2023-11-22
Le famiglie in pressing su Netanyahu. L’accordo sugli ostaggi è in chiusura
Il premier israeliano cede all’opinione pubblica: concessi giorni di tregua e tre prigionieri palestinesi rilasciati per ogni ebreo liberato da Hamas. Qatar e Stati Uniti ottimisti sul buon esito della trattativa.L’accordo per il rilascio degli ostaggi tra Israele e Hamas prevede uno scambio di tre prigionieri palestinesi per ogni israeliano. Mentre scriviamo il governo israeliano ha convocato a Tel Aviv il gabinetto di guerra e all’ordine del giorno c’è proprio l’accordo per la liberazione degli ostaggi nelle mani dei jihadisti di Hamas. Dovrebbe essere una formalità, vista anche l’enorme pressione dell’opinione pubblica e delle famiglie degli ostaggi. Ma va comunque registrata la posizione del ministro israeliano della Sicurezza nazionale, nonché leader di Potere ebraico, Itamar Ben Gvir: «L’accordo sugli ostaggi che comporti il rilascio dei prigionieri palestinesi e l’ingresso di carburante nella Striscia di Gaza potrebbe portare al disastro».Secondo i media israeliani, nella proposta di accordo è prevista la liberazione di circa 50 ostaggi in cambio di un cessate il fuoco di quattro giorni, a differenza della richiesta originaria di Hamas in cui si parlava di cinque giorni. Tuttavia, c’è una clausola: se Hamas rilascerà altri 20 ostaggi, sarà possibile aggiungere altri due giorni di tregua ma in Israele ci si sta preparando alla possibilità che i giorni di tregua vengano prolungati oltre i sei giorni, a seconda del numero e delle condizioni degli ostaggi. Secondo i termini dell’accordo riportati dal Jerusalem Post, Hamas si è impegnata a localizzare i bambini e le madri in ostaggio a Gaza. In cambio, Israele ha accettato di rilasciare dalle carceri israeliane circa 140/150 prigionieri, tra cui donne e minorenni. Inoltre, entrambe le parti dovrebbero confermare la fornitura di carburante e assistenza economica nella Striscia di Gaza. Nel documento è previsto l’impegno di Israele a fermare l’attività aerea nella Striscia di Gaza per sei ore al giorno durante i primi giorni del cessate il fuoco, tempo nel quale Hamas cercherà di localizzare il resto dei sequestrati. Secondo i media israeliani Hamas ha insistito molto su questo punto perché teme che Israele possa risalire alla loro posizione. In ogni caso i negoziatori hanno messo a punto un documento che motiva Hamas a liberare più prigionieri, sia per garantire il rilascio di più ostaggi sia per estendere le ore del cessate il fuoco. Ad esempio, se Hamas libererà 100 ostaggi, Israele rilascerebbe 300 prigionieri e i giorni di cessate il fuoco potrebbero diventare 10. Secondo le ultime stime, sono 236 i prigionieri israeliani nella Striscia di Gaza, di cui 40 bambini e 13 madri. La stima degli israeliani è che Hamas possa liberare subito 80 ostaggi: bambini, madri e donne anziane. Questo farebbe sì che Israele possa consegnare 240 prigionieri impegnandosi in un cessate il fuoco di otto giorni. Durante una visita ai militari impegnati nel conflitto, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha affermato: «Stiamo facendo progressi. Non credo che sia opportuno dire troppo, anche in questa fase, ma spero che presto ci siano buone notizie ma non ci fermeremo finché non sarà raggiunto il primo obiettivo, l’eliminazione di Hamas». Cauto ottimismo anche dal Qatar con la nota del ministero degli Esteri: «La mediazione del Qatar è nella sua fase finale e nel punto più vicino al raggiungimento di un cessate il fuoco. Non abbiamo ancora un accordo definitivo, ma annunceremo i dettagli non appena lo faremo». Mentre Khalil Al Hayya, vice del leader di Hamas a Gaza Yahya Sinwar, ha affermato: «Stiamo ancora aspettando la risposta degli occupanti riguardo all’accordo di tregua umanitaria». Per Benny Gantz, ex capo di Stato maggiore e membro del gabinetto di guerra, «il ritorno a casa degli ostaggi rapiti da Hamas è un fattore che aiuterà Israele a vincere la guerra e la restituzione degli ostaggi è un ordine morale e anche parte integrante della resilienza che ci permette di vincere la guerra». Il presidente americano Joe Biden invece ha manifestato il proprio ottimismo: «Ora siamo molto vicini, molto vicini. Potremmo riportare a casa alcuni di questi ostaggi molto presto».Le trattative non hanno certo fermato l’attività bellica, tanto che secondo The Times of Israel le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno riferito di aver colpito ieri 250 obiettivi di Hamas con i raid aerei, compresi agenti operativi, lanciarazzi e infrastrutture. Nel corso dell’operazione via terra, scrive l’Idf, «i riservisti della Brigata Harel hanno invece trovato un deposito di armi nella casa di un membro delle forze Nukhba di Hamas, mentre la 14ª Brigata ha rinvenuto un missile anticarro nascosto sotto il letto di un neonato, nel Nord della Striscia di Gaza». Ieri mattina Jamal Haniyeh, nipote di Ismail Haniyeh, il capo di Hamas, è morto in seguito ad un bombardamento israeliano mentre nella zona tra Tayr Harfa e Jebbin (settore occidentale della linea del fronte tra Hezbollah e Israele) sono morti la giornalista della tv pro Hezbollah Al Mayadeen Farah Omar, il suo producer Rabih Al Maamari e una donna di 80 anni. Gli Hezbollah libanesi hanno condannato l’accaduto e hanno affermato che l’attacco «non resterà senza risposta». Da registrare infine la posizione del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman che, intervenendo al summit straordinario dei Paesi Brics che si svolge in videoconferenza, ha affermato: «Chiediamo l’avvio di un processo di pace serio e globale per risolvere la questione palestinese. La posizione del Regno è costante e ferma. Non c’è modo di raggiungere la sicurezza e la stabilità in Palestina se non attraverso l’attuazione delle decisioni internazionali relative alla soluzione dei due Stati».