2021-04-07
La disperazione scende in piazza
I commercianti dei mercati devono mantenere sé e le famiglie senza contare sui sussidi. Eppure, sono stati vessati da misure che la scienza reputa dubbie. Questa gente non ha alternative: se non lavora, non mangiaChe male può fare un tizio che si alza la mattina presto, carica il suo furgone, e si mette in viaggio per raggiungere una località a diversi chilometri di distanza, dove all'aperto sistema un banchetto su cui disporre la mercanzia da vendere ai clienti? Secondo me, un onesto lavoratore che campa facendo l'ambulante, ossia trasferendosi di giorno in giorno da un mercato all'altro, di male non ne fa a nessuno. Faticando, aiuta non solo la propria famiglia, ma anche il Pil. Sì, quel benedetto Prodotto interno lordo che altro non è se non il fatturato dell'azienda Italia, indicatore importante, perché quando sale significa che l'economia del Paese gode di buona salute e quando scende ci avvisa che il paziente non sta messo bene. Nell'ultimo anno, tanto per fare un esempio, il Pil a cui contribuisce anche il nostro ambulante è calato dell'8,8% e in termini pratici questo ha prodotto 1 milione di posti di lavoro in meno. Fate voi. Visti questi dati, il buonsenso suggerirebbe a chi governa di incentivare le persone che, senza chiedere nulla alle istituzioni, si alzano la mattina presto e non badando al meteo e neppure alla temperatura, cioè incuranti del freddo o del caldo, si mettono a vendere all'aria aperta. Invece no, da mesi gli ambulanti sono costretti a restare a casa, perché i mercati sono vietati. Colpa del Covid, sostengono i cervelloni che da un anno decidono cosa si può fare e cosa no. In realtà, l'epidemia c'entra poco, perché rimanendo a debita distanza, muniti di mascherina e senza essere chiusi in un locale, è difficile trasmettere il coronavirus. Semmai si corrono più rischi in un negozio, dunque risulta piuttosto incomprensibile lo stop. Così ieri, per protesta contro una misura che ritengono ingiusta, a provvedere a fermare tutto sono stati loro, gli ambulanti, i quali da Nord a Sud hanno deciso di protestare, bloccando la circolazione in diverse città, compreso il quadrilatero del governo. Per quanto mi riguarda, detesto questo genere di manifestazioni: dagli anni Settanta, cioè dai tempi in cui da cronista alle prime armi fui costretto a seguire i cortei sindacali, le ritengo inutili. Nonostante all'epoca avessi meno di vent'anni, capii subito che bloccare il traffico non avrebbe impedito i licenziamenti, così come fermare un treno non avrebbe evitato il fallimento dell'azienda. Dunque, anche ieri ho guardato la protesta degli ambulanti nel centro di Milano e, in tv, quella di Roma come un mezzo estremo, però inefficace, perché a parte i disagi per gli automobilisti, altro non ha prodotto.Tuttavia, pur non condividendo il metodo, condivido in pieno le ragioni di coloro che hanno manifestato. Chi vende su una bancarella non ha la cassa integrazione a proteggerlo dalle insidie del mercato e nemmeno dispone di un sindacato che si faccia interprete delle sue ragioni. L'ambulante è padrone di sé stesso, un imprenditore attorno al quale ruota tutta la famiglia, quasi sempre impegnata nell'attività di vendita. Dunque, è esposto più di altri ai rischi, da quelli commerciali a quelli meteorologici o stradali, e da un anno a questa parte pure a quelli sanitari. Quindi, torno alla domanda iniziale: che male può fare chi vende una maglia o un paio di calzini all'aperto? Che rischio ci può essere, quando si rispettano le distanze e le misure di protezione? Se è possibile smerciare frutta e verdura sulla pubblica via, così come uova e formaggi, che problema può creare chi commercia in biancheria intima? Il mio sospetto è che alcuni provvedimenti non siano dettati da ragioni di sicurezza, ma solo da inettitudine. Del resto, che i lockdown servano a poco lo ha dimostrato anche un recente studio internazionale di cui La Verità ha dato conto e oggi lo ribadisce Giuseppe Remuzzi, che non è un ambulante, ma il direttore dell'Istituto Mario Negri, vale a dire un'autorità in materia scientifica. Vi chiedete perché prenda così a cuore il tema di questi commercianti? Perché mi paiono l'anello più debole della catena, i lavoratori meno tutelati. Durante questo anno, gli impiegati pubblici non hanno perso un soldo, mentre ai dipendenti sono andati un po' di aiuti. I sussidi sono stati insufficienti e la cassa integrazione spesso si è fatta attendere. Ma se a chi aveva un lavoro qualche soldo è arrivato, chi fa l'ambulante non ha visto nulla. Anche all'estero spesso i commercianti hanno dovuto rinunciare a vendere, costretti a rimanere a casa o a tirar giù la serranda. Ma, a differenza che da noi, sui loro conti correnti sono arrivati i bonifici dello Stato. Credete forse che se avessero avuto un aiuto, ambulanti e ristoratori (altra categoria duramente colpita e ieri scesa rumorosamente in piazza) si sarebbero uniti nella lotta? No, sia gli uni che gli altri se ne sarebbero rimasti a casa. Se protestano non è perché non hanno altro da fare, ma in quanto ormai non hanno nulla da mangiare e la sola cosa che a loro rimane è fallire. Dunque, cari cervelloni della chiusura, cominciate un po' ad aprire il cervello. E magari il portafogli.
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)
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Lo spettacolo Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile, con Edoardo Sylos Labini e le musiche di Sergio Colicchio, ha debuttato su RaiPlay il 10 settembre e approda su RaiTre il 12, ripercorrendo le tappe della vita del Vate, tra arte, politica e passioni.
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