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2023-10-05
L’Azerbaijan boicotta il tavolo sul Nagorno
Ansa
Come si temeva l’Azerbaijan ha boicottato, con una mossa dell’ultimo momento, l’incontro che si doveva tenere oggi a Granada (Spagna) e dove si doveva discutere della gravissima situazione nel Nagorno Karabakh, oggetto dell’operazione di pulizia etnica compiuta dagli azeri, e dei rapporti tra Baku e Erevan. Nel primo pomeriggio di ieri, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Apa, le autorità di Baku hanno respinto l’invito a partecipare all’incontro dove attorno al tavolo avrebbero trovato i rappresentanti di Armenia, Ue, Francia e Germania.
Secondo quanto riportato, gli azeri hanno proposto all’ultimo momento la partecipazione della Turchia all’incontro, ben sapendo che avrebbero incontrato delle logiche resistenze. Cosa che è puntualmente avvenuta da parte di Francia e Germania, che hanno ritenuto del tutto arbitraria la presenza dei turchi visto che questi approvano da sempre gli interventi militari e gli orrori dei quali sono capaci i militari azeri. Il regime di Ankara non vede l’ora alla pari dell’Azerbaijan, di far scomparire tutta l’Armenia cristiana e con essa la sua storia e cultura millenaria.
La motivazione della mancata partecipazione da parte degli azeri è a dir poco grottesca visto che da Baku, come scrive l’Agenzia Nova, hanno fatto sapere che «si è creata un’atmosfera anti azera nel formato a cinque proposto dall’Ue come emerso dalle dichiarazioni filo armene dei funzionari francesi (ministro della Difesa, ministro degli Affari esteri), dalla visita del ministro degli Affari esteri di Parigi in Armenia e della cooperazione militare, delle dichiarazioni sulla fornitura di armi e munizioni, dalla dichiarazione di ieri del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che accusa l’Azerbaijan». Probabilmente a Baku si aspettavano di essere ringraziati per aver fatto fuggire dalle loro case 100.000 armeni su 120.000 abitanti del Nagorno Karabakh e, perché no, di aver ammazzato con i bombardamenti sulla popolazione civile almeno 200 persone.
Visto tutto questo, il presidente azero Ilham Aliyev «ha deciso di non recarsi a Granada, in quanto non vede alcuna necessità di partecipare ai negoziati in questo formato». Il premier armeno Nikol Pashinyan sarà comunque presente a Granada: lo ha detto parlando al Parlamento armeno: «Abbiamo confermato fino all’ultimo momento la nostra visita a Granada. Eravamo molto costruttivi e ottimisti ma si è scoperto che l’incontro programmato non si terrà e non per colpa nostra». Pashinyan ha anche aperto alla possibilità di dimettersi «qualora questa decisione aiutasse a stabilizzare la situazione nel Paese». Non si capisce il come visto che è il suo Paese a essere stato attaccato e che ora rischia di sparire e che mai come oggi necessita che tutti restino al loro posto e non certo di dimissioni.
Sempre a proposito di brutte notizie, lascia sbalorditi l’assenza delle istituzioni europee ed è un fatto che pochi denunciano ma tra coloro che non si rassegnano c’è Massimiliano Salini europarlamentare di Forza Italia che si batte da anni per l’Armenia: «È gravissimo il colpevole silenzio dell’Europa e dell’Occidente davanti alla cancellazione di un popolo cristiano dal Nagorno Karabakh, sradicato con violenza da una terra dove vive da migliaia di anni. La drammatica inadeguatezza di Commissione e Consiglio non può coprire la voce di questo Parlamento, che sta invece denunciando con chiarezza quanto sia inaccettabile quel che è accaduto al popolo armeno, che rappresenta oggi anche la cultura europea: un popolo cristiano perseguitato».
