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2020-12-01
Le Regioni vanno in soccorso dello sci ma per i giallorossi sono solo capricci
Alberto Cirio (Nicolò Campo/LightRocket via Getty Images)
Arriva il dpcm natalizio, e per gli italiani la minestra da digerire è sempre la solita: confusione, caos, conferme, smentite. Le (quasi) certezze, nella marea di indiscrezioni che come sempre circolano prima del varo di ogni dpcm, sono poche: il nuovo decreto dovrà essere firmato dal premier Giuseppe Conte entro la mezzanotte del 3 dicembre, e resterà in vigore fino alla fine delle festività; il coprifuoco resterà alle 22, nonostante in molti, dentro e fuori il governo, chiedano un po' di elasticità almeno per le sere della vigilia di Natale e di Capodanno; le diocesi faranno in modo che le celebrazioni del 24 dicembre siano anticipate, per venire incontro alle esigenze dei fedeli costretti a tornare a casa entro le 22; non ci si potrà muovere neanche tra Regioni «gialle», salvo deroghe ancora allo studio del governo, come ad esempio per gli studenti fuori sede, per chi deve raggiungere i familiari e così via. Ieri pomeriggio si è riunita in video la Conferenza delle Regioni per discutere delle proposte da portare al governo in vista del prossimo dpcm con le misure anti Covid. Domani, il ministro della Salute, Roberto Speranza, illustrerà il testo in Parlamento: restano poche ore per sciogliere gli ultimi nodi.
Oggi, ci sarà il confronto tra le Regioni e il governo, ma a sentire il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, la rotta è già tracciata, ed è all'insegna del rigore. Dunque, difficilmente verranno accolte richieste come quella di tenere aperti i ristoranti la sera, almeno nei giorni festivi, e quella di riaprire, seppure con mille limiti, gli impianti sciistici: «Se decidiamo che c'è un limite di orario per gli spostamenti», dice Boccia a Rainwes24, «si torna a casa indipendentemente da quello che c'è da fare. L'inizio del nuovo anno si festeggia a casa, se in cambio hai protetto la salute».
«Riteniamo», spiega il presidente della Liguria, Giovanni Toti, vicepresidente della Conferenza delle Regioni, parlando delle richieste delle Regioni al termine della riunione, «che il principio del divieto di assembramento debba essere il principio cardine per un criterio di equità. Risulta secondo le Regioni poco convincente che in alcune attività si possa creare anche un involontario assembramento, e il riferimento è alle foto apparse sui quotidiani circa le principali vie dello shopping , e al contempo si vietino altre attività che magari assembramento ne creano di meno. Occorrerà tenere presente che servono altre misure che siano corrette giuste ed eque. Le Regioni», aggiunge Toti, «vogliono comprendere se, oltre alle zone gialle, arancioni e rosse, sia possibile prevedere un'ulteriore fascia (bianca, ndr) con maggiori possibilità economiche, se i dati sanitari lo consentiranno. Su tutte, la possibilità di tenere aperti bar e ristoranti anche in orario serale, non certo per un orario illimitato o per fare feste, ma con tutte le disposizioni di sicurezza previste dalle linee guida. Domani (oggi, ndr) chiederemo al governo di aprire gli impianti sciistici per i soli ospiti delle seconde case, degli alberghi e degli affittacamere. Le Regioni si sono interrogate», prosegue Toti, «sulla possibile chiusura dei confini nazionali per evitare che il nostro pubblico vada a sciare in Svizzera, Slovenia o Austria. Non vorremmo subire oltre al danno la beffa di veder partire persone che poi tornano importando il contagio. Torniamo a chiedere ristori per le categorie che avranno a soffrire di un Natale stretto tra i vari divieti». «Riteniamo», dice ancora Toti, «che tra una Regione gialla e un'altra gialla, tra una rossa e un'altra rossa, ci si debba poter spostare visto che il virus circola in egual modo. In base al principio dei vasi comunicanti chiederemo al governo di consentire gli spostamenti interregionale».
Il divieto di mobilità anche tra Regioni «gialle» dovrebbe entrare in vigore il 20 dicembre. Condizionale sempre d'obbligo, perché il governo naviga a vista.
