Magistratura indipendente, 6 sono di Area, 2 di Magistratura democratica, altro gruppo di sinistra, e 4 provengono dalla corrente centrista di Unicost in versione depalamarizzata. Al momento le toghe vicine al centrosinistra sono dunque potenzialmente 12 e ad esse, occasionalmente, si potrebbe aggiungere il rappresentante indipendente di Altra proposta, il giudice veronese Andrea Mirenda. A questa probabile coalizione potrebbero aggiungersi i due componenti di diritto, il primo presidente della Cassazione Pietro Curzio, di Area, e il procuratore generale della Cassazione, esponente di Unicost, Luigi Salvato, che, tra le altre cose, ha sottoscritto le citazioni a giudizio per gli incolpati dell’hotel Champagne, Palamara in testa. Se fossero tutti compatti, per avere la maggioranza di 17 consiglieri avrebbero bisogno di due o tre laici. Addirittura di uno solo più Mirenda per fare pari. A sinistra già si parla di far eleggere il professor Massimo Luciani, il giurista che ha presieduto la commissione di studio che ha ispirato la Riforma Cartabia. Nel 2018, come si evince anche dalle chat di Palamara, l’ala non renziana del Pd aveva individuato Luciani come possibile vicepresidente del Csm. Il piano non andò in porto, avendo il Giglio magico puntato tutto su Ermini, e Luciani rimase fuori dal parlamentino. Ma oggi, se riuscisse nell’impresa, sarebbe certamente il candidato più forte per fare il vice di Sergio Mattarella. A meno che il centrodestra non decida di far pesare il gran numero di parlamentari conquistati alle elezioni. «La maggioranza dei tre quinti è di 360. Il centrodestra dispone di 349 voti. Se si portano appresso il Terzo polo superano i 360 e possono nominare tutti i laici del Csm. A Matteo Renzi e Carlo Calenda ne danno due o tre e il gioco è fatto», si legge in una chat di magistrati. «Quattro a Fdi e 2 a testa a Lega, Fi e Terzo polo» calcola qualcuno. Una proposta che certo Renzi non si farà sfuggire, considerando la sua conclamata antipatia verso i pm, soprattutto quelli che indagano su di lui e sulla sua famiglia. Questa strategia impedirebbe al Csm di trasformarsi nel controcanto del governo, se non nel suo unico avversario.