
Gli Usa non riusciranno a fermare da soli il capitalismo autoritario di Pechino. Ma la coalizione con l'Ue può vincere. Molte democrazie, tra cui quella italiana, tacciono perché la Cina è abile nell'offrire vantaggi di breve termine e nascondere l'obiettivo imperiale di lungo. Dalla metà degli anni Novanta cerco di portare l'attenzione sulla «questione cinese» nell'ambito del conflitto tra capitalismo democratico e autoritario per la supremazia nel pianeta, e sugli standard globali, avvertendo che il secondo, spinto dall'enorme Cina comunista, ha la maggiore probabilità di vincere. Nel 1994, in occasione di una visita al nuovo Centro cinese di studi strategici, osservai l'emergere di volontà e capacità imperiali. Ipotizzai che la Cina sarebbe passata da una politica di influenza solo regionale a una globale. Controllai questa sensazione nell'ambito della relazione di ricerca tra l'italiano Centro militare di studi strategici e l'Ufficio scenari (Net assessment) del Pentagono, trovando non solo conferma, ma anche uno scenario che mostrava come nel 2024 la Cina sarebbe diventata la prima potenza economica e militare del pianeta. Nel 1995-96, tuttavia, Bill Clinton aprì il mercato statunitense, e quindi il mondo, all'export massivo cinese, senza condizioni. Corruzione, ingenuità? Il Pentagono, comunque, preparò gli strumenti di superiorità per contrastare quella cinese. In quel periodo posi la «questione cinese» a Giulio Tremonti, mentre, con Edward Luttwak, scrivevamo Il fantasma della povertà (1995). Condivise la preoccupazione, che aveva da tempo, ma preferì pensare a soluzioni protezioniste. Le trovai deboli perché ormai la Cina stava diventando parte integrata del mercato globale con un modello trainato dall'export e il suo contenimento via barriere avrebbe implicato una crisi interna con contagio mondiale. Per questo motivo cercai una strategia di condizionamento della Cina più efficace e meno rischiosa: formare un mercato globale integrato delle democrazie, a guida G7, capace per maggior scala di costringere la Cina a comportamenti convergenti per averne accesso. Nel 1996, quando presentai questo concetto a Tokyo, suscitai molta attenzione nei locali, ma un cinese importante, in sala, silenziosamente mi irrise. La Cina, infatti, ormai non aveva limiti nel collocarsi al centro del mercato globale: la frittata era già stata fatta. Nel 2006 pubblicai La grande alleanza che dettagliò il concetto detto sopra come progetto Nova pax. In presentazioni agli strateghi dell'amministrazione Bush non piacque loro l'idea di multilaterizzare l'impero americano. Inoltre avevano bisogno della Cina per le priorità anti jihadiste. Infatti nel 2007 Pechino convocò una moltitudine di dittatori africani e diede loro armi e soldi in cambio del loro voto all'Onu e dell'accesso alle risorse. Ciò alzò l'attenzione di John Mc Cain che nella campagna del 2008 propose una «lega delle democrazie». Ma perse contro Barak Obama che, avendo bisogno della Cina per sollevare la domanda globale depressa dalla crisi finanziaria, cercò una convergenza G2 con Pechino, di cui il G20 fu il contenitore. Poi, nel 2013, generò un progetto condizionante simile a quello di Nova pax. Ma fallì, anche perché la Cina contropropose un'incentivante Nuova via della seta, ottenendo adesioni da molte democrazie. Donald Trump sta cercando di condizionare la Cina, ma l'America è ormai troppo piccola per riuscirci da sola e deve evitarne l'implosione per non subire l'impatto di una crisi mondiale. In sintesi, l'azione americana senza una coalizione a sostegno non è sufficiente. Per questo ritengo che il progetto Nova pax sarebbe una strategia più efficace, capace di condizionare la Cina, senza ricorrere alla guerra: un mercato globale delle democrazie più grande della Cina stessa. In America gli strateghi ci stanno (ri)pensando. Ma non in Europa perché gli interessi mercantilistici prevalgono sul timore di vedere sconfitta la democrazia. Se America ed Europa restano divise, la Cina vincerà. Per tale motivo, cioè per suscitare una reazione delle democrazie che eviti tale destino, nonché un neutralismo dell'Ue, ritengo si debba chiarire quanto mostruoso sia il regime cinese: campi di concentramento, laogai, in realtà di sterminio dei dissidenti o divergenti; controllo totale delle interazioni via Internet e telefono degli individui e capacità condizionante dei loro comportamenti gestita da migliaia di cybermilitari; il voto di lealtà al regime - derivato da un cyberprofilo - che determina l'accesso alle migliori posizioni sociali; un commissario politico del Partito comunista in ogni azienda «privata»; apparato globale di influenza, eccetera. Molte democrazie, tra cui quella italiana, tacciono perché Pechino è abile nell'offrire vantaggi di breve termine e nascondere l'obiettivo imperiale di lungo. Ed è abilissima nel ricattare, per esempio, facendo finta che i cinesi condannino spontaneamente un marchio (come potrebbe essere avvenuto nel caso Dolce & Gabbana) per dare un segnale a una nazione mentre l'azione è generata da un centro strategico. Ecco perché i media nelle democrazie dovrebbero intervenire con più informazioni su come funziona il regime nazionalsocialista cinese all'interno e su cosa fa all'esterno, motivando le ragioni di un'alleanza tra esse più grande della Cina. www.carlopelanda.com
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