Pontifica come sempre Walter Ricciardi, consulente del ministro Speranza con licenza di sparare sentenze e giudizi: «Tutti vogliono tornare alla normalità», monita Ricciardi, «ma sappiamo che non sarà possibile per molti mesi e probabilmente per molti anni. Queste cose bisogna dirle. Noi scienziati ce lo possiamo permettere, i politici no, perché vogliono il consenso, vogliono rassicurare i cittadini, e li espongono così al rischio. Il problema è sempre la tensione tra governo e Regioni, che vedono i colori come degli stigma. Sono pressate dall'economia locale, e non si rendono conto che dobbiamo prima risolvere in modo stabile la curva epidemica».
Non è dato sapere se tra i politici che mentono ai cittadini ci sia pure il «suo» ministro Speranza. Si lamenta degli assembramenti per lo shopping il presidente del Piemonte, Alberto Cirio: «Quello che ho visto in alcune vie a Torino», dice Cirio a Radio Veronica One, «è qualcosa che mi riporta con la mente in estate e non possiamo permettercelo». «Anche se quest'anno non possiamo festeggiare normalmente», dice il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Ghebreyesus, «prepariamo un piano per festeggiare con la famiglia e gli amici una volta che sarà sicuro farlo. La pandemia di Covid-19 finirà».
Beffa per le seconde case. Dopo il 20 dicembre diventeranno inaccessibili
Niente vacanza natalizia nella seconda casa: il nuovo dpcm, che dovrà essere firmato dal premier, Giuseppe Conte, entro la mezzanotte del 3 dicembre, impedirà molto probabilmente di spostarsi tra le Regioni, anche quelle «gialle», dal 20 dicembre al 6 gennaio. La situazione attuale, lo ricordiamo, prevede che tra le Regioni gialle sia possibile spostarsi; nelle Regioni arancioni e in quelle rosse non ci si può muovere dal proprio Comune, salvo che per ragioni di lavoro, salute o urgenza. Prevedendo che però entro la metà di dicembre la maggior parte delle Regioni italiane saranno gialle, il governo pensa al divieto di mobilità generalizzato per limitare gli spostamenti.
Dunque, se il governo varerà effettivamente questa «stretta» natalizia, chi ha una seconda casa in una Regione «gialla e risiede in un'altra Regione gialla dovrebbe muoversi prima del 20 dicembre per raggiungerla. Ciò vuol dire che saranno penalizzati tutti quelli che lavorano, e che quindi non hanno la possibilità di spostarsi prima della data prevista per lo stop alla mobilità tra le Regioni. Naturalmente, sarà possibile raggiungere lo stesso la seconda casa se c'è un'urgenza legata a un problema, a una riparazione o a una visita dei ladri.
«È brutto dirlo», conferma alla Stampa il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, a proposito dello stop alla mobilità, «ma credo sia necessario. Dobbiamo ridurre le possibilità di contagio. Entro la fine di dicembre è verosimile che la maggior parte delle Regioni siano in fascia gialla e a quel punto sarebbero sufficienti i pranzi di Natale con dei positivi a tavola per rischiare una strage. Le seconde case? Se ne sta discutendo. Il punto, in questo caso», aggiunge Sileri, «è con quante persone si va nelle seconde case. Se è lo stesso nucleo familiare a spostarsi, non cambia moltissimo. Resta però la raccomandazione ad avere un numero ristretto di invitati: direi sei, anche se non è un numero magico. E che non siano sei invitati diversi a ogni pasto. Anche il coprifuoco, poi, deve restare alle 22».
Il tema delle seconde case è legato a filo doppio a quello della richiesta della riapertura, seppure tra mille limitazioni, degli impianti sciistici. Veneto, Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e le Province Autonome di Bolzano e di Trento, hanno presentato al governo una proposta di mediazione per evitare un completo tracollo del settore turistico invernale, che prevede, in sintesi, la possibilità di aprire gli impianti di risalita in occasione delle prossime festività natalizie per gli ospiti degli alberghi e appunto delle seconde case.
Una richiesta che, stando a quanto preannunciato da Sileri, non avrà riscontro positivo da parte del governo. L'ennesimo schiaffo ai lavoratori, alle famiglie, agli imprenditori che con mille sacrifici sono riusciti a mettere da parte i soldi necessari per acquistare, magari attraverso un mutuo onerosissimo, una casetta in montagna. Che senso ha impedire a un nucleo familiare che vive nella stessa casa di trasferirsi per qualche giorno in un'altra casa resta un mistero.
