2021-09-02
Le pressioni di Biden per far approvare la terza dose dei sieri spaccano la Fda
Due alti funzionari della Food and drug administration lasciano l’incarico: non gradite le forzature del governo sui richiamiTira aria di burrasca alla Food and drug administration. Martedì, due alti funzionari dell’agenzia hanno infatti rassegnato le proprie dimissioni. Si tratta, in particolare, di Marion Gruber e Phil Krause: rispettivamente direttrice e vicedirettore dell’Office of vaccines research & review della Fda. Entrambi con una lunga carriera all’interno dell’agenzia, lasceranno i loro incarichi in autunno. Ora, secondo quanto rivelato dalla testata Endpoints News, sembrerebbe altamente probabile che queste dimissioni siano arrivate in polemica con l’amministrazione Biden: un’amministrazione colpevole, agli occhi dei due scienziati, di influenzare politicamente l’attività della Fda. Nella fattispecie, al centro della polemica sarebbe finita la volontà del presidente americano di dare il via libera alla terza dose per chi si è vaccinato con Pfizer o Moderna più di otto mesi fa: un richiamo che Joe Biden punterebbe ad autorizzare già alla fine di questo mese. «Il piano è che ogni adulto riceva un’iniezione di richiamo otto mesi dopo la seconda», aveva detto Biden il 18 agosto. «Saremo pronti per iniziare questo programma di richiamo durante la settimana del 20 settembre», aveva aggiunto. Non solo: venerdì scorso, il presidente ha ventilato l’ipotesi che la terza dose venga somministrata dopo soli cinque mesi dalla seconda. In questo quadro generale, parrebbe che, secondo i due funzionari dimissionari, i Centers for disease control and prevention abbiano effettuato delle indebite intromissioni nell’attività dell’agenzia. Inoltre, sempre stando a quanto riferito da Endpoints News, entrambi gli scienziati sarebbero stati in particolare ai ferri corti con Peter Marks, il direttore del Cber (un dipartimento interno alla Fda). A riportare un clima tutt’altro che sereno in seno alla Fda è stato, l’altro ieri, anche Politico, secondo cui «l’agenzia sta ora affrontando un potenziale ammutinamento tra il suo personale e i consulenti esterni sui vaccini, molti dei quali si sentono tagliati fuori dalle decisioni chiave e considerano prematuro e non necessario il piano per offrire richiami a tutti gli adulti». La stessa testata ha parlato di forti tensioni in seno all’agenzia, aggiungendo che il piano proposto da Biden sulla terza dose sia stato appoggiato principalmente da funzionari di nomina politica. A confermare il preoccupante quadro è stata, giusto ieri, Abc News che ha riferito come svariati esperti sanitari siano rimasti sorpresi dal piano presidenziale di una terza dose. Molti «regolatori governativi indipendenti», ha riportato la testata, riterrebbero infatti che non ci siano ancora evidenze pienamente sufficienti per confermare la bontà di un terzo richiamo vaccinale e non avrebbero quindi affatto apprezzato la fretta ostentata dalla Casa Bianca in tal senso. Non sarà allora forse un caso che, secondo Politico, i due funzionari più attivi nel sostenere l’annuncio presidenziale del 18 agosto siano stati il commissario ad interim della Fda, Janet Woodcock (nominata da Biden lo scorso 20 gennaio), e il suddetto Marks (diventato direttore del Cber nel 2016, ai tempi cioè dell’amministrazione Obama). A difendere il piano del 20 settembre sono inoltre stati la direttrice dei Cdc, Rochelle Walensky, e il coordinatore per la risposta al Covid, Jeff Zients (entrambi nominati dall’attuale presidente). Tutto questo apre le porte a due differenti considerazioni. Ci sarebbe innanzitutto da chiedersi: ma non era Trump quello che cercava di strumentalizzare il vaccino e la Fda a scopi politici? Era il settembre del 2020, quando l’allora candidata democratica alla vicepresidenza degli Stati Uniti, Kamala Harris, mise in dubbio l’efficacia di un vaccino che fosse stato approvato prima delle elezioni presidenziali di quell’anno. «Non mi fido di Donald Trump», sentenziò in un’intervista rilasciata alla Cnn. Inoltre, lo stesso Biden, a luglio del 2020, aveva esortato l’allora presidente repubblicano a lasciare che la ricerca vaccinale fosse condotta in modo «libero dalla pressione politica». Peccato che adesso l’attuale inquilino della Casa Bianca non sembri seguire troppo alla lettera quei bei principi. D’altronde, c’è da capirlo (si fa per dire): Biden voleva fare proprio della campagna vaccinale il fiore all’occhiello della sua presidenza. Tuttavia gli obiettivi troppo ambiziosi e l’esplodere della variante delta hanno finito col metterlo in seria difficoltà, portandolo a poco decorosi tentativi di scaricabarile (ricordiamo prima la polemica con Facebook e poi quella con i governatori repubblicani). In tutto questo, proprio Abc News ha lasciato intendere che, dietro la fretta mostrata dal presidente sulla terza dose, si celerebbe la volontà di distogliere l’attenzione del popolo americano dalla crisi afghana. La seconda considerazione non riguarda direttamente la politica americana, ma le latitudini di casa nostra. Da noi si tende infatti talvolta ad usare (anche da parte di alcuni esperti) l’argomento del «l’ha detto la Fda» per sostenere determinate scelte medico-scientifiche in materia di Covid-19. Ora, nessuno vuole qui mettere in dubbio l’autorevolezza dell’agenzia americana. Tuttavia bisogna evidenziare due fattori. In primo luogo, non dobbiamo dimenticare che, a livello generale, Fda ed Ema non concordino sempre sulla valutazione dei farmaci. In secondo luogo, come abbiamo visto, il rischio che nell’agenzia d’oltreoceano stiano entrando (o siano già entrate) pressioni di natura politica dimostra che non vada tutto acriticamente preso come oro colato. Perché (banalmente) le ragioni della scienza sono una cosa. Quelle della politica un’altra.