2023-01-26
Le casalinghe si coalizzano per sopravvivere
Dilaga online il fenomeno delle «Trad Wife»: donne che scelgono di accudire la casa e la famiglia invece di tuffarsi nella carriera. Il mondo progressista le mette in croce, arrivando al paradosso di bollare la loro autodeterminazione come «non femminista». Venti, venticinque, trent’anni al massimo. Le «Trad Wives», abbreviazione anglosassone per «Traditional Wives», non sono vecchie carampane, consumate da quei ruoli di genere che si dice debbano appartenere al passato. Sono ragazze. Ragazzine, alcune. Sui social rivendicano la scelta di una vita vissuta all’interno delle mura domestiche. «Essere una Trad Wife significa ignorare gli standard sociali, che vorrebbero ogni donna in carriera, e scegliere di concentrarsi completamente sulla propria famiglia e i suoi bisogni», ha spiegato al New York Post la venticinquenne Estee Williams, simbolo di un fenomeno che su Tik Tok è diventato virale. «#TradWife», con il cancelletto a renderlo un movimento globale, ha generato sul social più giovane 113 milioni di visualizzazioni. Un’enormità che l’intellighenzia benpensante ha accolto con orrore. Le Trad Wives segnerebbero la morte del femminismo. E poco importa che «femminismo» faccia riferimento alla capacità di autodeterminazione, ad una libertà che è anche quella di scelta. Queste ragazzine, determinate a svolgere i lavori che sono stati un tempo delle proprie nonne, sarebbero uno scempio. Cervelloni, esperti, giornalisti si sono affannati a cercare di capirle, a chiedersi quanta comprensione abbiano di quel che sostengono voler rivendicare. I più hanno concluso che le povere Trad Wives sono strumenti inconsapevoli di un disegno machiavellico. Kristy Campion, esperta di estremismi e terrorismo, ad Abc News Australia ha detto che «una delle ragioni che genera preoccupazione riguarda il fatto che il movimento delle Trad Wives presti un viso dolce ed affermazioni estreme, pericolose. Ad affermazioni che sono divisive e costruite sulla demonizzazione di una parte della nostra società». Ci sarebbe, cioè, una sovrapposizione fra le Trad Wives e «l’estrema destra». Ma il carico politico che è stato messo loro addosso, le ragazze lo hanno rifiutato. «Non ho mai creduto che una donna con figli debba lavorare a tempo pieno. Noi donne abbiamo capito di poter competere con gli uomini, ma a quale costo?», ha chiesto al Ny Post la Williams, semplificando molto quel che altri stanno cercando di complicare. Nessuna dietrologia, nessun significato politico. Solo una scelta basata sulla propria sensibilità di essere umano. «Le Trad Wives pensano di doversi rimettere al proprio marito e servire la propria famiglia e questo, i verbi “rimettersi” e “servire”, fa impazzire le persone. Porta terzi a credere che noi Trad Wives ci stiamo descrivendo come creature inferiori all’uomo. Non è così», ha ribadito la venticinquenne, che in un video ha detto supportare i tradizionali ruoli di genere, la visione cristiana e biblica della famiglia. «Io, come tante altre, non voglio imporre nulla. Questo non è qualcosa che si possa imporre. Lo si vive e basta», con la consapevolezza che il lavoro di casalinga non è meno “importante” di altri. Ha un valore inestimabile». È una filosofia granitica: «Trovo abbia un’importanza cruciale la presenza di un genitore in casa», ha spiegato al Daily Mail un’altra Trad Wife, la ventinovenne Alexia Delarosa, accusata di aver riportato l’orologio ai famigerati anni Cinquanta. «Ho lavorato per anni come tata e, in quanto tale, sono stata l’unica testimone di momenti bellissimi e speciali. Momenti che non tornano. Momenti che mi hanno fatto capire che, una volta diventata mamma, avrei voluto viverli io, con i miei figli». La signora Delarosa, madre di due bimbi, Archer (due anni) e Arlo (uno), ha raccontato di aver lasciato il proprio lavoro con la seconda gravidanza. La prima l’aveva portata a ridurre l’impegno, optando per un part-time. La seconda l’ha fatta desistere. «Tante persone online mi accusano di essere retrograda, ma la verità è che sarebbe estremamente costoso per noi pagare una persona perché si occupi di tutte le faccende e i compiti di cui mi occupo io stando a casa». La cucina, il bucato, le faccende domestiche, i bambini e i loro bisogni. Alexia Delarosa ha spiegato in maniera esaustiva in cosa consista quello che, orgogliosamente, chiama «lavoro». Ha raccontato di giornate che cominciano alle 5.30 del mattino, di bisogni personali incastrati nello spazio di un pisolino. Ha detto di amare tutto questo e rivendicato il lusso di poter scegliere, con serenità, di crescere da sé la propria famiglia. Eppure, online, è stata venduta come un fenomeno da baraccone. Un’oca responsabile di aver sposato in maniera acritica stereotipi medievali. «Vive come una casalinga del 1950: cucina, pulisce e si occupa dei figli mentre il marito (proprietario di un bar, ndr) lavora», ha titolato il Daily Mail, come se scegliere di essere madre a tempo pieno, nell’era delle «boss babes» e delle «imprenditrici digitali», fosse un controsenso, qualcosa di tanto lunare da meritare la prima pagina.
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.