Raggiunto telefonicamente Salini, oltre a esprimere le sue preoccupazioni sull’attuale situazione, non nasconde che le insidie sono ancora più grandi: «Preoccupa quello che sta accadendo tra Armenia, Azerbaijan, Turchia e Russia. È impossibile non vedere come Mosca abbia abbandonato gli armeni negli ultimi mesi e il timore è che ci sia la volontà da parte dei russi di voler recuperare un territorio dell’ex impero sovietico (l’Armenia, ndr) e quindi, come fatto con la Bielorussia, costruire di fatto uno Stato eterodiretto da Mosca lasciando quella striscia di terra dell’Armenia che confina con l’Iran ai turchi e agli azeri. Quindi i russi si prendono l’Armenia e la Turchia si garantisce un collegamento diretto anche via terra con l’Azerbaigian».
A proposito di fallimenti diplomatici, il quotidiano statunitense Politico racconta di come il 17 settembre, quindi a pochi giorni dall’invasione azera del Nagorno Karabakh, si sono tenuti in Turchia incontri segreti tra alti funzionari degli Stati Uniti, dell’Ue e della Russia. Gli Stati Uniti, scrive Politico, «erano rappresentati da Louis Bono, consigliere senior di Washington per i negoziati sul Caucaso, l’Ue ha inviato Toivo Klaar, il suo rappresentante per la regione, mentre il Cremlino ha inviato Igor Khovaev, che funge da inviato speciale di Vladimir Putin per le relazioni tra Armenia e Azerbaijan». Impossibile che Igor Khovaev si sia seduto a quel tavolo senza sapere cosa avrebbe ordinato il presidente Ilham Aliyev al suo esercito due giorni dopo.
Amara la conclusione di Massimiliano Salini dopo che si è diffusa la notizia del vertice boicottato: «Stiamo assistendo a una persecuzione dei cristiani e c’è la volontà ossessiva di distruggere tutti i segni di quella presenza secondo il modello ottomano che mira a cancellare interamente in quell’area della Terra la popolazione cristiana».
La fronda nel Gop silura McCarthy. L’indagine su Biden rischia il pantano
Terremoto politico negli Usa. L’altro ieri, lo Speaker della Camera, il repubblicano Kevin McCarthy, è stato destituito a seguito di una mozione introdotta dal suo avversario interno, Matt Gaetz: una mozione che è stata approvata con 216 voti contro 210 (sette deputati, tre repubblicani e quattro dem, non hanno votato). È la prima volta che una simile circostanza si verifica nella storia americana (nel 1910 si registrò un tentativo di estromissione dell’allora Speaker, Joe Cannon, che tuttavia fallì). A votare a favore del siluramento, martedì, sono stati tutti i deputati dem oltre a una fronda di otto repubblicani, capeggiati dallo stesso Gaetz, che non ha perdonato a McCarthy l’accordo anti-shutdown, da lui stretto sabato. La Camera sarà per il momento guidata da uno Speaker ad interim, Patrick McHenry: un deputato repubblicano, considerato vicino allo stesso McCarthy, che - tra i suoi primi atti - ha tolto a Nancy Pelosi l’ufficio privato di cui disponeva in Campidoglio: una circostanza che ha irritato l’ex Speaker dem. Nel frattempo, le votazioni sono state sospese, mentre i repubblicani si riuniranno martedì prossimo per cercare un accordo su un nuovo candidato per la guida della Camera (McCarthy ha annunciato di non volersi ripresentare). Secondo gran parte della stampa italiana, quanto accaduto sarebbe una vittoria dei trumpisti e dello stesso Donald Trump. In realtà, le cose non stanno esattamente così. È pur vero che Gaetz è molto vicino all’ex presidente americano. Tuttavia è altrettanto vero che vari deputati molto legati a Trump, l’altro ieri, hanno votato a sostegno di McCarthy: si pensi solo a Jim Jordan, Elise Stefanik, James Comer, Lauren Boebert e Marjorie Taylor Greene. Lo stesso ex presidente, poco prima del voto di martedì, si era lamentato su Truth delle divisioni in seno al Gop. Trump non ha molto da guadagnare da questa situazione che, di fatto, rischia di impantanare l’indagine per impeachment su Joe Biden e le inchieste parlamentari in corso su suo figlio Hunter.Nel frattempo si sta ragionando sulla successione. Al momento, i papabili per diventare Speaker sono il leader della maggioranza, Steve