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Ultimo appello per salvare il turismo: «Skipass per chi pernotta». Il vertice di oggi con il governo parte però in salita. Francesco Boccia: «Niente deroghe e coprifuoco a Capodanno». Giovanni Toti: «Libertà di muoversi tra colori uguali».Il dpcm natalizio non dovrebbe prevedere spostamenti tra zone gialle fino all'Epifania. Chi lavora sotto le feste sarà penalizzato.Lo speciale contiene due articoli.Arriva il dpcm natalizio, e per gli italiani la minestra da digerire è sempre la solita: confusione, caos, conferme, smentite. Le (quasi) certezze, nella marea di indiscrezioni che come sempre circolano prima del varo di ogni dpcm, sono poche: il nuovo decreto dovrà essere firmato dal premier Giuseppe Conte entro la mezzanotte del 3 dicembre, e resterà in vigore fino alla fine delle festività; il coprifuoco resterà alle 22, nonostante in molti, dentro e fuori il governo, chiedano un po' di elasticità almeno per le sere della vigilia di Natale e di Capodanno; le diocesi faranno in modo che le celebrazioni del 24 dicembre siano anticipate, per venire incontro alle esigenze dei fedeli costretti a tornare a casa entro le 22; non ci si potrà muovere neanche tra Regioni «gialle», salvo deroghe ancora allo studio del governo, come ad esempio per gli studenti fuori sede, per chi deve raggiungere i familiari e così via. Ieri pomeriggio si è riunita in video la Conferenza delle Regioni per discutere delle proposte da portare al governo in vista del prossimo dpcm con le misure anti Covid. Domani, il ministro della Salute, Roberto Speranza, illustrerà il testo in Parlamento: restano poche ore per sciogliere gli ultimi nodi.Oggi, ci sarà il confronto tra le Regioni e il governo, ma a sentire il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, la rotta è già tracciata, ed è all'insegna del rigore. Dunque, difficilmente verranno accolte richieste come quella di tenere aperti i ristoranti la sera, almeno nei giorni festivi, e quella di riaprire, seppure con mille limiti, gli impianti sciistici: «Se decidiamo che c'è un limite di orario per gli spostamenti», dice Boccia a Rainwes24, «si torna a casa indipendentemente da quello che c'è da fare. L'inizio del nuovo anno si festeggia a casa, se in cambio hai protetto la salute».«Riteniamo», spiega il presidente della Liguria, Giovanni Toti, vicepresidente della Conferenza delle Regioni, parlando delle richieste delle Regioni al termine della riunione, «che il principio del divieto di assembramento debba essere il principio cardine per un criterio di equità. Risulta secondo le Regioni poco convincente che in alcune attività si possa creare anche un involontario assembramento, e il riferimento è alle foto apparse sui quotidiani circa le principali vie dello shopping , e al contempo si vietino altre attività che magari assembramento ne creano di meno. Occorrerà tenere presente che servono altre misure che siano corrette giuste ed eque. Le Regioni», aggiunge Toti, «vogliono comprendere se, oltre alle zone gialle, arancioni e rosse, sia possibile prevedere un'ulteriore fascia (bianca, ndr) con maggiori possibilità economiche, se i dati sanitari lo consentiranno. Su tutte, la possibilità di tenere aperti bar e ristoranti anche in orario serale, non certo per un orario illimitato o per fare feste, ma con tutte le disposizioni di sicurezza previste dalle linee guida. Domani (oggi, ndr) chiederemo al governo di aprire gli impianti sciistici per i soli ospiti delle seconde case, degli alberghi e degli affittacamere. Le Regioni si sono interrogate», prosegue Toti, «sulla possibile chiusura dei confini nazionali per evitare che il nostro pubblico vada a sciare in Svizzera, Slovenia o Austria. Non vorremmo subire oltre al danno la beffa di veder partire persone che poi tornano importando il contagio. Torniamo a chiedere ristori per le categorie che avranno a soffrire di un Natale stretto tra i vari divieti». «Riteniamo», dice ancora Toti, «che tra una Regione gialla e un'altra gialla, tra una rossa e un'altra rossa, ci si debba poter spostare visto che il virus circola in egual modo. In base al principio dei vasi comunicanti chiederemo al governo di consentire gli spostamenti interregionale». Il divieto di mobilità anche tra Regioni «gialle» dovrebbe entrare in vigore il 20 dicembre. Condizionale sempre d'obbligo, perché il governo naviga a vista.Pontifica come sempre Walter Ricciardi, consulente del ministro Speranza con licenza di sparare sentenze e giudizi: «Tutti vogliono tornare alla normalità», monita Ricciardi, «ma sappiamo che non sarà possibile per molti mesi e probabilmente per molti