- La griffe ha fondato la sua scuderia con il team americano Dragon e sfida mostra sacri come Porsche nel campionato riservato alle auto elettriche. Il presidente del brand: «Abbiamo studiato un equipaggiamento traspirante creato ad hoc per i nostri piloti».
- Un «X Factor» delle calzature per lanciare nuovi stilisti esordienti. Il Micam, con Emerging designers, offre un palcoscenico ai giovani più promettenti.
- Allure francese sulla passerella di Lidia Cardinale riservata a poche fedelissime clienti.
La griffe ha fondato la sua scuderia con il team americano Dragon e sfida mostra sacri come Porsche nel campionato riservato alle auto elettriche. Il presidente del brand: «Abbiamo studiato un equipaggiamento traspirante creato ad hoc per i nostri piloti».Un «X Factor» delle calzature per lanciare nuovi stilisti esordienti. Il Micam, con Emerging designers, offre un palcoscenico ai giovani più promettenti.Allure francese sulla passerella di Lidia Cardinale riservata a poche fedelissime clienti. Lo speciale comprende tre articoli e gallery fotograficheLa gara di Hong Kong prende il via proprio questa mattina. La prima si era svolta a Riyad, poi è stata la volta di Marrakesh e a seguire Santiago del Cile e Città del Messico. E dopo Hong Kong sarà il turno di Sanya in Cina, Londra, Roma, Berlino, Berna e delle ultime due tappe a New York. Parliamo della Formula E, il campionato automobilistico dedicato esclusivamente alle vetture elettriche. Tra i tanti nomi delle case famose, tra Mercedes, Porsche e Jaguar, c'è anche il team Geox, che da sempre parla la lingua dell'aria pulita.«Oggi uno dei temi più importanti di cui si discute nel mondo è il problema della sostenibilità», spiega Mario Moretti Polegato, patron di Geox, «Sono tornato in questi giorni da Shanghai e sono rimasto impressionato dalla nebbia, che non è nebbia ma smog, che avvolge la città al mattino. Anche da noi ci sono problemi simili. La società intera si deve preoccupare di questo». Com'è avvenuta la scelta di partecipare alla Formula E?«Prima di tutto vogliamo dare il nostro supporto a una questione così seria come la salvaguardia dell'ambiente. La parola respirare per noi è fondamentale, ci chiamiamo Geox, “la scarpa che respira", quindi il tema ci appartiene. Non siamo nati per produrre scarpe ma per far star meglio i piedi. Lo slogan e il marchio dicono tutto».Pensa che le auto elettriche siano il futuro della mobilità?«Abbiamo accettato di entrare nella Formula E perché ci crediamo. Ho guidato una macchina elettrica da Milano a Treviso e sono rimasto sbalordito: 1,65 euro di energia contro 60 euro di carburante. Per chi guida per lavoro una prospettiva di questo genere cambia la vita. Perciò c'è una questione economica, ma non solo. Ci troviamo di fronte a una vera rivoluzione perché le più importanti case automobilistiche stanno presentando le loro macchine elettriche e nel futuro vedo tutti i veicoli tradizionali sostituiti con quelli elettriche. Bisogna dare un supporto economico con sgravi e agevolazioni». È nato così Geox Dragon, un'alleanza strategica pluriennale tra voi e Dragon, team americano di auto da corsa. Una bella avventura.«Ci vuole coraggio per presentarsi in pista e gareggiare contro case automobilistiche di grande prestigio. Noi abbiamo studiato per i nostri piloti, un tedesco e un italoargentino, un equipaggiamento per far respirare il corpo e rendere la guida più confortevole. Non ci siamo limitati a una scarpa che respira con una suola che consente di tenere i piedi asciutti. Un pilota si trova davanti a due fenomeni: il riscaldamento dell'automobile e quindi un aumento della temperatura e lo stato psicologico di tensione. Questo si manifesta con un aumento dell'umidità che si sente sul palmo delle mani e sui piedi. Con le nostre tecnologie abbiamo studiato sia le scarpe sia le tute per rendere più serena la guida. Le condizioni e le caratteristiche estreme delle corse automobilistiche di Formula E rappresentano il banco di prova ideale nella sperimentazione di nuove tecnologie traspiranti orientate alle prestazioni, destinate a divenire prodotti di uso quotidiano».Avete precorso i tempi studiando le famose calzature «che respirano».