Scalise, il presidente della conferenza repubblicana della Camera, Elise Stefanik, e il capo della commissione Giustizia, Jim Jordan (che ieri ha ufficializzato la sua candidatura). In tutto questo, tre deputati che hanno votato a favore di McCarthy l’altro ieri - Troy Nehls, Greg Steube e la stessa Taylor Greene - hanno espresso l’intenzione di proporre Trump come nuovo Speaker. Si tratta di uno scenario teoricamente possibile, visto che non è formalmente richiesto che a ricoprire la carica sia un deputato. Inoltre tale ipotesi era già circolata l’anno scorso sebbene, a un certo punto, Trump avesse dichiarato di non essere interessato. Sia chiaro: l’eventualità che l’ex presidente possa diventare Speaker è al momento assai improbabile. Tuttavia, come abbiamo visto, si tratta di un’ipotesi sul tavolo.Il punto vero sarà riuscire a trovare una figura in grado di mettere d’accordo tutte le correnti del gruppo parlamentare repubblicano. Non sarà facile. Non è d’altronde un mistero che gli ultimi tre Speaker del Gop - John Boehner, Paul Ryan e lo stesso McCarthy - hanno tutti dovuto affrontare significative fibrillazioni a causa di fronde, promosse da deputati intransigenti. I ribelli attuali puntano soprattutto a drastici tagli alla spesa pubblica. Si tratta di richieste difficilmente conseguibili in toto, soprattutto alla luce del fatto che la maggioranza repubblicana alla Camera oggi è risicata. Non è quindi affatto detto che la poltrona di Speaker sia al momento troppo ambita.Come che sia, il governo italiano dovrebbe seguire con attenzione questa successione. Giorgia Meloni aveva ottimi rapporti con McCarthy: è bene che li abbia anche con chi ne prenderà il posto. Palazzo Chigi deve mantenere relazioni solide con il Gop: soprattutto in vista delle presidenziali dell’anno prossimo.
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Riduci
Oggi le autorità di Baku diserteranno il vertice con i rappresentanti armeni a Granada. Secondo «Politico» Russia, Stati Uniti e Ue si sono incontrati segretamente prima dell’invasione per mediare la pace. L’eurodeputato Massimiliano Salini (Fi): «È persecuzione di cristiani».Otto repubblicani votano con i dem per destituire lo Speaker: un ostacolo per Trump. Lo speciale contiene due articoli.Come si temeva l’Azerbaijan ha boicottato, con una mossa dell’ultimo momento, l’incontro che si doveva tenere oggi a Granada (Spagna) e dove si doveva discutere della gravissima situazione nel Nagorno Karabakh, oggetto dell’operazione di pulizia etnica compiuta dagli azeri, e dei rapporti tra Baku e Erevan. Nel primo pomeriggio di ieri, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Apa, le autorità di Baku hanno respinto l’invito a partecipare all’incontro dove attorno al tavolo avrebbero trovato i rappresentanti di Armenia, Ue, Francia e Germania.Secondo quanto riportato, gli azeri hanno proposto all’ultimo momento la partecipazione della Turchia all’incontro, ben sapendo che avrebbero incontrato delle logiche resistenze. Cosa che è puntualmente avvenuta da parte di Francia e Germania, che hanno ritenuto del tutto arbitraria la presenza dei turchi visto che questi approvano da sempre gli interventi militari e gli orrori dei quali sono capaci i militari azeri. Il regime di Ankara non vede l’ora alla pari dell’Azerbaijan, di far scomparire tutta l’Armenia cristiana e con essa la sua storia e cultura millenaria.La motivazione della mancata partecipazione da parte degli azeri è a dir poco grottesca visto che da Baku, come scrive l’Agenzia Nova, hanno fatto sapere che «si è creata un’atmosfera anti azera nel formato a cinque proposto dall’Ue come emerso dalle dichiarazioni filo armene dei funzionari francesi (ministro della Difesa, ministro degli Affari esteri), dalla visita del ministro degli Affari esteri di Parigi in Armenia e della cooperazione militare, delle dichiarazioni sulla fornitura di armi e munizioni, dalla dichiarazione di ieri del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che accusa l’Azerbaijan». Probabilmente a Baku si aspettavano di essere ringraziati per