anni. Queste cose bisogna dirle. Noi scienziati ce lo possiamo permettere, i politici no, perché vogliono il consenso, vogliono rassicurare i cittadini, e li espongono così al rischio. Il problema è sempre la tensione tra governo e Regioni, che vedono i colori come degli stigma. Sono pressate dall'economia locale, e non si rendono conto che dobbiamo prima risolvere in modo stabile la curva epidemica».Non è dato sapere se tra i politici che mentono ai cittadini ci sia pure il «suo» ministro Speranza. Si lamenta degli assembramenti per lo shopping il presidente del Piemonte, Alberto Cirio: «Quello che ho visto in alcune vie a Torino», dice Cirio a Radio Veronica One, «è qualcosa che mi riporta con la mente in estate e non possiamo permettercelo». «Anche se quest'anno non possiamo festeggiare normalmente», dice il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Ghebreyesus, «prepariamo un piano per festeggiare con la famiglia e gli amici una volta che sarà sicuro farlo. La pandemia di Covid-19 finirà». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/le-regioni-vanno-in-soccorso-dello-sci-ma-per-i-giallorossi-sono-solo-capricci-2649085377.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="beffa-per-le-seconde-case-dopo-il-20-dicembre-diventeranno-inaccessibili" data-post-id="2649085377" data-published-at="1606767316" data-use-pagination="False"> Beffa per le seconde case. Dopo il 20 dicembre diventeranno inaccessibili Niente vacanza natalizia nella seconda casa: il nuovo dpcm, che dovrà essere firmato dal premier, Giuseppe Conte, entro la mezzanotte del 3 dicembre, impedirà molto probabilmente di spostarsi tra le Regioni, anche quelle «gialle», dal 20 dicembre al 6 gennaio. La situazione attuale, lo ricordiamo, prevede che tra le Regioni gialle sia possibile spostarsi; nelle Regioni arancioni e in quelle rosse non ci si può muovere dal proprio Comune, salvo che per ragioni di lavoro, salute o urgenza. Prevedendo che però entro la metà di dicembre la maggior parte delle Regioni italiane saranno gialle, il governo pensa al divieto di mobilità generalizzato per limitare gli spostamenti. Dunque, se il governo varerà effettivamente questa «stretta» natalizia, chi ha una seconda casa in una Regione «gialla e risiede in un'altra Regione gialla dovrebbe muoversi prima del 20 dicembre per raggiungerla. Ciò vuol dire che saranno penalizzati tutti quelli che lavorano, e che quindi non hanno la possibilità di spostarsi prima della data prevista per lo stop alla mobilità tra le Regioni. Naturalmente, sarà possibile raggiungere lo stesso la seconda casa se c'è un'urgenza legata a un problema, a una riparazione o a una visita dei ladri. «È brutto dirlo», conferma alla Stampa il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, a proposito dello stop alla mobilità, «ma credo sia necessario. Dobbiamo ridurre le possibilità di contagio. Entro la fine di dicembre è verosimile che la maggior parte delle Regioni siano in fascia gialla e a quel punto sarebbero sufficienti i pranzi di Natale con dei positivi a tavola per rischiare una strage. Le seconde case? Se ne sta discutendo. Il punto, in questo caso», aggiunge Sileri, «è con quante persone si va nelle seconde case. Se è lo stesso nucleo familiare a spostarsi, non cambia moltissimo. Resta però la raccomandazione ad avere un numero ristretto di invitati: direi sei, anche se non è un numero magico. E che non siano sei invitati diversi a ogni pasto. Anche il coprifuoco, poi, deve restare alle 22». Il tema delle seconde case è legato a filo doppio a quello della richiesta della riapertura, seppure tra mille limitazioni, degli impianti sciistici. Veneto, Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e le Province Autonome di Bolzano e di Trento, hanno presentato al governo una proposta di mediazione per evitare un completo tracollo del settore turistico invernale, che prevede, in sintesi, la possibilità di aprire gli impianti di risalita in occasione delle prossime festività natalizie per gli ospiti degli alberghi e appunto delle seconde case. Una richiesta che, stando a quanto preannunciato da Sileri, non avrà riscontro positivo da parte del governo. L'ennesimo schiaffo ai lavoratori, alle famiglie, agli imprenditori che con mille sacrifici sono riusciti a mettere da parte i soldi necessari per acquistare, magari attraverso un mutuo onerosissimo, una casetta in montagna. Che senso ha impedire a un nucleo familiare che vive nella stessa casa di trasferirsi per qualche giorno in un'altra casa resta un mistero.
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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