2019-07-27
Da Mosca a Siri, e dai bigliettoni ai biglietti aerei...
C'era una volta una tangente da 65 milioni di euro, una montagna di denaro che avrebbe dovuto rifornire le casse della Lega. Il grande scandalo era stato anticipato a febbraio dall'Espresso e avrebbe dovuto incastrare Matteo Salvini prima delle elezioni europee, tarpandone le ali così come, con una storia analoga di fondi russi, erano state tarpate quelle del leader sovranista del Partito austriaco delle libertà. Ma invece di affondare il capitano leghista, lo scoop del (...)(...) settimanale debenedettiano si è inabissato nel mare delle inchieste inutili, perché nessuno ha dato credito alla faccenda. Così, ai primi di luglio, la presunta tangente su una fornitura di 3 milioni di tonnellate di gasolio è ricicciata su un sito americano a firma di un giornalista italiano. Ma se in precedenza L'Espresso aveva raccontato di una trattativa ascoltata a Mosca dai suoi giornalisti, nella hall di un albergo, la testata americana ha messo online l'audio della riunione fra emissari leghisti e uomini del Cremlino.Inutile dire che la discussione su come finanziare la Lega con i soldi di Putin per qualche giorno ha tenuto banco sulle prime pagine dei giornali, anche perché l'opposizione ne ha approfittato per attaccare Salvini, con il risultato che gli eredi di un partito che con l'oro di Mosca ha prosperato per anni, all'improvviso si sono trasformati in coloro che sull'oro di Mosca speravano di lucrare, denunciandolo, un vantaggio politico. Da subito, però, sono cominciati a emergere alcuni particolari che hanno reso poco credibile la grande tangente. Innanzitutto, i soldi. Nonostante nell'audio messo online se ne parli, finora nessuno ne ha trovato traccia. Così come si sono persi i 3 milioni di tonnellate di gasolio. Per non dire dell'intermediario, un avvocato d'affari internazionale che di affari non sembra averne fatti tanti, visto che settimane fa è stato sfrattato dall'ufficio per morosità. Così, lo scandalo ha cominciato a traballare. Anzi, a tutti è risultato chiaro che l'affare milionario non era mai stato concluso e forse, quella riunione al Metropol, altro non era che una trappola mal congegnata. Invece di chiedere scusa e di andare a caccia dei truffatori, i giornali che fino a ieri denunciavano l'operazione che cosa si sono inventati? Lasciati perdere i 65 milioni, le stesse testate si sono buttate all'inseguimento dei biglietti per Mosca, ossia sul viaggio dell'unico uomo del Metropol in qualche modo riconducibile alla Lega. Così dai bigliettoni (della presunta tangente) si è passati ai biglietti d'aereo. Chi ha pagato il viaggio di Gianluca Savoini? A nulla è valsa la spiegazione del presidente del Consiglio, il quale al Senato ha detto che per l'ex giornalista della Padania non sono stati spesi soldi pubblici: i mastini dell'informazione, fiutata la pista, non hanno mollato l'osso e da giorni insistono per sapere se il biglietto lo abbia saldato il cronista o altri. Così lo scandalo milionario si è ridotto a una faccenda di poche centinaia di euro, trasformandosi in una commedia di bassa lega.Non meglio è andata all'altra grande trappola, quella che attraverso il sottosegretario Armando Siri avrebbe dovuto mettere nei guai Salvini. Un'inchiesta della Dia aveva infatti ricollegato il collaboratore del segretario leghista a una storia di mafia. In pratica, Siri avrebbe incassato 30.000 euro per agevolare un emendamento che piaceva molto a un tizio in rapporti con le cosche. A incastrare l'onorevole padano sarebbe stata una intercettazione, che i soliti giornali - ossia Repubblica e Corriere - riportarono tra virgolette, accusando appunto Siri di aver intascato quei 30.000 euro. Fonti della Procura smentirono proprio sulla Verità l'esistenza di una simile conversazione, ma sempre la stessa stampa ha insistito nel falso, salvo poi precisare che i soldi forse non erano stati incassati, ma solo promessi. Ora, in un incidente probatorio, uno dei protagonisti ha chiarito che non solo il denaro non fu versato, ma probabilmente non fu neppure promesso. Quei soldi, insomma, erano forse solo nella testa di chi avrebbe voluto corrompere il sottosegretario. E così, come nel caso russo, non si trova un euro, ma al contrario rimangono i titoli di giornale che avrebbero dovuto incastrare il leghista. In entrambi i casi, dopo l'enfasi dei primi giorni, si capisce una cosa, ossia che la stampa e forse anche qualcun altro hanno fretta di disfarsi di Salvini e, visto che non c'è il due senza il tre, ecco arrivare un'altra puntata, ossia i mutui sospetti ottenuti da Siri da una banca di San Marino. La soap opera insomma continua. Aspettiamo il prossimo colpo di scena.