aver fatto fuggire dalle loro case 100.000 armeni su 120.000 abitanti del Nagorno Karabakh e, perché no, di aver ammazzato con i bombardamenti sulla popolazione civile almeno 200 persone.Visto tutto questo, il presidente azero Ilham Aliyev «ha deciso di non recarsi a Granada, in quanto non vede alcuna necessità di partecipare ai negoziati in questo formato». Il premier armeno Nikol Pashinyan sarà comunque presente a Granada: lo ha detto parlando al Parlamento armeno: «Abbiamo confermato fino all’ultimo momento la nostra visita a Granada. Eravamo molto costruttivi e ottimisti ma si è scoperto che l’incontro programmato non si terrà e non per colpa nostra». Pashinyan ha anche aperto alla possibilità di dimettersi «qualora questa decisione aiutasse a stabilizzare la situazione nel Paese». Non si capisce il come visto che è il suo Paese a essere stato attaccato e che ora rischia di sparire e che mai come oggi necessita che tutti restino al loro posto e non certo di dimissioni.Sempre a proposito di brutte notizie, lascia sbalorditi l’assenza delle istituzioni europee ed è un fatto che pochi denunciano ma tra coloro che non si rassegnano c’è Massimiliano Salini europarlamentare di Forza Italia che si batte da anni per l’Armenia: «È gravissimo il colpevole silenzio dell’Europa e dell’Occidente davanti alla cancellazione di un popolo cristiano dal Nagorno Karabakh, sradicato con violenza da una terra dove vive da migliaia di anni. La drammatica inadeguatezza di Commissione e Consiglio non può coprire la voce di questo Parlamento, che sta invece denunciando con chiarezza quanto sia inaccettabile quel che è accaduto al popolo armeno, che rappresenta oggi anche la cultura europea: un popolo cristiano perseguitato».Raggiunto telefonicamente Salini, oltre a esprimere le sue preoccupazioni sull’attuale situazione, non nasconde che le insidie sono ancora più grandi: «Preoccupa quello che sta accadendo tra Armenia, Azerbaijan, Turchia e Russia. È impossibile non vedere come Mosca abbia abbandonato gli armeni negli ultimi mesi e il timore è che ci sia la volontà da parte dei russi di voler recuperare un territorio dell’ex impero sovietico (l’Armenia, ndr) e quindi, come fatto con la Bielorussia, costruire di fatto uno Stato eterodiretto da Mosca lasciando quella striscia di terra dell’Armenia che confina con l’Iran ai turchi e agli azeri. Quindi i russi si prendono l’Armenia e la Turchia si garantisce un collegamento diretto anche via terra con l’Azerbaigian».A proposito di fallimenti diplomatici, il quotidiano statunitense Politico racconta di come il 17 settembre, quindi a pochi giorni dall’invasione azera del Nagorno Karabakh, si sono tenuti in Turchia incontri segreti tra alti funzionari degli Stati Uniti, dell’Ue e della Russia. Gli Stati Uniti, scrive Politico, «erano rappresentati da Louis Bono, consigliere senior di Washington per i negoziati sul Caucaso, l’Ue ha inviato Toivo Klaar, il suo rappresentante per la regione, mentre il Cremlino ha inviato Igor Khovaev, che funge da inviato speciale di Vladimir Putin per le relazioni tra Armenia e Azerbaijan». Impossibile che Igor Khovaev si sia seduto a quel tavolo senza sapere cosa avrebbe ordinato il presidente Ilham Aliyev al suo esercito due giorni dopo.Amara la conclusione di Massimiliano Salini dopo che si è diffusa la notizia del vertice boicottato: «Stiamo assistendo a una persecuzione dei cristiani e c’è la volontà ossessiva di distruggere tutti i segni di quella presenza secondo il modello ottomano che mira a cancellare interamente in quell’area della Terra la popolazione cristiana».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lazerbaijan-boicotta-tavolo-sul-nagorno-2665805841.