2020-03-28
Le file per i morti mettono in crisi i dati cinesi
Per il Dragone sono 3.298 le persone che hanno perso la vita ed è ora di tornare alla normalità. Eppure una folla di migliaia di cittadini attende di ricevere le ceneri dei propri cari. Mentre i cronisti che hanno parlato dei forni crematori sono spariti.Milano, Madrid e New York: città occidentali da cui giungono ogni giorno foto di ospedale al collasso. A differenza di quanto accade in Cina, dove la censura interna del regime si sta addirittura rafforzando sulla scia del coronavirus. Ma da alcune ore sui social media cinesi stanno iniziando a circolare foto sulle case funerarie che gettano ombre sui numeri dei contagi e dei morti diffusi dal Partito comunista cinese: lunghe, lunghissime code di gente in attesa delle urne dei propri cari a Wuhan, epicentro della pandemia.Ora che gli Stati Uniti hanno superato la Cina in vetta alla classifica dei Paesi con più casi di coronavirus, la domanda se la stanno ponendo in molti anche oltre Atlantico. E qualche dubbio inizia a sorgere mentre Pechino canta vittoria sul Covid-19 e continua verso il ritorno alla normalità.Ieri il giornalista Lu Haitao ha alimentato i dubbi sulle pagine di Asianews, l'agenzia di stampa del Pontificio istituto missioni estere, diretta da padre Bernardo Cervellera. «Centinaia, forse migliaia di persone stanno facendo lunghe code davanti agli uffici dei funeral parlour (sale dei funerali, ndr) di Wuhan per raccogliere le urne con le ceneri dei loro defunti, morti nell'epidemia da coronavirus, durante l'isolamento forzato della città», scrive Lu. I morti durante l'epidemia sono stati cremati immediatamente senza cerimonie e ora che il peggio sembra passato i familiari sono andati a recuperare le ceneri dei loro estinti. Ma «le lunghe code davanti ai funeral parlour fanno emergere la domanda su quanti sono davvero i morti a causa del coronavirus», scrive Lu, notando come la Cina abbia dichiarato «solo» 3.298 morti.Code lunghe ore, poliziotti in divisa e in borghese che controllavano che nessuno scattasse delle foto, un clima «di sorveglianza». La rivista Caixin parla di oltre 200 metri di coda alla casa funeraria di Hankow (città dell'Hubei) e di migliaia di urne vuote. A Wuchang, uno dei distretti di Wuhan, i familiari possono ritirare le urne con le ceneri dal 23 marzo. La casa funeraria prevede di distribuirne 500 al giorno, fino a sabato 4 aprile: ciò significa circa 6.500 urne, cioè il doppio del totale dei morti in tutta la Cina, ma in uno unico distretto della città-epicentro. Wuhan, nota Lu, ha ben sette case funerarie: «Se si calcola che ognuno di essi distribuirà urne con lo stesso ritmo di quello di Wuchang, si arriva fino a 45.500 urne per la sola città di Wuhan». Non saranno tutte vittime legate al coronavirus, ma si rafforza la tesi che le cifre ufficiali sono sottostimate. E «di proposito», scrive il giornalista.Qualcuno aveva cercato di indagare. Un giornalista di Caixin aveva raccontato a febbraio che i forni crematori hanno lavorato per 19 ore al giorno. Li Zehua, ex presentatore televisivo della televisione di Stato Cctv, era andato a Wuhan per raccontare l'epidemia, ma è stato arrestato e da oltre un mese è sparito. E come lui sono altri due giornalisti che cercano di far luce su Wuhan, Fang Bin e Chen Qiushi: avevano rivelato che i forni crematori di Qingshan il 19 febbraio sono stati in funzione dalle 10 alle 23 ininterrottamente.«Forse non si saprà mai il numero esatto di vittime da coronavirus», conclude Lu, evidenziando il collasso del sistema sanitario cinese nelle ultime calde dell'epidemia del coronavirus. «Molti pazienti non hanno avuto la possibilità di essere ricoverati in ospedale, sono morti prima di qualunque diagnosi e sono stati cremati senza essere inclusi nelle statistiche ufficiali», aggiunge il giornalista.Anche l'agenzia statunitense Bloomberg non sembra credere ai dati ufficiali cinesi e racconta come nessuna casa funebre di Wuhan abbia potuto o voluto fornire dati certi. Bloomberg ha anche rilanciato le foto e i video dei camion su cui venivano trasportate migliaia di urne. Immagini che ricordano quelle dei mezzi militari che portavano le bare dal camposanto bergamasco verso i forni crematori di altre Regioni.Nell'Hubei intanto si registrano manifestazioni e rivolte della gente, che non crede che la situazione sia sotto controllo. E a frenare gli entusiasmi di Pechino circa un ritorno alla normalità sono arrivati gli esperti della prestigiosa rivista scientifica Lancet, secondo cui la Cina deve aspettarsi una nuova ondata di contagi ad agosto, al più tardi ottobre. E la causa potrebbe essere il cosiddetto modello Wuhan: infatti, allentare le misure di distanziamento e riaprire le scuole troppo presto a Wuhan potrebbe alimentare in estate una seconda ondata di malati, secondo i ricercatori della London school of hygiene and tropical medicine. Se le restrizioni venissero revocate a fine marzo, scrivono, questo porterebbe a un'impennata di casi, con un nuovo picco ad agosto. Invece, mantenendo le restrizioni fino ad aprile il secondo picco si rinvierebbe fino a ottobre: questo allevierebbe la pressione sui servizi sanitari nei mesi successivi.Secondo Liu Dongru, vicedirettore del Comitato sanitario per la provincia di Hubei, la città di Wuhan, epicentro della pandemia, non è più classificata come «ad alto rischio», ma a «medio rischio»: «La situazione della prevenzione e del controllo dell'epidemia è positiva e la diffusione a Wuhan si è sostanzialmente bloccata», ha aggiunto il funzionario. Tuttavia, secondo Lancet non esiste alcuna via d'uscita veloce e semplice dall'epidemia e dai blocchi della vita sociale che molti Paesi, Italia inclusa, hanno imposto.
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