«Questo perché la tecnologia è alla base di Geox da sempre. La scarpa che respira arriva dalla ricerca, alla quale dedichiamo il 2% del fatturato che nel 2018 si è chiuso a 872,2 milioni. Ci sono molte tecnologie ma la nostra è unica. Siamo ancora i soli a produrre scarpe con la suola di gomma che lascia respirare. Non solo tecnologia ma evoluzione. Nel mondo il 95% dei consumatori usa suole di gomma, solo il 5% di cuoio. Quindi parliamo a bambini, atleti, giovani, adulti, uomini, donne, lavoratori. La nostra tecnologia è 100% italiana, ben protetta dalla proprietà intellettuale dei brevetti. Il beneficio di utilizzare le nostre scarpe è avere i piedi sempre asciutti, una nuova era. E riteniamo che nel futuro tutte le scarpe dovranno respirare, soprattutto per una questione di igiene, un elemento indispensabile ora che abbiamo più cura di noi stessi».Quante scarpe produce Geox in un anno?«Più di 20 milioni che vengono distribuite in 115 Paesi, con 1.150 negozi nelle strade della moda da Los Angeles a Tokyo. Abbiamo creato una multinazionale. Geox è nata con scarpe molto semplici, oggi si vanta di avere ottime collezioni di moda applicata a un prodotto che si utilizza otto/dieci ore al giorno. Abbiamo inserito nelle nostre strutture stilisti italiani di fama internazionale che hanno introdotto disegni e colori, e così ci siamo evoluti. Ernesto Esposito è uno di questi designer. Vogliamo trasmettere un'immagine di freschezza e oggi le nostre vetrine sono molto attrattive, perché non esprimono solo la tecnologia ma anche uno stile».Dove vengono prodotte le vostre calzature? «In Italia e all'estero. La ricerca è a Montebelluna (Treviso). Abbiamo un gruppo di manager formati nelle nostre scuole, dove si insegna anche etica. Nel quartier generale lavorano più di 600 persone e abbiamo creato un campus dove le famiglie vivono con i bambini. Abbiamo un Comitato per l'etica che riesce a trasmettere a fornitori e clienti i nostri valori e che è stato presieduto prima da Joaquín Navarro-Valls (direttore della sala stampa del Vaticano dal 1984 al 2006, ndr) e poi da Kofi Annan (segretario generale dell'Onu dal 1997 al 2006, ndr)». La moda parla spesso di sostenibilità. Pensa che faccia davvero qualcosa sul tema? «Tutti si devono impegnare per una vita migliore. La moda non è altro che scelta di materiali e composizioni: attraverso l'abbinamento si crea lo stile. Un assemblaggio che gli stilisti trasformano in un capolavoro. Quindi il grande passo lo devono fare i fornitori. C'è più controllo da parte dei movimenti attivi contro le sostanze nocive, di cui finalmente si parla, e ci sono nuove regole: nel futuro vedo un miglioramento anche in questa direzione. La moda è senza dubbio più attenta, non può influenzare in modo negativo la vita delle persone». Il marchio di scarpe ora partner nelle gare di Formula Epress office
In Svizzera vengono tolti i «pissoir». L’obiettivo dei progressisti è quello di creare dei bagni gender free nelle scuole pubbliche. Nella provincia autonoma di Bolzano, pubblicato un vademecum inclusivo: non si potrà più dire cuoco, ma solamente chef.
La mozione non poteva che arrivare dai Verdi, sempre meno occupati a difendere l’ambiente (e quest’ultimo ringrazia) e sempre più impegnati in battaglie superflue. Sono stati loro a proporre al comune svizzero di Burgdorf, nel Canton Berna, di eliminare gli orinatoi dalle scuole. Per questioni igieniche, ovviamente, anche se i bidelli hanno spiegato che questo tipo di servizi richiede minor manutenzione e lavoro di pulizia. Ma anche perché giudicati troppo «maschilisti». Quella porcellana appesa al muro, con quei ragazzi a gambe aperte per i propri bisogni, faceva davvero rabbrividire la sinistra svizzera. Secondo la rappresentante dei Verdi, Vicky Müller, i bagni senza orinatoi sarebbero più puliti, anche se un’indagine (sì il Comune svizzero ha fatto anche questo) diceva il contrario.
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L’episodio è avvenuto a Lucca: la donna alla guida del bus è stata malmenata da baby ubriachi: «Temo la vendetta di quelle belve».
Città sempre più in balia delle bande di stranieri. È la cronaca delle ultime ore a confermare quello che ormai è sotto gli occhi di tutti: non sono solamente le grandi metropoli a dover fare i conti con l’ondata di insicurezza provocata da maranza e soci. Il terrore causato dalle bande di giovanissimi delinquenti di origine straniera ormai è di casa anche nei centri medio-piccoli.
Quanto accaduto a Lucca ne è un esempio: due minorenni di origine straniera hanno aggredito la conducente di un autobus di linea di Autolinee toscane. I due malviventi sono sì naturalizzati italiani ma in passato erano già diventati tristemente noti per essere stati fermati come autori di un accoltellamento sempre nella città toscana. Mica male come spottone per la politica di accoglienza sfrenata propagandata a destra e a manca da certa sinistra.
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.