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-fronda-nel-gop-silura-mccarthy-lindagine-su-biden-rischia-il-pantano" data-post-id="2665805841" data-published-at="1696526552" data-use-pagination="False"> La fronda nel Gop silura McCarthy. L’indagine su Biden rischia il pantano Terremoto politico negli Usa. L’altro ieri, lo Speaker della Camera, il repubblicano Kevin McCarthy, è stato destituito a seguito di una mozione introdotta dal suo avversario interno, Matt Gaetz: una mozione che è stata approvata con 216 voti contro 210 (sette deputati, tre repubblicani e quattro dem, non hanno votato). È la prima volta che una simile circostanza si verifica nella storia americana (nel 1910 si registrò un tentativo di estromissione dell’allora Speaker, Joe Cannon, che tuttavia fallì). A votare a favore del siluramento, martedì, sono stati tutti i deputati dem oltre a una fronda di otto repubblicani, capeggiati dallo stesso Gaetz, che non ha perdonato a McCarthy l’accordo anti-shutdown, da lui stretto sabato. La Camera sarà per il momento guidata da uno Speaker ad interim, Patrick McHenry: un deputato repubblicano, considerato vicino allo stesso McCarthy, che - tra i suoi primi atti - ha tolto a Nancy Pelosi l’ufficio privato di cui disponeva in Campidoglio: una circostanza che ha irritato l’ex Speaker dem. Nel frattempo, le votazioni sono state sospese, mentre i repubblicani si riuniranno martedì prossimo per cercare un accordo su un nuovo candidato per la guida della Camera (McCarthy ha annunciato di non volersi ripresentare). Secondo gran parte della stampa italiana, quanto accaduto sarebbe una vittoria dei trumpisti e dello stesso Donald Trump. In realtà, le cose non stanno esattamente così. È pur vero che Gaetz è molto vicino all’ex presidente americano. Tuttavia è altrettanto vero che vari deputati molto legati a Trump, l’altro ieri, hanno votato a sostegno di McCarthy: si pensi solo a Jim Jordan, Elise Stefanik, James Comer, Lauren Boebert e Marjorie Taylor Greene. Lo stesso ex presidente, poco prima del voto di martedì, si era lamentato su Truth delle divisioni in seno al Gop. Trump non ha molto da guadagnare da questa situazione che, di fatto, rischia di impantanare l’indagine per impeachment su Joe Biden e le inchieste parlamentari in corso su suo figlio Hunter.Nel frattempo si sta ragionando sulla successione. Al momento, i papabili per diventare Speaker sono il leader della maggioranza, Steve Scalise, il presidente della conferenza repubblicana della Camera, Elise Stefanik, e il capo della commissione Giustizia, Jim Jordan (che ieri ha ufficializzato la sua candidatura). In tutto questo, tre deputati che hanno votato a favore di McCarthy l’altro ieri - Troy Nehls, Greg Steube e la stessa Taylor Greene - hanno espresso l’intenzione di proporre Trump come nuovo Speaker. Si tratta di uno scenario teoricamente possibile, visto che non è formalmente richiesto che a ricoprire la carica sia un deputato. Inoltre tale ipotesi era già circolata l’anno scorso sebbene, a un certo punto, Trump avesse dichiarato di non essere interessato. Sia chiaro: l’eventualità che l’ex presidente possa diventare Speaker è al momento assai improbabile. Tuttavia, come abbiamo visto, si tratta di un’ipotesi sul tavolo.Il punto vero sarà riuscire a trovare una figura in grado di mettere d’accordo tutte le correnti del gruppo parlamentare repubblicano. Non sarà facile. Non è d’altronde un mistero che gli ultimi tre Speaker del Gop - John Boehner, Paul Ryan e lo stesso McCarthy - hanno tutti dovuto affrontare significative fibrillazioni a causa di fronde, promosse da deputati intransigenti. I ribelli attuali puntano soprattutto a drastici tagli alla spesa pubblica. Si tratta di richieste difficilmente conseguibili in toto, soprattutto alla luce del fatto che la maggioranza repubblicana alla Camera oggi è risicata. Non è quindi affatto detto che la poltrona di Speaker sia al momento troppo ambita.Come che sia, il governo italiano dovrebbe seguire con attenzione questa successione. Giorgia Meloni aveva ottimi rapporti con McCarthy: è bene che li abbia anche con chi ne prenderà il posto. Palazzo Chigi deve mantenere relazioni solide con il Gop: soprattutto in vista delle presidenziali dell’anno prossimo.
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Riduci
Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Riduci
Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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