2019-09-08
Le regionali ostacolano il ratto del Quirinale
Il governo punta a reggere fino al 2022 per eleggere il prossimo capo dello Stato. Ma se il centrodestra trionferà alle amministrative, potrà inviare in Parlamento rappresentanti sufficienti a far saltare i piani del Pd. Spunta l'ipotesi dimissioni anticipate di Sergio Mattarella. Ci sono due ragioni per cui l'Italia è finita in mano al governo pidistellato. La prima è l'occhiuto controllo di una parte di eurocrazia sul nostro Paese. La seconda è collegata a questa: evitare di consegnare l'Italia alla volontà popolare perpetuando al potere la casta dei mandarini che ci hanno portato al disastro dell'Euro. E la fase due potrebbe addirittura portare alle dimissioni anticipate di Sergio Mattarella. È una questione di calendario e di scadenze. Il governo giallorosso deve durare almeno fino al prossimo marzo. Ciò complica un po' le cose a Matteo Renzi, che dopo aver nominato il governo, vorrebbe far passare una legge elettorale proporzionale pura per andare entro l'estate all'incasso dei voti con un suo partito o con un Pd riconquistato. Per evitare questo schema, l'altro Pd e buona parte dei mandarini europeisti stanno studiando la contromossa delle dimissioni premature del presidente della Repubblica. L'obiettivo è evitare che l'Italia dia uno strappo in Europa dopo l'amputazione della Brexit. Secondo uno studio autorevolissimo del Cep di Friburgo, in 20 anni di moneta unica gli italiani hanno perduto circa 77 mila euro a testa mentre i tedeschi ne hanno guadagnati circa 24 mila. Un altro studio tutto italiano condotto dal Ref per il Sole 24 Ore ha del pari certificato che in 20 anni di Euro al netto dell'inflazione il reddito disponibile per le famiglie sia aumentato in media nell'area Euro dell'11,3%, con dati che vanno dal più 21% in Francia al più 11,8% in Germania. In un solo paese il reddito si è contratto: l'Italia, con un meno 3,8%. Si teme perciò che una volta chiamato a votare, il popolo italiano si pronunci contro le lusinghe europeiste (come già avvenuto all'ultima tornata). Per spingere l'Italia verso l'abbraccio mortale con l'asse franco-tedesco è stato nominato Paolo Gentiloni commissario europeo, senza alcun rispetto del peso dell'opinione degli italiani, che si sono espressi diversamente nelle recenti elezioni europee. Per evitare che l'Italia fugga dalla rete che le è stata costruita attorno c'è adesso bisogno della fase due dopo il governo pidistellato, cioè portare il massimo garante della sudditanza italiana all'Europa al Quirinale. Bisogna fare in modo che Romano Prodi diventi presidente della Repubblica (o in subordine Mario Draghi). Ma i tempi stringono. C'è un rischio che la casta genuflessa all'Europa deve evitare: le elezioni politiche che potrebbero formare un Parlamento contrario all'ipotesi di Prodi (o Draghi) al Colle. Dunque bisogna giocare d'anticipo. A rendere più urgenti le dimissioni di Mattarella ci sono le elezioni regionali. Non si farà in tempo a evitare i verdetti di Umbria (si vota il 27 ottobre) Calabria ed Emilia Romagna, ma bisogna evitare a tutti costi la scadenza elettorale della prossima primavera quando saranno chiamate a votare un decina di Regioni. Non a caso il Pd sta già lavorando ai fianchi il M5s per tessere almeno patti di desistenza. Le elezioni regionali sono importanti in sé, ma ogni Regione in particolare manda in Parlamento per l'elezione del capo dello Stato tre rappresentanti (la Valle d'Aosta uno solo): di solito due della maggioranza e uno della minoranza, ma inasprendosi il clima si potrebbe arrivare a designare tre rappresentanti della maggioranza in Consiglio regionale. Ad oggi il centrodestra ha 10 Regioni, mentre il centrosinistra ne controlla 9, ma se dovesse fare il pieno di vittorie avrebbe, se pur risicato, un piccolo vantaggio per l'elezione del capo dello Stato. Occorre perciò evitare che con il rinnovarsi di altri consigli regionali la pattuglia dei delegati contrari all'accozzaglia dei pidistellati aumenti. Tutti sanno che il pervicace rifiuto di Mattarella (mascherato da premura istituzionale) di aprire le urne derivava dalla necessità di evitare che si formasse un Parlamento contrario alla sinistra in vista delle prossime elezioni presidenziali, che per scadenza naturale si dovrebbero tenere nel 2022, mentre la presente legislatura scade nel 2023. È cioè indispensabile mantenere in vita questo Parlamento per evitare che un «barbaro» magari leghista o comunque di destra salga al Colle. Ma c'è questa incognita delle Regionali a complicare il quadro. Se il trend si confermerà quello dell'ultimo anno la destra rischia di fare cappotto e di sovvertire gli equilibri. Ecco allora che dal cilindro potrebbe uscire il coniglio delle dimissioni di Mattarella. Per ora è solo un'ipotesi remota, ma c'è chi ci sta lavorando seriamente. La finestra buona sarebbe quella di aprile. Fatta la legge di bilancio nelle prossime settimane, in marzo va messo a punto il Def da presentare in Europa entro le prime due settimane di aprile. Rassicurati i veri padroni dell'Italia, si può procedere con la fase due che saranno appunto le dimissioni di Mattarella. In questo modo si allungherebbe anche la vita del governo. A norma di Costituzione, infatti, l'iter di elezione del nuovo presidente della Repubblica blocca la possibilità di scioglimento delle Camere. Con Prodi al Quirinale la «normalizzazione» dell'Italia sarebbe compiuta almeno per i prossimi cinque anni. Qualora si andasse a elezioni politiche capaci di far prevalere il centrodestra, ci sarebbe infatti un fortissimo contrappeso sul Colle e un canale aperto con il commissario europeo piddino. Un antidoto sarebbe di andare verso una vera Repubblica presidenziale. Di fatto noi viviamo in una Repubblica presidenziale che però è tale solo se il quadro politico è dissonante rispetto alla sinistra. Per rompere questo assedio continuo alla volontà popolare ci sarebbe un unico rimedio. Andare all'elezione diretta del capo dello Stato. È un argomento passato di moda, ma di stringente attualità. Ma ne parlerà la prossima generazione. Perché statene certi: se gli sarà chiesto, e gli sarà chiesto, Mattarella è pronto a farsi da parte anticipatamente per consegnarci un nuovo inquilino del Colle e altri sette anni di sudditanza all'eurocrazia.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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